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Ovvio che scappano dall'Italia

il problema secondo me è che da noi mancano spesso lavori per cui la qualifica della laurea è necessaria, spesso i laureati accedono a lavori per cui non occorre la loro qualifica e quindi un azienda più di tanto non è disposta a riconoscere il titolo di studio.
Che poi tutti scappano è anche opinabile,andare all'estero ora è visto alla stregua di un passo in un percorso di formazione, poi c'è chi torna e chi resta, ma i motivi sono tanti per cui si resta dove si è andati
 
Aggiungo quel che vedo io e che non posso facilmente comparare con l'estero:
i neo laureati spesso hanno poche competenze in ambito lavorativo e devono essere ampiamente formati.

Altrettanto spesso vedo che i percorsi scolastici divergono da quelli applicativi. Così molti son laureati me non nella materia in cui poi lavorano, materia che magari è pure diversa da quella che hanno fatto alle superiori. Questo dall'esperienza di diversi neo laureati entrati nelle ditte in cui ho lavorato.

Spesso poi mancano di quella capacità di "teorizzare" i problemi che dovrebbe essere proprio il plus di un ingegnere rispetto un perito!
 
Aggiungo quel che vedo io e che non posso facilmente comparare con l'estero:
i neo laureati spesso hanno poche competenze in ambito lavorativo e devono essere ampiamente formati.

Altrettanto spesso vedo che i percorsi scolastici divergono da quelli applicativi. Così molti son laureati me non nella materia in cui poi lavorano, materia che magari è pure diversa da quella che hanno fatto alle superiori. Questo dall'esperienza di diversi neo laureati entrati nelle ditte in cui ho lavorato.

Spesso poi mancano di quella capacità di "teorizzare" i problemi che dovrebbe essere proprio il plus di un ingegnere rispetto un perito!


vero ma manca anche l'inverso, nel settore IT ad esempio spesso non si usano le metodologie per cui un laureato sarebbe utile, le aziende meno spendono e meglio è e quindi si predilige un approccio professionale per cui un diplomato va più che bene, se poi è laureato si adegua e viene considerato alla stregua di un diplomato
 
vero ma manca anche l'inverso, nel settore IT ad esempio spesso non si usano le metodologie per cui un laureato sarebbe utile, le aziende meno spendono e meglio è e quindi si predilige un approccio professionale per cui un diplomato va più che bene, se poi è laureato si adegua e viene considerato alla stregua di un diplomato


Verissimo, ma un laureato non deve guadagnare di più "perché laureato", bensì perché è in grado di fare qualcosa che un diplomato non sa fare o ha grosse difficoltà. Se i laureati vengono assunti per svolgere attività in cui è sufficiente un diploma, allora secondo me è giusto che lo stipendio non sia così elevato e che guadagno un poco di più (poco sì) di un normale diplomato. Allora a questo punto il problema si sposta da un'altra parte: non è che i laureati guadagnano poco, ma il lavoro che viene offerto non è adeguato alle loro competenze. Anche questo sarebbe tutto da dimostrare, perché credo che la gavetta sia insostituibile. Ma così mischiamo i discorsi.

Giusto per alimentare il fuocherello mi sento in dovere di aggiungere che io sono un perito informatico e lavoro con persone che al 90% sono laureati, quasi tutti in informatica. Ebbene, le conoscenze di un laurerato in informatica sono quasi le stesse di un perito, ma il perito ha studiato anche elettronica e sistemi, cosa che un laureato NON STUDIA! E' pazzesco, ma posso dire con certezza che un ottimo perito è superiore quasi in tutto a un mediocre laureato in informatica. E in ogni caso il laureato, anche quello bravo, ha delle carenze (ad esempio in elettronica) che non colmerà mai.
 
non è che i laureati guadagnano poco, ma il lavoro che viene offerto non è adeguato alle loro competenze.

Parliamo di neolaureati? In questo caso è logico, perchè di competenze non ne hanno. L'università insegna ad affrontare nuovi problemi e riuscire a risolverli, ma un laureato appena messa giù la corona d'alloro e smaltita la sbornia della festa, non sa fare assolutamente una mazza. Se non c'è una formazione specializzante post-lauream, spetta solo all'azienda inserire il neolaureato in modo da concretizzare le competenze teoriche acquisite, e questo comporta un impegno da parte sia dell'azienda, sia del ragazzo. E ovviamente, ciò ha un costo.

le conoscenze di un laurerato in informatica sono quasi le stesse di un perito, ma il perito ha studiato anche elettronica e sistemi, cosa che un laureato NON STUDIA! E' pazzesco, ma posso dire con certezza che un ottimo perito è superiore quasi in tutto a un mediocre laureato in informatica. E in ogni caso il laureato, anche quello bravo, ha delle carenze (ad esempio in elettronica) che non colmerà mai.

