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Ogni anno 120mila italiani emigrano all'estero

Figurano occupati anche quelli che lavorano 16 ore il mese

ricordo che sei un amante della storia, se non ricordo male i mirabolanti dati della Germania dopo il '33 a livello occupazionale in realtà nascondevano il fatto che un lavoro che prima era fatto da una persona poi veniva fatto da 2 , per dire insomma che come sottolinei tu il dato della disoccupazione è tutto da leggere e di per se non necessariamente descrive una realtà.
 
si lavora per vivere non si vive per lavorare. Il lavoro è uno strumento di vita, serve a farci guadagnare il denaro necesario per comprare i beni di prima necessità fino a farci passare qualche capriccio. Spesso parlando coi giovani (e probabilmente da giovane la pensavo allo stesso modo) pare che il lavoro sia l'unica ragione di vita, si mette prima della famiglia, della fidanzata....forse maturando ci si rende conto che il tempo passa e non torna più. Io faccio un lavoro che adoro ma ho preso una scorciatoia, ho seguito le orme di mio papà, sarò stato influenzato ma ho sempre cercato di migliorarmi e di dare il meglio di me anche se ci sono tantissimi colleghi più bravi. C'è il lavoro ma ci sono anche le passioni, nessuno mi vieta di fare il commesso e contemporaneamente laurearmi in ingegneria, nessuno mi vieta di leggere e saziarmi di conoscenza ma dobbiamo fare una distinzione netta fra lavoro e vita privata. Se studio da architetto e trovo lavoro presso uno studio a 6 anni dalla laurea, come stagista magari....non è che sia così gratificante, magari un ragazzo che fa l'imbianchino da diversi anni guadagna di più e si sente più soddisfatto, però la società e la scuola ti spingono verso la laurea.
Ritornando alla filosofia vi linko un video di Simon Sinek dove spiega cos'è il cerchio d'oro, poi ditemi nel mondo reale quale ordine si da alle cose
 
si lavora per vivere non si vive per lavorare. Il lavoro è uno strumento di vita, serve a farci guadagnare il denaro necesario per comprare i beni di prima necessità fino a farci passare qualche capriccio. Spesso parlando coi giovani (e probabilmente da giovane la pensavo allo stesso modo) pare che il lavoro sia l'unica ragione di vita, si mette prima della famiglia, della fidanzata....forse maturando ci si rende conto che il tempo passa e non torna più. Io faccio un lavoro che adoro ma ho preso una scorciatoia, ho seguito le orme di mio papà, sarò stato influenzato ma ho sempre cercato di migliorarmi e di dare il meglio di me anche se ci sono tantissimi colleghi più bravi. C'è il lavoro ma ci sono anche le passioni, nessuno mi vieta di fare il commesso e contemporaneamente laurearmi in ingegneria, nessuno mi vieta di leggere e saziarmi di conoscenza ma dobbiamo fare una distinzione netta fra lavoro e vita privata. Se studio da architetto e trovo lavoro presso uno studio a 6 anni dalla laurea, come stagista magari....non è che sia così gratificante, magari un ragazzo che fa l'imbianchino da diversi anni guadagna di più e si sente più soddisfatto, però la società e la scuola ti spingono verso la laurea.
Ritornando alla filosofia vi linko un video di Simon Sinek dove spiega cos'è il cerchio d'oro, poi ditemi nel mondo reale quale ordine si da alle cose


Nel bene e nel male
??
 
A volte si fa un lavoro che ti appassiona, come nel mio caso; poi capita che la passione te la fanno passare ...


Eh sì, perché a volte il compenso è talmente basso che quello che sognavi potesse essere il tuo lavoro finisci per odiarlo.

soprattutto se ti rendi conto che riceveresti più attenzione e compenso passando con la scatola di latta in metropolitana.
 
Eh sì, perché a volte il compenso è talmente basso che quello che sognavi potesse essere il tuo lavoro finisci per odiarlo.

soprattutto se ti rendi conto che riceveresti più attenzione e compenso passando con la scatola di latta in metropolitana.

Non è solo in discorso di compenso, anzi fino ad una quindicina di anni fa, non ci badavo, nel senso che guadagnavo abbastanza bene, ma lavoravo più del dovuto e richiesto, proprio perché mi appassionavo.

Quello che mi ha stancato (dovrei dire sfasciato, ma lo vedo troppi negativo come termine), è l'atteggiamento generale (ci sono eccezioni ancora per fortuna), di committenti, colleghi, imprese, enti, ...

Sono riuscito a crearmi una nicchia lavorativa confortevole e che comunque mi consente di dare un senso alla professione, ma di sta restringendo sempre di più; sto cercando di spostarmi progressivamente e costantemente su altre cose di cui mi occupo; le difficoltà ci sono sempre (comunque molto minori), ma almeno le le affronto con spirito rinnovato.
 
Non è solo in discorso di compenso, anzi fino ad una quindicina di anni fa, non ci badavo, nel senso che guadagnavo abbastanza bene, ma lavoravo più del dovuto e richiesto, proprio perché mi appassionavo.

