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Ora e' tutto chiaro!!

Eeeeetvolià, il campione e' servito!!!

Le grandi aziende condizionano i trasferimenti dei campioni
Si scrive Kaká e Ibra
si legge Adidas e Nike
La casa tedesca sponsorizza Milan e Real Madrid I rivali americani di Nike replicano con Inter e Barcellona

La fuga continua. Dopo Kakà, potrebbe venire il turno di Gattuso, Pirlo, Maicon, Pato. Il calciomercato 2009 si annuncia come la più grande svendita di campioni che la serie A ricordi. Dietro le offerte del Real Madrid, del Barcellona, del Chelsea, non c'è più soltanto la sete di denaro di giocatori e procuratori.

Premier vs Liga

I due giganti dello sportswear mondiale, Nike e Adidas, stanno puntando le loro carte migliori sulla Premiership inglese e la Liga spagnola e manovrano per spostare i loro campioni sui palcoscenici più ricchi. L'Italia, regno delle magliette tarocche, del merchandising depresso e dei diritti tv come sola fonte di guadagno, è già stata retrocessa da un pezzo. La crisi dello sportswear ha colpito prima in serie A che altrove, con Adidas che già nel 2007 perdeva il 9% sui ricavi dell'anno precedente e Nike Italy che cresce di poco dal 2005 a oggi. E quando il fatturato stagna troppo a lungo, le due multinazionali muovono le loro pedine di valore mondiale altrove. Kakà, uomo Adidas, è così passato dal Milan al Real, due club Adidas, come aveva pronosticato il Corriere Economia a gennaio. Ibrahimovic, uomo Nike, fa rotta sul Barcellona, club targato Nike come l'Inter. La concorrenza fra i due rivali dell'abbigliamento sportivo sarà decisiva nell'offerta del Chelsea (Nike) per i due milanisti Gattuso e Pirlo, che giocano in una squadra Adidas ma hanno Nike come sponsor personale. L'obiettivo primario è di non perdere per strada i gioielli di famiglia, com'è appena accaduto agli americani con Cristiano Ronaldo, testimonial Nike ceduto da un club Nike (Manchester United) alle merengues in divisa Adidas. Ma 93 milioni di euro per il club inglese sommerso dai debiti erano l'offerta che non si può rifiutare. Il colpo sul portoghese equilibra quello dell'altra superstar bisponsor, Leo Messi, che con la maglia Nike del Barça ha mostrato a tutto il mondo la sua scarpetta Adidas dopo il gol segnato nella finale di Champions a Roma. «Non dico che ci abbia fatto piacere perdere Ronaldo», dice Andrea Rossi, amministratore delegato di Nike Italia, «ma nel medio periodo entrate e uscite dei campioni si bilanciano ». La prova? Adidas si è appena fatta portare via la nazionale francese da Nike a partire dal 2011.

I costi del marketing

Per i due colossi, l'investimento in marketing e sponsorizzazioni è la voce più alta di spesa nel bilancio. È anche il segreto meglio custodito visto che le aziende, entrambe quotate, diluiscono i costi di endorsement in un calderone unico con pubblicità, pubbliche relazioni e grandi iniziative come Mondiali e Olimpiadi. Per dare un'idea, il leader mondiale Nike registra 2,3 miliardi di dollari in uscita alla voce Demand Creation Expenses (costi per creare domanda), il 12,3% dei ricavi totali (18,6 miliardi di dollari). Il marketing working cost 2008 di Adidas è stato, in proporzione, ancora più alto: 1,43 miliardi di euro, pari al 13,2% del fatturato complessivo (10,8 miliardi di euro). La casa dalle tre strisce ha organizzato la sua struttura di marketing intorno alla divisione degli atleti fra asset globali, seguiti direttamente dalla casa madre di Herzogenaurach, e asset locali.

Capitale in Olanda

La cima della piramide è ad Amsterdam, dove ha sede la divisione Global Sports Marketing, guidata da Jocelyn Robiot, francese di 38 anni arrivato dal gruppo Havas nel 2003. Il vice di Robiot è un altro francese, Grégory Fernandez, che segue tutti i numeri uno europei. Per l'Italia c'è il tedesco Winand Krawinkel che, oltre a curare i calciatori del mercato nazionale, fornisce il supporto locale ai campioni gestiti dalla struttura olandese. Anche per la Nike la base operativa del marketing europeo ha sede ad Amsterdam, dove la normativa fiscale facilita le holding e dove molti giocatori insediano le loro società di sfruttamento dei diritti d'immagine. La multinazionale dell'Oregon affida i contratti alle filiali dei paesi d'origine del giocatore. Ibrahimovic, ad esempio, è gestito da Nike Svezia. Al vertice del marketing sportivo mondiale c'è il vicepresidente di Nike Inc, John Slusher. In Europa, la gestione del calcio è in mano all'italiano Riccardo Colombini. L'Italia, oltre all'ad Rossi, è affidata a Cristiano Carugati. Nonostante l'emigrazione delle stelle, nelle sedi di Bologna (Nike) e Monza (Adidas) si respira ottimismo. Per adesso, ci salvano i vecchi leoni. Nella prossima stagione il campionato di serie A schiererà testimonial stagionati come Alessandro Del Piero e Javier Zanetti per il gruppo americano o come Fabio Cannavaro e David Trézeguet per l'azienda tedesca. Gli altri, da Daniele De Rossi (Adidas) ad Alberto Gilardino (Nike), sono bravi in campo ma i loro spot fanno vendere solo nei confini nazionali.

Gianfrancesco Turano
15 giugno 2009
 

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