Ma è giusto che sia così, il tipo di formazione è diverso. Non conosco bene l'ambito informatico, ma ho in casa una studentessa di ingegneria biomedica al terzo anno, e vedo cosa studia: di pratico non c'è assolutamente nulla, quindi ci sta che se non facesse la magistrale, una volta laureata triennale ne saprebbe molto meno di un diplomato. La differenza salta fuori dopo: per semplificare, il diplomato usa la macchina, il laureato la deve progettare, se poi gli servono competenze extra, la formazione di base gli permette di farsele. La formazione universitaria serve appunto a imparare ad affrontare un problema nuovo e (auspicabilmente) risolverlo. Fermo restando che un mediocre resta tale anche se laureato.
 
ed i ricercatori che espatriano non lo fanno solo per lo stipendio,ma anche per....

Anche in Svizzera la competizione è alta, ma ci sono più opportunità: spesso ci pensano le grandi aziende farmaceutiche ad assumere chimici, fisici e ingegneri che non riescono ad entrare nel mondo accademico. “Qui, se sei bravo ce la fai, in Italia non è detto: tra la crisi economica e un sistema viziato dalle raccomandazioni, chi è fortunato diventa professore a 50 anni”. Secondo l’ultimo censimento del 2016 dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, sono oltre 600mila i cittadini italiani residenti in Svizzera. La terza comunità di expat più numerosa, dopo quella argentina e quella tedesca. Ad attirare braccia (e cervelli) non è solo una maggiore disponibilità di lavoro, ma la sua qualità: “I diritti dei lavoratori vengono veramente tutelati: il part-time è flessibile, i congedi parentali funzionano e gli straordinari non pagati semplicemente non esistono”. E poi, ovviamente, c’è una migliore qualità della vita: “Quando esci dal lavoro ti godi veramente il tempo libero. Nessuno lavora di domenica: vanno tutti al parco con i bambini, stanno con la famiglia o fanno sport“.
 
Ultima modifica:
Parliamo di neolaureati? In questo caso è logico, perchè di competenze non ne hanno. L'università insegna ad affrontare nuovi problemi e riuscire a risolverli, ma un laureato appena messa giù la corona d'alloro e smaltita la sbornia della festa, non sa fare assolutamente una mazza. Se non c'è una formazione specializzante post-lauream, spetta solo all'azienda inserire il neolaureato in modo da concretizzare le competenze teoriche acquisite, e questo comporta un impegno da parte sia dell'azienda, sia del ragazzo. E ovviamente, ciò ha un costo.



Ma è giusto che sia così, il tipo di formazione è diverso. Non conosco bene l'ambito informatico, ma ho in casa una studentessa di ingegneria biomedica al terzo anno, e vedo cosa studia: di pratico non c'è assolutamente nulla, quindi ci sta che se non facesse la magistrale, una volta laureata triennale ne saprebbe molto meno di un diplomato. La differenza salta fuori dopo: per semplificare, il diplomato usa la macchina, il laureato la deve progettare, se poi gli servono competenze extra, la formazione di base gli permette di farsele. La formazione universitaria serve appunto a imparare ad affrontare un problema nuovo e (auspicabilmente) risolverlo. Fermo restando che un mediocre resta tale anche se laureato.

Ma io sono d'accordo con te, ma forse non mi sono spiegato bene.
Un laureato magistrale in informatica studia le stesse identiche cose di un perito informatico. Alcune sono ovviamente un po' più approfondite, ma neanche tanto.
In meno però un laureato ha che non ne sa nulla di nulla di elettronica, non sa nemmeno avvitare una lampadina. E questo per me è gravissimo. Non si può essere informatici senza sapere perché un pc funziona in quel modo. Ma chi prepara i corsi di studio evidentemente non la pensa così. i risultati però danno ragione a me, perché un perito informatico e un laureato in informatica sanno fare più o meno le stesse cose.
 
