<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> La fragilità dell'essere umano | Page 4 | Il Forum di Quattroruote

La fragilità dell'essere umano

Non sono invece per nulla d'accordo sul fatto che la nostra generazione ha avuto le possibilità che mancano ai giovani.
Sono pochissime le persone che fanno un lavoro che hanno scelto, piuttosto si sono adattate a quello che han trovato, e molti di questi sono laureati o almeno diplomati.
Ed anche riguardo le possibilità economiche, si sono fatti sacrifici da che mondo è mondo. Ed anche oggi, i giovani possono costruirsi un futuro, dipende anche da loro.
Certamente si devono fare delle rinunce, ma personalmente ne ho fatte molte in passato, ne faccio tuttora e sicuramente ne dovrò fare altre in futuro.
Poi magari questo è un forum di fortunati, di persone che con il solo loro stipendio si sono fatte la casa e magari messe un gruzzoletto da parte. Ma non fate statistica. Si iniziava a risparmiare quando si era con i genitori, e ci si sposava con qualche soldo. Ma erano appunto frutto di tante rinunce.
 
In un film di tanti anni fà, con Harrison Ford, un replicante ( simile in tutto ad un'essere umano ma fatto di circuiti elettronici) si poneva domande sul senso della vita e della morte. La nostra epoca è l'unica che ha nascosto la morte sotto il tappeto.

Non e' male come idea....
Io sto facendo lo stesso
 
Non sono invece per nulla d'accordo sul fatto che la nostra generazione ha avuto le possibilità che mancano ai giovani.
Sono pochissime le persone che fanno un lavoro che hanno scelto, piuttosto si sono adattate a quello che han trovato, e molti di questi sono laureati o almeno diplomati.
Ed anche riguardo le possibilità economiche, si sono fatti sacrifici da che mondo è mondo. Ed anche oggi, i giovani possono costruirsi un futuro, dipende anche da loro.
Certamente si devono fare delle rinunce, ma personalmente ne ho fatte molte in passato, ne faccio tuttora e sicuramente ne dovrò fare altre in futuro.
Poi magari questo è un forum di fortunati, di persone che con il solo loro stipendio si sono fatte la casa e magari messe un gruzzoletto da parte. Ma non fate statistica. Si iniziava a risparmiare quando si era con i genitori, e ci si sposava con qualche soldo. Ma erano appunto frutto di tante rinunce.

Però si iniziava a lavorare prima,oggi per lo stesso identico lavoro occorre un titolo di studio più avanzato.
Oggi se tutto va bene un ragazzo giovane inizia a maturare contributi a 30 anni passati,in ottica pensione ammesso di arrivarci,significa dover lavorare almeno fino a 70 anni mentre i genitori magari hanno avuto la fortuna di andare in pensione a 60 o prima.
Uno stipendio bastava per mantenere una casa,c'erano meno spese (anche meno vizi per carità) e far quadrare i conti era più semplice.
C'era più lavoro.
Oggi le grandi aziende sono sparite,in qualsiasi città si vedono enormi capannoni abbandonati perchè l'azienda ha chiuso o si è spostata all'estero.
Sul fatto che ci si adattasse a fare lavori non proprio congeniali alle proprie aspirazioni è vero,ma oggi non è forse altrettanto vero?
Credete che ai ragazzi che ritirano l'immondizia o rifanno l'asfalto delle strade lo facciano per passione?

A me sembra che sia innegabile che i ragazzi oggi si trovano ad affrontare difficoltà maggiori o comunque ad avere meno prospettive future rispetto ai loro genitori.
Poi non tutti quelli nati negli anni 50 hanno avuto la vita facile,questo è vero.
Ma secondo me oggi le possibilità sono molto minori e in generale c'è molta più sfiducia.
Basta sbagliare a scegliere l'indirizzo di studi e ci si ritrova dopo tanti sacrifici con un pezzo di carta in mano che non solo non vale niente ma addirittura preclude alcune opportunità lavorative.
Io conosco un ragazzo laureato che purtroppo per lui ha scelto la facoltà sbagliata.
Ha bussato a tutte le porte accettando fin da subito il fatto che non avrebbe mai trovato un impiego nel suo settore di competenza,disposto a fare qualsiasi lavoro.
Alla fine sapete cosa ha fatto?
Ha tolto la laurea dal suo curriculum perchè aveva più possibilità di essere assunto o anche solo chiamato per un colloquio dicendo di essere solo diplomato.
 
Non sono invece per nulla d'accordo sul fatto che la nostra generazione ha avuto le possibilità che mancano ai giovani.
Sono pochissime le persone che fanno un lavoro che hanno scelto, piuttosto si sono adattate a quello che han trovato, e molti di questi sono laureati o almeno diplomati.
Ed anche riguardo le possibilità economiche, si sono fatti sacrifici da che mondo è mondo. Ed anche oggi, i giovani possono costruirsi un futuro, dipende anche da loro.
Certamente si devono fare delle rinunce, ma personalmente ne ho fatte molte in passato, ne faccio tuttora e sicuramente ne dovrò fare altre in futuro.
Poi magari questo è un forum di fortunati, di persone che con il solo loro stipendio si sono fatte la casa e magari messe un gruzzoletto da parte. Ma non fate statistica. Si iniziava a risparmiare quando si era con i genitori, e ci si sposava con qualche soldo. Ma erano appunto frutto di tante rinunce.

