La scena automotive nazionale nella prima metà del 1969
Anche il comparto automotive, settore peraltro trainante nell’economia non soltanto italiana, ma anche globale, a fine anni 60 era in notevole trasformazione. Archiviato da poco tempo il “boom” della motorizzazione, l’ultimo scorcio del decennio vide il graduale affermarsi delle lotte sindacali nelle fabbriche, una delle “conseguenze” del Sessantotto.
In Italia, a metà del 1969, circolavano poco meno di 9.200.000 autovetture (statisticamente, la loro diffusione era di un’auto ogni 5,83 abitanti). Fiat, eterna “regina” di vendite, in termini di produzione incideva per l’87,5% sul totale nazionale, e si attestava su una quota di mercato del 66,8%. Una supremazia peraltro confermata, spulciando gli archivi delle vendite in Italia relative a quel periodo, già nei primi cinque mesi del 1969: il periodo 1 gennaio-31 maggio fece registrare un totale immatricolazioni di 569.629 unità: il 4,24% in più rispetto allo stesso periodo del 1968. Di queste, ben 365.828 erano Fiat, 36.426 Alfa Romeo, 25.978 Innocenti, 21.894 Autobianchi e 16.016 Lancia. L’analisi delle statistiche relative alla prima parte del 1969, peraltro, indica un leggero calo nelle vendite delle autovetture di fabbricazione italiana (-0,13% rispetto alle 467.517 che erano state registrate nei primi cinque mesi dell’anno precedente), ed una contrazione del 3,59% sul totale del venduto. Se Alfa Romeo, Innocenti e Autobianchi misero a segno risultati positivi (rispettivamente +6,71%, +11,60% e +21,12%), la stessa Fiat e Lancia terminarono i primi cinque mesi 1969 in diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,53% ed un drammatico -16,21% furono i risultati a fine maggio).
1969: già allora l’”offensiva” estera si faceva sentire
Per converso, in deciso aumento furono le vendite di autovetture di fabbricazione estera. Nello specifico, tranne Volkswagen, il periodo 1 gennaio-31 maggio 1969 vide una generale impennata nelle nuove immatricolazioni di auto straniere. Simca a +24,22%, Nsu a +13,44%, Opel a +44,19%, Renault a +14,47%, la Ford inglese addirittura a +545,77%, Citroen a +9,09%, Ford tedesca a +40,87%, Mercedes a +51,05%, Peugeot a +38,34%, Bmw a +10,97% e Daf a +56,44% furono gli ottimi risultati messi a segno dalle importazioni. I volumi non indicavano un “pericoloso” avvicinamento fra la produzione nazionale e quella estera in termini di vendite nel nostro Paese (466.916 le italiane vendute da gennaio a maggio 1969, 102.713 le straniere), come sarebbe avvenuto negli anni successivi. Appare utile, in ogni caso, tenere conto degli oneri doganali (i dazi che attualmente, per la Brexit e la non ancora risolta querelle USA-Cina, sono tornati prepotentemente di attualità), che in Italia, all’epoca, gravavano per il 12,74% riguardo all’importazione di autovetture provenienti dai Paesi del MEC (Mercato Comune Europeo) e per il 33% sulle autovetture che provenivano dai “Paesi terzi”.
Le vetture italiane più vendute nell’estate 1969
Dietro la “intoccabile” (per volumi di vendite) Fiat 500, nell’estate di cinquant’anni fa il podio venne completato dall’altra “piccola” torinese Fiat 850 – modello che nel 1964 era stato chiamato a raccogliere l’eredità della bestseller 600: in parte vi riuscì, seppure nel 1969 la sua parabola di produzione era avviata verso il tramonto, con la 127 in fase di progettazione e che avrebbe visto la lune all’inizio del 1971 -, e dalla “media” Fiat 124, all’epoca nella prima generazione che aveva debuttato nel 1966. Nel dettaglio, Fiat 850 veniva proposta in ben cinque configurazioni – berlina “normale”, in vendita a 755.000 lire di listino e 779.000 lire “chiavi in mano”; berlina “Super”, stessi prezzi ma 2 CV in più: 42 anziché 40; berlina “Special” (47 CV), in vendita a 806-830.500 lire; Sport Coupé, in listino a 1.022.000 lire e 1.046.500 lire “chiavi in mano”; Sport Spider, che veniva venduta a 1.125.000-1.149.500 lire), più la “sette posti” Fiat 850 Familiare, erede della 600 Multipla ed antesignana delle attuali “multispazio”, in vendita a 1.015.000-1.039.500 lire.