Sul discorso che spesso i laureati svolgono lavori per i quali non è necessario un titolo di studio particolare secondo me c'è da fare una distinzione.
Quando è il laureato che,avendo poche opportunità perchè magari ha scelto una facoltà per la quale c'è poca richiesta da parte del mondo del lavoro,si "abbassa" (passatemi il termine) a fare un lavoro alla portata di un diplomato è giusto che la paga sia quella di un diplomato.
E qualsiasi atteggiamento di insofferenza perchè ci si sente sottovalutati secondo me è fuori luogo.
Ma quando invece sono le aziende a valutare esclusivamente candidati in possesso di una laurea anche per lavori alla portata di un diplomato il discorso secondo me cambia.
Se l'azienda alza il tiro e vuole assumere dei laureati anche per fare lavoro d'ufficio o rispondere al telefono dovrebbe anche pagarli per quello che sono.
Io poi ragiono per il mio settore ma tante volte il titolo di studio non significa nulla nel lavoro di tutti i giorni.
Una persona può essere laureata con lode e essere imbranata oppure avere la terza media ma tirare il gruppo ogni santo giorno.
Io sono del parere che andrebbe ripensato completamente il sistema di selezione del personale,bisognerebbe dare meno importanza ai quiz,alle domande personali e ai titoli di studio durante i colloqui e mettere alla prova i candidati per vedere come se la cavano nel lavoro di cui ha bisogno l'azienda.
In un ufficio seduti davanti a una scrivania secondo me tanti candidati non hanno l'opportunità di mostrare il loro potenziale,così come le aziende non hanno la possibilità di valutarli davvero.
 
Sul discorso che spesso i laureati svolgono lavori per i quali non è necessario un titolo di studio particolare secondo me c'è da fare una distinzione.
Quando è il laureato che,avendo poche opportunità perchè magari ha scelto una facoltà per la quale c'è poca richiesta da parte del mondo del lavoro,si "abbassa" (passatemi il termine) a fare un lavoro alla portata di un diplomato è giusto che la paga sia quella di un diplomato.
E qualsiasi atteggiamento di insofferenza perchè ci si sente sottovalutati secondo me è fuori luogo.
Ma quando invece sono le aziende a valutare esclusivamente candidati in possesso di una laurea anche per lavori alla portata di un diplomato il discorso secondo me cambia.
Se l'azienda alza il tiro e vuole assumere dei laureati anche per fare lavoro d'ufficio o rispondere al telefono dovrebbe anche pagarli per quello che sono.
Io poi ragiono per il mio settore ma tante volte il titolo di studio non significa nulla nel lavoro di tutti i giorni.
Una persona può essere laureata con lode e essere imbranata oppure avere la terza media ma tirare il gruppo ogni santo giorno.
Io sono del parere che andrebbe ripensato completamente il sistema di selezione del personale,bisognerebbe dare meno importanza ai quiz,alle domande personali e ai titoli di studio durante i colloqui e mettere alla prova i candidati per vedere come se la cavano nel lavoro di cui ha bisogno l'azienda.
In un ufficio seduti davanti a una scrivania secondo me tanti candidati non hanno l'opportunità di mostrare il loro potenziale,così come le aziende non hanno la possibilità di valutarli davvero.


Le paghe sono basse anche perche'
ci sono 100 laureati per 10 posti.
E non son tanti i 100 laureati....
( Non per niente siamo agli ultimi posti anche in questa " regina " delle classifiche....)
....Son proprio i posti di lavoro che sono una miseria.
E quindi sono loro a dettare le condizioni:
" O cosi' o pomi' "
 
Sono d'accordo con chi scrive che un laureato necessita di formazione prima di esser effettivamente operativo al 100%.
La stessa cosa però la si dice anche per i neodiplomati ed è vero.
Purtroppo in Italia manca quel collegamento tra imprese e università che permetterebbe di completare il percorso del laureando rispetto magari ad un perito, che magari non ha nemmeno lui ste grandi esperienze lavorative ma ad ogni modo studia qualcosa di molto più pratico.

Io ho affrontato un percorso di studio che potremo definire completo: sono perito meccanico in primis ma anche laurato magistrale in ingegneria meccanica.
Ed è stato per me molto sconfortante per i primi 3 anni di laurea breve notare un percorso di studio pressoché focalizzato esclusivamente sulla teoria e più adatto ad un diplomato allo scientifico piuttosto che un perito. Ad esempio ho trovato inaccettabile che ci fosse un solo corso in 3 anni di disegno tecnico: vi sono laureati che a malapena san legger il disegno.
Avrei quasi voluto smettere in quanto io mi sentivo che da perito neodiplomato non ero pronto al 100% al mondo del lavoro ma facendo questi 3 anni mi è parso quasi di perder nozioni pratiche pronte all'uso a discapito di altre più difficili da applicare direttamente.
Per fortuna con la magistrale il tutto è diventato più specifico e anche la qualità dei corsi è migliorata e sono felice del percorso fatto perché il titolo mi rimarrà per sempre.

