La Fiat 126, pur conservando la stessa impostazione tecnica della 500, presenta alcune significative modifiche. Il motore, posteriore a sbalzo, ha basamento e testa cilindri di lega leggera con canne di ghisa. La cilindrata è di 594 cm³, con potenza aumentata di 5 CV grazie all’adozione di una nuova testata, che differisce sia per la forma delle camere di combustione sia per l’ampia alettatura per il raffreddamento.
Il canto del cigno dello schema “tutto dietro” in casa Fiat arriva nel 1972, al Salone di Torino. Deve convivere per tre anni circa con la sorella 500 R, poi eredita lo scettro dell’utilitaria minimalista e per vent’anni proseguirà con un ottimo successo commerciale. Ma l’inizio è un po’ in sordina, perché il “fiattista” non vede di buon occhio la linea squadrata, firmata da Sergio Sartorelli per il centro stile Fiat, e reinterpretazione un po’ della concept car City Taxi di Pio Manzù (1968), un po’ del prototipo ESV 1500 (1972), e continua a preferire la 500.
La crisi petrolifera rimescolerà le carte, con le vendite della 126 che vanno in controtendenza facendo, di fatto, lavorare a pieno regime gli stabilimenti della Casa torinese.
Tra i colori più gettonati all’epoca c’era il Rosso Corallo (codice catalogo 165). Le altre tinte a disposizione erano bianco (233), Giallo Tufo (246), beige chiaro (532), blu scuro (456), rosso scuro (127), Verde Muschio (328), Turchese Farfalla (463).
Nel corso della prova di Quattroruote (febbraio 1973) la 126 spunta una velocità massima di oltre 110 all’ora, però la rumorosità rimane sempre uno dei punti deboli del bicilindrico di casa Fiat.
Dal luglio del 1977 il bicilindrico diventa di 650 cm³ (24 CV), dieci anni dopo arriva un nuovo motore: 704 cm³, 26 CV, raffreddamento ad acqua e disposizione a “sogliola” (schema simile a quello della 500 Giardiniera). La prima marcia diventa sincronizzata e arrivano i pneumatici “barra settanta”.

Il canto del cigno dello schema “tutto dietro” in casa Fiat arriva nel 1972, al Salone di Torino. Deve convivere per tre anni circa con la sorella 500 R, poi eredita lo scettro dell’utilitaria minimalista e per vent’anni proseguirà con un ottimo successo commerciale. Ma l’inizio è un po’ in sordina, perché il “fiattista” non vede di buon occhio la linea squadrata, firmata da Sergio Sartorelli per il centro stile Fiat, e reinterpretazione un po’ della concept car City Taxi di Pio Manzù (1968), un po’ del prototipo ESV 1500 (1972), e continua a preferire la 500.
La crisi petrolifera rimescolerà le carte, con le vendite della 126 che vanno in controtendenza facendo, di fatto, lavorare a pieno regime gli stabilimenti della Casa torinese.
Tra i colori più gettonati all’epoca c’era il Rosso Corallo (codice catalogo 165). Le altre tinte a disposizione erano bianco (233), Giallo Tufo (246), beige chiaro (532), blu scuro (456), rosso scuro (127), Verde Muschio (328), Turchese Farfalla (463).
Nel corso della prova di Quattroruote (febbraio 1973) la 126 spunta una velocità massima di oltre 110 all’ora, però la rumorosità rimane sempre uno dei punti deboli del bicilindrico di casa Fiat.
Dal luglio del 1977 il bicilindrico diventa di 650 cm³ (24 CV), dieci anni dopo arriva un nuovo motore: 704 cm³, 26 CV, raffreddamento ad acqua e disposizione a “sogliola” (schema simile a quello della 500 Giardiniera). La prima marcia diventa sincronizzata e arrivano i pneumatici “barra settanta”.