Fra le autovetture italiane più richieste, Fiat 124 Special (con il bialbero da 1.438 cc, per una potenza di 70 CV ed un prezzo “chiavi in mano” di 1.161.500 lire), la elegante 125 e 125 Special (bialbero da 1.608 cc, 95 CV la prima e 100 CV la seconda, prezzi “chiavi in mano” di rispettivamente 1.382.500 e 1.477.500 lire), la popolarissima Innocenti Mini Minor (all’epoca in seconda serie “Mk2”) in vendita, “chiavi in mano”, a 935.000 lire. Per Alfa Romeo, che concluse il luglio del 1969 con un +20% di vendite rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, il modello più venduto era la Giulia 1300 Ti (94 CV, prezzo “chiavi in mano” 1.460.000 lire), seguita dalla GT 1.3 Junior Coupé (103 CV, 1.688.000 lire “chiavi in mano”) e dalla allora nuova (aveva debuttato nel 1968) 1.750 Berlina, il cui bialbero da 1.779 cc erogava 132 CV, venduta “chiavi in mano” a 1.969.600 lire. Discreto gradimento, seppure in una “nicchia” superiore, per Lancia Fulvia GTE berlina (1.293 cc, 95 CV, 1.538.420 lire “chiavi in mano”), Fulvia Coupé Rallye 1.3 (1.298 cc, 95 CV, 1.658.020 lire “chiavi in mano”) e Fulvia GT berlina (1.231 cc, 87 CV, 1.450.000 lire “chiavi in mano”).
Prinz, Kadett e Simca 1000: le straniere più vendute a luglio 1969
Francia e Germania si contendevano i “piani alti” delle vendite in Italia fra le vetture di importazione. Poca differenza rispetto ad oggi, tuttavia ad essere radicalmente mutati sono i segmenti di appartenenza delle vetture più vendute: non berline di fascia media, ma quelle che oggi si definirebbero “citycar” o supercompatte.
L’auto estera più richiesta a luglio 1969 era, infatti, la piccola Nsu Prinz 4L (l’azienda di Neckarsulm faceva già parte dell’”orbita” Audi: vi sarebbe confluita totalmente nella prima metà degli anni 70), modello che puntava forte su ridotte dimensioni ma abitacolo in grado di ospitare quattro persone, nonché sul prezzo di vendita (745.000 lire di listino) e sull’economia di gestione: il piccolo bicilindrico trasversale da 598 cc, raffreddato ad aria, garantiva alla storica Prinz una potenza di 30 CV, ed un consumo dichiarato di poco meno di 6 litri di benzina per 100 km a ciclo medio. Per la seconda posizione, le contendenti erano altri due modelli che per lungo tempo ricoprirono ruoli di bestseller, per i rispettivi marchi di appartenenza, e risultati di rilievo nelle vendite: Opel Kadett e Simca 1000. La “medio-piccola” di Russelsheim, allora nella seconda generazione e già all’epoca proposta in numerose varianti – berlina 2 e 4 porte, berlina “Lusso”, station wagon “Caravan” e “Caravan L” a 3 e 5 porte, Coupé e Coupé Rallye -, con motori di 1.078 cc (55 CV e 68 CV la Rallye) e 1.897 cc (Coupé Rallye 103 CV), veniva proposta in vendita a partire da 819.000 lire (berlina SE “base”), 978.000 lire (“Caravan”) e 1.014.000 lire (Coupé): prezzi che la dicevano lunga sulla volontà di mantenere importi al pubblico particolarmente competitivi. Medesima strategia perseguita da Simca, che con la popolarissima 1000 – altro modello dall’esistenza particolarmente longeva per l’epoca: dal debutto avvenuto a fine 1961, sarebbe rimasta in produzione fino a tutta l’estate del 1978 -, a luglio 1969 in procinto di evolvere nella seconda generazione (più curata nelle rifiniture, aggiornata nella meccanica e in molti dettagli esterni) veniva venduta in Italia a partire da 799.000 lire (Simca 1000 LS, 944 CC, 42 CV), 930.000 lire (Simca 1000 GLS, 1.118 CC, 49 CV), e 999.000 lire (Simca 1000 Special, 1.118 CC, 49 CV).
Ecco la top 10 delle auto più vendute nel Regno Unito negli anni '70.
La classifica si basa sulle immatricolazioni del periodo 1970-79.
1. Ford Cortina - 1,412,102
2. Ford Escort – 1,119,004
3. Morris Marina – 703,686
4. Mini – 611,695
5. Vauxhall Viva - 547,717
6. Austin Allegro – 385,584
7. Ford Capri – 378,310
8. Austin 1100/1300 – 303,064
9. Ford Granada – 237,937
10. Hillman and Chrysler Avenger – 219,600
Ford Cortina
Ford Capri
Austin 1100/1300
Mini