Quello che mi ha stancato (dovrei dire sfasciato, ma lo vedo troppi negativo come termine), è l'atteggiamento generale (ci sono eccezioni ancora per fortuna), di committenti, colleghi, imprese, enti, ...

Sono riuscito a crearmi una nicchia lavorativa confortevole e che comunque mi consente di dare un senso alla professione, ma di sta restringendo sempre di più; sto cercando di spostarmi progressivamente e costantemente su altre cose di cui mi occupo; le difficoltà ci sono sempre (comunque molto minori), ma almeno le le affronto con spirito rinnovato.

diciamo che l'atteggiamento delle controparti va di pari passo: vedo con mia figlia, per il committente il compenso è un accessorio.
Manco ne parlano, ovviamente non ti chiedono "quanto vuoi" ma se non li solleciti manco ti dicono "ti diamo tot". Ovviamente l'incarico solo a lavoro finito ed approvato.
 
diciamo che l'atteggiamento delle controparti va di pari passo: vedo con mia figlia, per il committente il compenso è un accessorio.
Manco ne parlano, ovviamente non ti chiedono "quanto vuoi" ma se non li solleciti manco ti dicono "ti diamo tot". Ovviamente l'incarico solo a lavoro finito ed approvato.

Ecco questi committenti per me non esistono più. Ti dirò di più averli eliminati non ha influito negativamente sul mio fatturato, anzi ...
 
essendo sia commerciante che cliente col tempo ho capito che in sede di trattativa parto subito dal prezzo, poi descrivo cosa offro e il costo di eventuali accessori. Da cliente trovavo fastidioso sedermi e ascoltare il venditore parlare parlare parlare per poi bloccarlo e chiedergli "sì ma alla fine tutto questo quanto costa?" il pensiero del cliente è il prezzo, quando chiede il preventivo vuole una cifra anche indicativa, puoi parlare 10 minuti, 2 ore ma il mio pensiero sarà sempre e solo il prezzo e non avrò ascoltato niente. Partendo dal prezzo sembrerà un approccio più brutale ma poi il cliente è più interessato alle caratteristiche del prodotto, farà domande, poi è chiaro che non tutti firmano contratto però sono stato più concreto e veloce.
Sono andato OT
Riguardo alla voglia di lavorare in questo periodo sono stato aggangiato da un agenzia che è in cerca di personale, a sua volta ho chiesto a conoscenti se sono interessati e la risposta più comune è stata (gente disoccupata) no devo vedere, ho degli impegni, vediamo se riesco a liberarmi. Cioè io per lo stesso lavoro chiudo il negozio mezza giornata e tu disoccupato devi vedere se riesci a liberarti? ma liberarti da cosa?
 
diciamo che l'atteggiamento delle controparti va di pari passo: vedo con mia figlia, per il committente il compenso è un accessorio.
Manco ne parlano, ovviamente non ti chiedono "quanto vuoi" ma se non li solleciti manco ti dicono "ti diamo tot". Ovviamente l'incarico solo a lavoro finito ed approvato.


Che pena....

Non era cosi'....
( non ricordo nemmeno quanti lavoro ho cambiato;
bastavano le 6/8 pagine del Carlino del Venerdi )

Cosa succede all' uomo " datore di lavoro "
??
Che animo ha
??
 
Ultima modifica:
Beh si può scegliere fino a un certo punto.
Se uno lavora per hobby ma non ne ha bisogno per mangiare può fare il menestrello o l'allevatore di cavallucci marini o quello che preferisce.
Ma se si vuole cercare un lavoro che dia da vivere,come dipendente o autonomo,è il mercato a decidere per te.
Se servono fabbri io sono liberissimo di scegliere di non fare il fabbro ma difficilmente potrò scegliere di fare un altro lavoro del quale il mercato non sente l'esigenza.

Io poi sono un po' cinico e disilluso.
Credo che poche persone facciano un lavoro che è la loro passione.
Per molti un lavoro è un lavoro,se è pagato a sufficienza e magari non è troppo pesante va bene.
Algy parlava di fabbro inteso come artefice del proprio destino. Non come professione. Il tema qui non è intraprendendere una professione richiesta dal mercato, quanto l'idea che formarsi e laurearsi non consenta soddisfacenti sbocchi lavorativi. La soluzione (amesso che poi sia davvero così) non è smettere di andare all'università (visto che tra l'altro i nostri laureati già sono pochi), ma fare in modo che chi si laurei abbia ancora maggiori soddisfazioni lavorative (in realtà per le discipline stem già è così). I miei studenti a 25 anni hanno già tutti l'indeterminato in tasca e magari cambiano già lavoro perchè (in Italia) riescono a trovare posizioni ancora più interessanti.
 
Non so se sia vero ma dicono che in alcuni paesi del nord europa non sia necessario lavorare 40 ore a settimana per campare.
Forse perchè sono stati che hanno altre risorse e possono permettersi un mercato del lavoro più rilassato.
Quando facciamo questi ragionamenti, legittimi e sensati non ci dobbiamo mai e poi mai dimenticare che in Italia abbiamo un'evasione fiscale mostruosa che limita in modo impressionante lo sviluppo e la giustizia sociale del nostro paese. Mai.
 
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