sem1972
0
ROMA - Sessantaquattro milioni di utenti sono attualmente in ostaggio di Facebook. Peccato che ancora non lo sappiano. Facile creare un account nel popolare social network, ma vi siete mai chiesti se sia altrettanto facile cancellarlo? Ci ha pensato Nipon Das, 34enne manager americano, che per più di due mesi ha cercato di eliminare il proprio profilo e le informazioni in esso contenute da Facebook. Il risultato? Nessuno. Nemmeno una minaccia di azione legale gli ha evitato di ricevere l'ennesima mail da parte di un reporter che, entrando in Facebook, è riuscito a trovare il suo profilo e a contattarlo.
Nonostante Das abbia seguito le procedure di cancellazione segnalate nel sito i suoi dati sono ancora in possesso dei database del social network anche se il suo profilo non è più visibile. Il sito infatti offre la possibilità di cancellare i dati, questi però non vengono irreversibilmente eliminati ma memorizzati sotto forma di copie nei server di Facebook.
Per i più maligni la ragione di tanta affezione ai dati sarebbe da rintracciare nel tentativo degli amministratori di Facebook di sfruttare il grande patrimonio di informazioni demografiche rendendolo accessibile alle aziende. I dirigenti del social network si difendono replicando che è una semplice accortezza a tutela degli utenti: la disattivazione del profilo prevede infatti che possa essere riattivato in futuro, ragione per la quale i dati permangono nei loro server così da riapparire immutati nel momento della riaccensione dell'account. Katie Geminder di Facebook ricorda: "Ogni giorno il numero di richieste di riattivazione degli account è di circa la metà delle disattivazioni".
Purtroppo però chi vuole scomparire definitivamente, senza lasciare alcuna traccia e senza riattivare il profilo, avrà la vita dura. D'altronde, al momento dell'iscrizione, leggendo attentamente le condizioni di utilizzo del servizio si trova una controversa postilla che cita: "Gli utenti possono in qualsiasi momento cancellare i contenuti del loro account" e più avanti "gli utenti accettano che Facebook mantenga delle copie archiviate dei contenuti dei profili" e ancora "le informazioni rimosse possono rimanere come copie di back up per un tempo ragionevole". Ragionevole si, ma non eterno.
Facebook non informa i propri utenti che l'unica maniera di tutelare i contenuti è quella di cancellare fisicamente una per una tutte le informazioni inserite, dagli indirizzi mail ai numeri di carte di credito, e poi richiedere la disattivazione dell'account. Dal servizio clienti aggiungono che una volta eseguita la lunga trafila di cancellazione di ogni dato, contatto, foto e numero inserito nell'account e aver richiesto la disattivazione, è necessario scrivere una mail a Facebook nella quale si richiede la completa cancellazione dei dati e della mail anche dal loro database.
Su Facebook, ironia della sorte, è addirittura nato un gruppo dal titolo "Come cancellare definitivamente il tuo account da Facebook". Creato da uno studente svedese il gruppo era composto da circa tremila utenti. Questo prima che la denuncia di Das Nipon diventasse pubblica, ora gli utenti sono saliti a più di dieci mila e la cifra sembra aumentare ora dopo ora.
Ma quale è stata la risposta di Facebook a questo crescente malcontento degli utenti? Dopo la segnalazione ai media, l'azienda fondata da Mark Zuckerberg ha fatto sapere che si sta muovendo per velocizzare il processo di cancellazione dati dal sito con un sistema automatico che permette l'annullamento instantaneo del profilo. Nel frattempo la situazione resta quantomeno scoraggiante. Nell'help page è spuntata una sezione dal titolo "Come cancellare i miei dati?" che contiene la seguente risposta: "Se non sei interessato ad usare di nuovo Facebook e vuoi cancellare il tuo account, noi possiamo farlo per te. Ricordati che non potrai riattivarlo e non potrai rientrare in possesso di contenuti o informazioni che avevi aggiunto. Se vuoi proprio cancellare il tuo account contattaci usando il modulo in fondo alla pagina e conferma la tua richiesta". Insomma l'uscita dalla "social jail" più colorata, simpatica ed amichevole della rete sembra ancora un affare complesso.
Intanto il signor Das, che ha descritto la sua difficile situazione citando il testo della canzone Hotel California degli Eagles "puoi pagare il conto quando vuoi, ma non puoi mai andartene", è diventato l'improbabile mascotte per gli arrabbiati utenti di Facebook. In parecchi hanno trovato il suo profilo vuoto e hanno scritto citazioni tratte da canzoni degli Eagles ma anche messaggi di supporto.
Ci siamo chiesti: perché in tv fanno pubblicità a facebook? Partendo da qui, la risposta non può che essere perchè qualcuno ha necessità di far iscrivere quanta più gente possibile. E a che scopo?