Ho pensato anch'io la medesima cosa: anche la nostra generazione ha fatto sacrifici. Non ho fatto gli studi che volevo perché "prima viene il lavoro!"; ho scelto il campo che offriva più possibilità. Poi da lì ho fatto di testa mia, nel bene e nel male, ma non ho rimpianti.

Però mi confronto con mia figlia. O con i figli di altri che hanno avuto possibilità di scegliere in che settore fare i disoccupati o sotto occupati.
Noi non avevamo scelta: il menù era corto. Oggi il menù per loro sembra vastissimo. Le scuole sono migliaia, tutte con proposte mirabolanti ed 80% di occupati entro un paio d'anni.
Peccato poi scopri che per la statistica se hai fatto dieci giorni il raider sei nell'80% o_O

Quando dico che noi, comunque, ci consolavamo perché stavamo molto meglio dei nostri genitori alla loro età, significa che i giovani stanno sì un po' meglio ma mentre noi avevamo prospettiva loro no.
Sanno che staranno bene solo finché ci saremo noi a sostenerli. Noi potevamo uscire dal nido provare a volare e farci un nido. I ragazzi [italiani] no.

Senza andare off topic sui mali italici e dei giovani (ma il malessere non è solo nostro) che altre volte abbiamo discusso, esiste l'aspetto "allenamento" e capacità di affrontare le difficoltà ed i rovesci.

E' indubbio che oggi per andare bene a scuola ... basta poco. Soprattutto se parti dall'inizio impegnandoti un po', perché se cambi marcia in corsa ... il voto mica cambia ... :rolleyes:

E se basta poco impegno per essere premiati e sbloccare importanti target (regali), si diventa incapaci di sostenere la sconfitta e la vita che fuori dalla scuola è invece tutto il contrario. Non importa quanto ti sei impegnato o quanto sei bravo. Conta l'occasione.

Insomma la generazione anni '60/'70 aveva:
- un mondo che poteva cambiare in meglio
- libertà in crescita
- seppure in un presente difficile che chiedeva impegno e sacrificio
- la speranza che sarebbe stato poi più bello.

Questi ragazzi che non hanno lottato per nulla, che hanno quasi tutto, che si vedono domani in un mondo sociale che rivuole barriere, quello fisico che si ribella perché abbiamo appiccato un incendio che non sappiamo più spegnere, che speranze hanno?

Se un giovane di trent'anni che s'è fatto una bella famiglia con due bimbi di cinque anni mi dice:
- in che mondo viviamo? dove andremo a finire? non ho paura per me ma per quello che dovranno affrontare i miei figli ... un brivido viene. [a me]
 
Non sono invece per nulla d'accordo sul fatto che la nostra generazione ha avuto le possibilità che mancano ai giovani.
Sono pochissime le persone che fanno un lavoro che hanno scelto, piuttosto si sono adattate a quello che han trovato, e molti di questi sono laureati o almeno diplomati.
Ed anche riguardo le possibilità economiche, si sono fatti sacrifici da che mondo è mondo. Ed anche oggi, i giovani possono costruirsi un futuro, dipende anche da loro.
Certamente si devono fare delle rinunce, ma personalmente ne ho fatte molte in passato, ne faccio tuttora e sicuramente ne dovrò fare altre in futuro.
Poi magari questo è un forum di fortunati, di persone che con il solo loro stipendio si sono fatte la casa e magari messe un gruzzoletto da parte. Ma non fate statistica. Si iniziava a risparmiare quando si era con i genitori, e ci si sposava con qualche soldo. Ma erano appunto frutto di tante rinunce.


Credo sia una delle equazioni piu' smentibili....
Sono bravo = Faccio i soldi
 
La società odierna, come sappiamo, è dominata dal consumismo, che nasce dal desiderio narcisistico di apparire a tutti i costi. Questo poi si declina in maniera differente a seconda dell'età. Quando si è adolescenti è importante sfoggiare lo smartphone costoso, quando si è adulti, l'automobile o gli abiti o dei gioielli...
Solitamente l'elemento religioso entra nel nostro orizzonte dopo un evento doloroso o luttuoso. Già i Greci dicevano "patei mathos" l'insegnamento arriva attraverso il dolore.
Certamente gli scandali che ciclicamente toccano la Chiesa, hanno un effetto deleterio, perché l'uomo ha bisogno di credere che vi siano uomini capaci di resistere alle tentazioni mondane e poiché spesso c'è l'abitudine a generalizzare, si finisce col gettare discredito su un'intera Istituzione, partendo dalle colpe dei singoli.
Credo che la disaffezione alla fede nasca anche dai fatti di cronaca. Ovviamente poi conta molto l'educazione ricevuta. Io mi chiedo spesso se la mia fede sia il frutto dell'educazione ricevuta.
Sul senso della vita, io credo che la risposta potrebbe essere quella di sforzarsi di lasciare il mondo un po' più bello rispetto a come l'abbiamo trovato. Non occorrono secondo me atti eroici, già relazionarsi con gentilezza, educazione ed onestà potrebbe portare a risultati notevoli.