D'altro canto non è nemmeno giusto che un laurato che ha dedicato minimo 5-6 anni percepisca uno stipendio inferiore ad un diplomato o per lo meno è difficile da capire per il laureato che di certo non ha studiato per la gloria specie se sin da bambini si viene bombardati dall'idea che bisogna studiare quanto più possibile e che in Italia ci sono troppo pochi laureati.

Ecco a me è successo questo, in parte per causa mia, avendo bisogno e voglia di lavorare ho accettato quasi subito un lavoro in una piccola azienda vicino casa ma a tempo indeterminato.
Il fatto è che gli anni di lavoro che mancano si sentono e possono ritardare tutto il resto come la costruzione di una famiglia.

In realtà nel settore metalmeccanico il CCNL prevede che i neolaureati siano assunti col 5° livello ed i periti col 4° garantendo ai primi qualcosina in più in busta.
In realtà quasi mai né per i primi né per i secondi ciò accade al primo impiego.

Inoltre si scriveva che in Italia vi sono pochi campi in cui è necessaria la laura proprio per lavorare. Ciò può esser una cosa positiva o meno. Ad esempio riporto quanto vivo di persona: c'è molta differenza a livello di paga tra insegnanti assunti a livello statale ed educatori scolastici assunti invece tramite cooperative.
Per entrami da qualche anno ormai per lavorare nelle scuole primarie è necessaria la laurea, ma i primi hanno una paga quasi doppia dei secondi sebbene i secondi svolgano mansioni molto simili a quelle di un insegnate di sostegno.
Non so forse la presenza della laurea come requisito o meno non è l'unico fattore, forse dipende più la contrattazione sindacale che nel corso degli anni c'è stata.

Penso però che il tema del topic sia la differenza di paga tra un neolaurato italiano ed un collega europeo non tanto tra laureati e non (che poi non so se negli altri paesi si possa fare un collegamento come per il caso italiano).
Il fatto è che al livello di paga del neolaureato tedesco un laurato italiano o non ci arriverà mai o ci arriverà con parecchi anni e sacrifici della propria vita privata, almeno questo è quello che penso io...
 
Le paghe sono basse anche perche'
ci sono 100 laureati per 10 posti.
E non son tanti i 100 laureati....
( Non per niente siamo agli ultimi posti anche in questa " regina " delle classifiche....)
....Son proprio i posti di lavoro che sono una miseria.
E quindi sono loro a dettare le condizioni:
" O cosi' o pomi' "

E' tutto vero quello che scrivi.
Però i diplomati sono ancora di più e se un'azienda ha bisogno di assumere qualcuno per un lavoro alla portata di un diplomato o richiede solamente il diploma,e allora sta a chi ha un titolo di studio ulteriore decidere se candidarsi lo stesso oppure no.
Oppure se richiede specificatamente un titolo di studio superiore dovrebbe tenere conto del fatto che i candidati potrebbero avere delle pretese superiori.
 
Non si può essere informatici senza sapere perché un pc funziona in quel modo.

Come ti dicevo, non conosco il settore, posso dire però che gli ingegneri biomedici un esame di fondamenti di elettronica lo fanno. Non so gli informatici che tipo di curriculum abbiano, ma mi viene da pensare che sia più orientato agli algoritmi e alla teoria dei calcolatori che a studiare resistenze e induttanze..... ripeto, è una mia impressione.
 
D'altro canto non è nemmeno giusto che un laurato che ha dedicato minimo 5-6 anni percepisca uno stipendio inferiore ad un diplomato o per lo meno è difficile da capire per il laureato che di certo non ha studiato per la gloria specie se sin da bambini si viene bombardati dall'idea che bisogna studiare quanto più possibile e che in Italia ci sono troppo pochi laureati.

Ecco a me è successo questo, in parte per causa mia, avendo bisogno e voglia di lavorare ho accettato quasi subito un lavoro in una piccola azienda vicino casa ma a tempo indeterminato.
Il fatto è che gli anni di lavoro che mancano si sentono e possono ritardare tutto il resto come la costruzione di una famiglia.

Anche questa è una cosa sacrosanta di cui bisognerebbe tenere conto.
Un'azienda se decide di assumere dei neodiplomati sa che si troverà davanti dei ragazzi di 20 anni che per quanto ambiziosi possano essere probabilmente non avranno ancora una casa sulle spalle o una famiglia da mantenere.
Ma se la stessa identica proposta la vuoi fare a un laureato devi tenere conto che avrai davanti una persona più vicina ai 30 che potrebbe aver già messo su famiglia e quindi potrebbe faticare a farsi bastare la stessa paga che per un diplomato che vive in casa dei genitori tutto sommato è buona.
Però ripeto tutto questo discorso vale quando è l'azienda che vuole solo laureati anche per lavori alla portata di un diplomato.
 
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