IL VESCOVO: «DIVERGENZE CON ROMA, PER ME LUCA ERA PRONTO A DIVENTARE PRETE»
Sacerdozio negato, diacono si uccide
«Per la Santa Sede non era maturo»
Il 29enne Luca Seidita, originario di Lecce, si è tolto la vita dopo il «no» del Vaticano alla sua ordinazione
Luca Seidita (dal sito www.crocediserra.it)MILANO - Gli investigatori non hanno nessun dubbio sul fatto che il diacono Luca Seidita, 29enne originario di Lecce trovato morto martedì sera nei pressi della Rupe di Orvieto, si sia tolto la vita. Prima di lanciarsi nel vuoto da un'altezza di circa trenta metri, il giovane ha lasciato una lettera nella sua camera: in poche righe Seidita spiega di volersi togliere la vita a causa del diniego all'ordinazione ricevuto direttamente dal Vaticano. «Volevo diventare sacerdote e tutta la mia vita è stata dedicata a questo, ma mi è stato negato», ha scritto Luca. Secondo la Santa Sede, il diacono «non era maturo» per diventare sacerdote, riferisce ora il vescovo di Orvieto, monsignor Giovanni Scanavino, parlando di «divergenze di valutazione» con i dicasteri romani. «Per me era pronto a diventare prete», sottolinea il capo della diocesi.Seidita si è lanciato martedì sera, tra le 21,30 e le 22, dalle mura medievali di Orvieto, da un'altezza di 30 metri. A trovare il corpo è stato un passante che portava a spasso il cane. I primi accertamenti hanno evidenziato sul cadavere lesioni dovute alla caduta ma non segni di violenza di altro tipo. Seidita, che ha tre fratelli, due settimane fa aveva perso il padre, morto al termine di una lunga malattia. A Orvieto si è recata quindi la madre insieme ad alcuni familiari. Il feretro dovrebbe lasciare Orvieto per la Puglia giovedì dopo una breve cerimonia religiosa.
LA LETTERA - Nella lettera scritta prima di togliersi la vita, il giovane Luca sottolinea di essere «fragile» e chiede che le persone in terra preghino per lui e che il Signore lo perdoni. Seidita ringrazia anche il vescovo di Orvieto chiamandolo «padre Giovanni» e chiede di essere sepolto a Matino, dove vuole essere portato dai familiari. Nel biglietto Seidita fa anche riferimenti - sempre secondo quanto si è appreso - a una distinzione tra Chiesa e istituzioni, tra uomini e religione. È comunque cosciente - emerge dalle sue parole - che il Vangelo non giustifica il suicidio.
IL «NO» DELLA SANTA SEDE - Siedita era stato chiamato al palazzo vescovile per svolgere le funzioni di segretario del vescovo, in attesa dell'ordinazione, prevista nei prossimi giorni. Ma proprio martedì la Santa Sede aveva fermato la cerimonia. E la vicenda era stata oggetto di un comunicato diffuso dalla diocesi. «Sua Eccellenza Mons. Giovanni Scanavino, vescovo di Orvieto-Todi - informa l'ufficio stampa della diocesi - ha comunicato che "l'ordinazione sacerdotale del diacono Luca Seidita, prevista per il 7 dicembre prossimo, è stata sospesa e rimandata per diretto intervento della Santa Sede. Le ragioni saranno presto oggetto di chiarificazione e discernimento ecclesiale. Preghiamo perché don Luca - conclude la nota - si possa presto riprendere da questa grande prova"».
«DITEMI CHE COSA HO FATTO» - Per il ragazzo questa notizia aveva rappresentato «un dramma assoluto», racconta mons. Scanavino, sottolineando di avere cercato di rassicurarlo. Al diacono la notizia è stata notificata lunedì pomeriggio con un fax della Nunziatura. Martedì, insieme al vescovo - secondo quanto riferito da quest' ultimo - Luca si è quindi recato alla Congregazione dei vescovi, ricevendo però una nuova risposta negativa. «Cosa ho fatto? Ditemi che cosa ho fatto...», sono state le parole con le quali Seidita ha accolto la prima notizia della sospensione della sua nomina a sacerdote. Mons. Scanavino ha parlato del diacono come di un «ragazzo gioviale, aperto ed estremamente sensibile». «Voleva fare il prete a tutti i costi - ha sottolineato il vescovo - perché è l'ideale che aveva sempre perseguito» (online un suo articolo sulla vocazione).
PROBLEMI LEGATI ALLE SUE AMICIZIE - Il vescovo di Orvieto ricorda che Seidita, dopo un primo periodo nel seminario di Molfetta, dal quale venne mandato via, passò in quello di Fermo per poi concludere i suoi studi teologici all'Università Lateranense. Era giunto ad Orvieto e aveva passato due anni nella parrocchia di San Venanzo e tre in quella di Ficulle. Nell'ultimo anno aveva ricoperto il ruolo di segretario del vescovo di Orvieto. Alla base dell'esclusione del giovane da alcuni seminari ci sarebbero problemi legati alle sue amicizie, secondo Scanavino, il quale esclude invece che ci fosse una questione di omosessualità. Come conferma il procuratore di Orvieto Francesco Novarese: «Alcune leggende metropolitane, che anche io conoscevo e che non sono reato, raccontavano che fosse omosessuale. Alcune malelingue sostengono che si potrebbe essere suicidato proprio per quello. Ma lui nella sua lettera parla di fragilità». Dalla lettera si può escludere qualsiasi istigazione: «È un suicidio conclamato e quindi si non ci saranno altre indagini. La lettera andrà alla famiglia quando verranno ultimate le indagini e il caso sarà archiviato», riferisce il procuratore.
Redazione online (Corriere.it)
01 dicembre 2010