Bè certo, chi la fede non ce l'ha, guardando a certi casi di cronaca sicuramente non aiuta. Ma ci sono state e ci sono anche testimonianze in senso contrario. Certo il classico albero che cade fà più rumore di quello che cresce.
 
quella del tappeto?


quella del tappeto?


Esatto....
E spiego il perche'
Da giovani e a mezza eta' trovo normale avere questo tipo di pensieri.
Da giovani poi....E' un must.
Non so quante notti insonni abbiamo fatto in Estate a parlare
dei " grandi misteri "....
....Ma con amici, come me,allora 18/20enni

A quasi 70....
Viene solo angoscia, smarrimento e terrore.
Meglio tirare in ballo il tappeto
 
Ultima modifica:
Meglio tirare in ballo il tappeto
Il "metodo del tappeto", ovvero la rimozione del pensiero e della paura della morte è indispensabile per poter continuare a vivere: in maniera "cosciente" releghiamo l'angoscia di essere consci di finire la nostra esistenza (prima o poi) nel nostro "inconscio", scusate il giro di parole.
Se ci pensiamo bene, la paura della morte è alla base di tutti i comportamenti umani, il nostro cervello (soprattutto quella parte che lavora nell' inconscio) lavora sempre sulla difensiva, analizzando l' ambiente esterno sempre alla ricerca di pericoli per valutarne il rischio potenziale.
A livello cosciente, e finora la storia lo dimostra, le culture hanno sempre accettato, se non somatizzato l'idea della morte, cercando di capirne il senso prima, anzi cercare di capire il senso della vita alla luce del fatto della certezza della morte, e ponendo a nostra consolazione l' esistenza di una vita oltre la morte, mediata dalla condivisione di riti e comportamenti regolati da credenze e religioni (chiamiamole tecnicamente istituzioni "intermediarie").
Esisteva secondo me una specie di "educazione alla morte", che attraverso la sua proposta di accettazione allo stesso tempo funzionava da consolazione , e che permetteva analogamente di affrontare la malattia, la menomazione, e in senso lato, la vita intera, con tutte le sue incognite e sorprese.
Ad esempio una volta si moriva in casa: i nipoti vedevano i nonni morti o in fin di vita, oggi si muore all' ospedale, i nipoti quando va bene vedono la bara alla cerimonia funebre, molto più "asettica".
Io mio padre l' ho visto morire, non ero proprio bambino, avevo venti anni, ma quello che si prova e soprattutto si comprende in quei momenti fa inquadrare la realtà per quello che è veramente, cioè essenzialmente cruda.
Alla fine saper affrontare, se non con lucidità, almeno con consapevolezza, l' estremo rappresentato dalla morte permette, e di certo aiuta a valutare ed inquadrare correttamente anche tutti i problemi della nostra esistenza diciamo "meno definitivi" e cercarne una soluzione per uscirne (vivi di certo).
Per non dire poi della capacità di soppesare e dividere quello che veramente vale e serve nella vita (nel suo vero significato) da tutto quello che è "sovrastruttura" per usare un parola seria al posto di quella che invece rende (imho) meglio il concetto, ovvero "cazzate".
Ma una cultura come l' attuale che "scientificamente" ha distorto l' esistenza, la vita umana e l'ha svuotata dei suoi veri significati, ovviamente non poteva non fare altrettanto con la morte, e non potendola eliminare, l'ha mascherata abilmente, riempiendoci la testa delle "sovrastrutture" sopra citate.
E altro che tappeto, che si può sempre sollevare, ha provato a gettarci sopra il calcestruzzo.
Gli ha scombinato tutto a questa cultura dominante, l'attuale pandemia, perchè ha messo le persone di fronte al fatto che si può morire e pure in malo modo.
Vedremo come andrà a finire.
 
Stiamo anche vivendo un periodo che,almeno per quelli della mia generazione,rappresenta una novità assoluta.
Da un anno a questa parte tutti quanti,anche i più spensierati e i più fiduciosi nella propria salute e giovinezza,abbiamo dovuto mettere in conto l'ipotesi di poterci lasciare le penne o comunque di trascorrere un certo periodo a fare gli equilibristi sull'orlo della fossa a causa del covid.
Io non mi sono mai considerato invincibile come fanno molti giovani e alcuni non tanto giovani,però ho sempre goduto di buona salute.
Mai stato ricoverato,mai subito interventi,nessuna patologia rilevante,quasi non conosco la faccia del mio medico di famiglia.
Insomma pensavo che mi potesse capitare qualsiasi cosa ma se avessi dovuto scommettere non avrei mai puntato sulla malattia come possibile epilogo della mia esistenza.
Invece adesso ci penso,penso alle persone che non vorrei contagiare,a cosa vorrei lasciare e cosa vorrei sistemare prima che sia troppo tardi.
Insomma la situazione attuale mi ha portato a riflettere su cose che prima consideravo altamente improbabili.
 
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