TORINO - Un piede in Europa e un altro in Nord America. E poi ancora una presenza in America Latina e ? almeno ? un'altra in Cina, destinata a consolidare la posizione di primo mercato mondiale dell'auto. In pratica, un profilo globale. È quello che Fiat-Chrysler chiederà d'ora in avanti ai suoi fornitori: sul piatto «ci sono 85 miliardi di dollari all'anno», annuncia il responsabile acquisti del Lingotto e vice presidente dell'Unione industriale di Torino, Gianni Coda; ma in cambio «chiederemo alla nostra supply chain una presenza flessibile e competitiva in tutti i mercati».
Il manager in questi mesi è impegnato in prima persona nel processo che porterà a unificare il parco fornitori di Fiat e quello di Chrysler; per la componentistica italiana, con le sue 2.200 imprese e i 45 miliardi di valore aggiunto, l'operazione Fiat-Chrysler suona come un esame di maturità: «Noi siamo pronti a sostenere le imprese interessante ad accompagnarci negli Stati Uniti», assicura Coda. Ma la sfida è impegnativa: le due supply chain al momento sono sovrapposte già al 50%, rappresentato in larga parte da quelle multinazionali della fornitura che lavorano per tutte le principali case automobilistiche, dunque per le piccole e medie imprese italiane la partita si gioca sulla metà che resta. Una porta stretta, che però consentirà a chi la supera di voltare pagina: chi entra oggi nel parco fornitori ha ottime chance, spiega l'ingegnere, di «rimanerci per tutta la durata del piano industriale, che prevede due cicli per ogni piattaforma», vale a dire almeno 10-12 anni.
«Nonostante il momento sia delicato, vediamo segnali di fermento ? dice ancora Coda ?: la crisi ha accelerato i processi di internazionalizzazione e di cooperazione tra le aziende». Al punto che ora anche l'America, da sempre una meta problematica per l'automotive italiano, sembra più vicina: «Siamo noi i primi a segnalare ai nostri fornitori partner ideali per joint venture, o aziende americane in difficoltà che meritano di essere acquisite», prosegue Coda. Che sfata un luogo comune: «Le dimensioni, di per sé, non sono un problema. Tutto dipende dalla tipologia di prodotti che si offre e dal know how: si può assumere un profilo globale anche senza essere giganti». «Non ci saranno privilegiati», mette le mani avanti Coda, ma è certo che chi si troverà un passo più avanti sono le aziende che già oggi lavorano sulle piattaforme Fiat destinate agli stabilimenti Chrysler: «Per loro si prefigura un vantaggio naturale», ammette il manager.
Sempre in casa Fiat, ieri sera si è diffusa la notizia (che per ora non trova né conferma né smentita ufficiale da parte del gruppo) delle dimissioni di Christopher Reitz da responsabile stile dell'Alfa Romeo; in base a quanto pubblicato sull'edizione online di Quattroruote, il suo posto dovrebbe essere occupato ad interim da Marco Tencone, già responsabile del design Lancia e Maserati; Reitz era succeduto nel 2008 alla direzione del centro stile Alfa (oggi trasferito a Torino dopo lo smantellamento di Arese) a Frank Stephenson.
da il sole 24 ore
Il manager in questi mesi è impegnato in prima persona nel processo che porterà a unificare il parco fornitori di Fiat e quello di Chrysler; per la componentistica italiana, con le sue 2.200 imprese e i 45 miliardi di valore aggiunto, l'operazione Fiat-Chrysler suona come un esame di maturità: «Noi siamo pronti a sostenere le imprese interessante ad accompagnarci negli Stati Uniti», assicura Coda. Ma la sfida è impegnativa: le due supply chain al momento sono sovrapposte già al 50%, rappresentato in larga parte da quelle multinazionali della fornitura che lavorano per tutte le principali case automobilistiche, dunque per le piccole e medie imprese italiane la partita si gioca sulla metà che resta. Una porta stretta, che però consentirà a chi la supera di voltare pagina: chi entra oggi nel parco fornitori ha ottime chance, spiega l'ingegnere, di «rimanerci per tutta la durata del piano industriale, che prevede due cicli per ogni piattaforma», vale a dire almeno 10-12 anni.
«Nonostante il momento sia delicato, vediamo segnali di fermento ? dice ancora Coda ?: la crisi ha accelerato i processi di internazionalizzazione e di cooperazione tra le aziende». Al punto che ora anche l'America, da sempre una meta problematica per l'automotive italiano, sembra più vicina: «Siamo noi i primi a segnalare ai nostri fornitori partner ideali per joint venture, o aziende americane in difficoltà che meritano di essere acquisite», prosegue Coda. Che sfata un luogo comune: «Le dimensioni, di per sé, non sono un problema. Tutto dipende dalla tipologia di prodotti che si offre e dal know how: si può assumere un profilo globale anche senza essere giganti». «Non ci saranno privilegiati», mette le mani avanti Coda, ma è certo che chi si troverà un passo più avanti sono le aziende che già oggi lavorano sulle piattaforme Fiat destinate agli stabilimenti Chrysler: «Per loro si prefigura un vantaggio naturale», ammette il manager.
Sempre in casa Fiat, ieri sera si è diffusa la notizia (che per ora non trova né conferma né smentita ufficiale da parte del gruppo) delle dimissioni di Christopher Reitz da responsabile stile dell'Alfa Romeo; in base a quanto pubblicato sull'edizione online di Quattroruote, il suo posto dovrebbe essere occupato ad interim da Marco Tencone, già responsabile del design Lancia e Maserati; Reitz era succeduto nel 2008 alla direzione del centro stile Alfa (oggi trasferito a Torino dopo lo smantellamento di Arese) a Frank Stephenson.
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