La Panda resta a Pomigliano
via all'intesa Fiat-Cisl-Uil
A mezzogiorno Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti escono dalla palazzina del Lingotto e annunciano sorridenti: «Abbiamo ratificato l'intesa: la Panda si farà a Pomigliano. È una giornata storica». Hanno incontrato l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, assieme alle quattro sigle di categoria che hanno sottoscritto l'accordo sullo stabilimento campano. A pochi chilometri di distanza, più di mille operai di Mirafiori hanno appena incrociato le braccia e sono scesi in strada a protestare: vogliono che l'azienda saldi il premio aziendale.
Succede tutto a Torino, in contemporanea. Nel suo quartier generale la Fiat dà ufficialmente il via al piano "Fabbrica Italia". Il presidente John Elkann sottolinea: «La decisione di procedere con gli investimenti è un importante segnale di fiducia. Significa che crediamo nell'Italia e intendiamo fare fino in fondo la nostra parte». E aggiunge: «Molte cose stanno cambiando intorno a noi, e oggi può essere l'inizio di una fase completamente diversa: il successo dipenderà da quanto ciascuno saprà essere protagonista di questo cambiamento».
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, saluta una decisione «altamente significativa» che dimostra una «capacità delle parti sociali di adattarsi reciprocamente che il governo è impegnato a promuovere». E tra i sindacati è guerra aperta. A partire da quelli confederali. Per due sigle, Cisl e Uil, che gioiscono, c'è un segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, furente: «La decisione di incontrare solo due sigle è un fatto senza precedenti da parte di Fiat. Ognuno può incontrare chi vuole, ma è sbagliato scegliersi gli interlocutori al semplice scopo di farsi dare ragione. Questo apre un problema formale nei rapporti tra noi e la Fiat». Poi attacca: « Marchionne parla di un "necessario sforzo collettivo" e poi incontra solo una parte dei sindacati».
Lo stesso accade a livello di categoria. I leader di Fim e Uilm, Giuseppe Farina e Rocco Palombella, esultano, mentre il numero uno della Fiom, Maurizio Landini, sottolinea come la scelta dell'accordo separato fatta da Fiat possa «aprire la strada alla demolizione del contratto nazionale e a un peggioramento delle condizioni di lavoro». Poi Landini parla di «qualcosa che non torna nei comportamenti del Lingotto di questi giorni».
Il riferimento è ai tre operai di Melfi (tra cui due delegati Fiom) sospesi da Fiat per aver interrotto un carrello robotizzato durante un corteo interno. Ma anche alla mancata erogazione del saldo del premio di risultato, quella per cui ieri i dipendenti di Mirafiori e della Powertrain Stura sono scesi in strada a protestare. Di solito arriva a luglio, ma l'azienda non ha ancora fatto il calcolo. Nel 2008 furono 1.300 euro, nel 2009 solo 600 e ora i sindacati temono che il Lingotto non metta nulla sul piatto. Se ne parlerà il 15 in un incontro a Roma. Anche il segretario piemontese della Fiom, Giorgio Airaudo, vede un'analogia: «Temo che si stia facendo la stessa cosa con il premio e con Pomigliano: ma con queste imposizioni rischiamo solo l'aumento del conflitto sociale».
via all'intesa Fiat-Cisl-Uil
A mezzogiorno Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti escono dalla palazzina del Lingotto e annunciano sorridenti: «Abbiamo ratificato l'intesa: la Panda si farà a Pomigliano. È una giornata storica». Hanno incontrato l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, assieme alle quattro sigle di categoria che hanno sottoscritto l'accordo sullo stabilimento campano. A pochi chilometri di distanza, più di mille operai di Mirafiori hanno appena incrociato le braccia e sono scesi in strada a protestare: vogliono che l'azienda saldi il premio aziendale.
Succede tutto a Torino, in contemporanea. Nel suo quartier generale la Fiat dà ufficialmente il via al piano "Fabbrica Italia". Il presidente John Elkann sottolinea: «La decisione di procedere con gli investimenti è un importante segnale di fiducia. Significa che crediamo nell'Italia e intendiamo fare fino in fondo la nostra parte». E aggiunge: «Molte cose stanno cambiando intorno a noi, e oggi può essere l'inizio di una fase completamente diversa: il successo dipenderà da quanto ciascuno saprà essere protagonista di questo cambiamento».
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, saluta una decisione «altamente significativa» che dimostra una «capacità delle parti sociali di adattarsi reciprocamente che il governo è impegnato a promuovere». E tra i sindacati è guerra aperta. A partire da quelli confederali. Per due sigle, Cisl e Uil, che gioiscono, c'è un segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, furente: «La decisione di incontrare solo due sigle è un fatto senza precedenti da parte di Fiat. Ognuno può incontrare chi vuole, ma è sbagliato scegliersi gli interlocutori al semplice scopo di farsi dare ragione. Questo apre un problema formale nei rapporti tra noi e la Fiat». Poi attacca: « Marchionne parla di un "necessario sforzo collettivo" e poi incontra solo una parte dei sindacati».
Lo stesso accade a livello di categoria. I leader di Fim e Uilm, Giuseppe Farina e Rocco Palombella, esultano, mentre il numero uno della Fiom, Maurizio Landini, sottolinea come la scelta dell'accordo separato fatta da Fiat possa «aprire la strada alla demolizione del contratto nazionale e a un peggioramento delle condizioni di lavoro». Poi Landini parla di «qualcosa che non torna nei comportamenti del Lingotto di questi giorni».
Il riferimento è ai tre operai di Melfi (tra cui due delegati Fiom) sospesi da Fiat per aver interrotto un carrello robotizzato durante un corteo interno. Ma anche alla mancata erogazione del saldo del premio di risultato, quella per cui ieri i dipendenti di Mirafiori e della Powertrain Stura sono scesi in strada a protestare. Di solito arriva a luglio, ma l'azienda non ha ancora fatto il calcolo. Nel 2008 furono 1.300 euro, nel 2009 solo 600 e ora i sindacati temono che il Lingotto non metta nulla sul piatto. Se ne parlerà il 15 in un incontro a Roma. Anche il segretario piemontese della Fiom, Giorgio Airaudo, vede un'analogia: «Temo che si stia facendo la stessa cosa con il premio e con Pomigliano: ma con queste imposizioni rischiamo solo l'aumento del conflitto sociale».