Facebook ha la caratteristica di raccogliere utenti che vengono invitati a dichiarare i proprii dati personali. Nella maggior parte dei casi, l'ingenuo utente, oltre a dichiarare il proprio nome e cognome, inserisce altre informazioni come la propria città, la propria mail, lo stato civile, l'orientamento religioso, ecc. In questo modo egli entra a far parte di una enorme banca dati che, al contrario di quanto fa un'anagrafe comunale, raccoglie anche le cose più private e intime, fino a schedare i tuoi gusti in fatto di musica, politica, tendenze sessuali, vizi... e questo, anche con l'ausilio dei vari 'gruppi' a cui ci si può iscrivere, apparentemente divertenti o interessanti. Ci sono gruppi di neonazisti, altri anarchici o di estrema sinistra, di simpatizzanti di ogni genere e categoria.
Le due domande chiave sono: chi c'è dietro il banco di controllo di facebook? E che intenzioni ha?
Molti sbagliano a pensare che facebook sia come una piazza, dove si spettegola, si ride, si litiga , all'ombra di qualche monumento o fontana. No. In una piazza reale non c'è nessuno che, in maniera occulta, gestisce le informazioni personali per un uso commerciale.
Sì perché lo scopo di facebook è anche quello di fornire 'ad altri' notizie e informazioni riservate per conoscere chi è quell'utente, come vive, come si muove, cosa legge, come mangia, di che umore è prevalentemente o in quel preciso momento (!!!).
Un altro scopo è quello di saggiare e misurare il clima sociale, registrarne le variazioni e le tendenze. Se i fan di Che Guevara superano quelli di Benito (o viceversa) è un dato che ha la sua importanza, soprattutto quando il numero di iscritti è notevole. Questi sono tutti dati che interessano alla politica. Qualsiasi società che si occupa di indagini di mercato pagherebbe oro per avere queste informazioni. Con facebook sono accontentate, sia la politica, sia le società di statistica. Aggratis!
E' la gestione di facebook, qui, ad essere sotto esame, non lo strumento in sè.
Sì, perché il fatto di essere aggregati, uniti, compatti, in linea di principio sarebbe un'azione auspicabile e nobile sotto molti aspetti, perché possedere un unico canale faciliterebbe di molto anche noi bloggers, con le nostre difficoltà di trovare e di aggregare duecento altri 'colleghi' con la stessa ideologia e di fare davvero rete per un'azione comune.
Invece, su facebook, tutti gli iscritti di un gruppo possono persino essere contattati tutti allo stesso momento, con una sola mail da parte dell'amministratore del gruppo (colui che ha creato quel gruppo). Insomma, l'unione di ideali fa la forza, soltanto che in facebook questa forza è passiva, è controllata e serve ai progetti occulti di ignote figure che stanno dietro le quinte.
Anche i politici hanno creato i loro gruppi su facebook, ma anche questo fatto genera molti sospetti: davvero ai politici interessa interagire con la gente? Ne siamo davvero così convinti? Se sì, ci domandiamo come mai hanno aspettato proprio facebook, prima dov'erano? In realtà, l'inclusione dei politici serve a misurare non soltanto la loro popolarità in maniera concreta e istantanea (senza spendere una lira in indagini statistiche), ma soprattutto a tenere sotto controllo i flussi e i riflussi delle ideologie che si muovono nel nostro Paese.
Allora vorremmo lanciare da qui un invito al signor Mark Zuckerberg, ideatore di facebook e -pare- adepto dei servizi segreti, e dirgli di rendere pubblici tutti i dati in suo possesso e CHE CI RIGUARDANO. Utilizzare informazioni personali, estorte subdolamente, a scopi commerciali e politici è reato, tantopiù che che questi scopi non sono palesi e dichiarati in alcun luogo di facebook.
Nonostante Das abbia seguito le procedure di cancellazione segnalate nel sito i suoi dati sono ancora in possesso dei database del social network anche se il suo profilo non è più visibile. Il sito infatti offre la possibilità di cancellare i dati, questi però non vengono irreversibilmente eliminati ma memorizzati sotto forma di copie nei server di Facebook.
Per i più maligni la ragione di tanta affezione ai dati sarebbe da rintracciare nel tentativo degli amministratori di Facebook di sfruttare il grande patrimonio di informazioni demografiche rendendolo accessibile alle aziende. I dirigenti del social network si difendono replicando che è una semplice accortezza a tutela degli utenti: la disattivazione del profilo prevede infatti che possa essere riattivato in futuro, ragione per la quale i dati permangono nei loro server così da riapparire immutati nel momento della riaccensione dell'account. Katie Geminder di Facebook ricorda: "Ogni giorno il numero di richieste di riattivazione degli account è di circa la metà delle disattivazioni".
Purtroppo però chi vuole scomparire definitivamente, senza lasciare alcuna traccia e senza riattivare il profilo, avrà la vita dura. D'altronde, al momento dell'iscrizione, leggendo attentamente le condizioni di utilizzo del servizio si trova una controversa postilla che cita: "Gli utenti possono in qualsiasi momento cancellare i contenuti del loro account" e più avanti "gli utenti accettano che Facebook mantenga delle copie archiviate dei contenuti dei profili" e ancora "le informazioni rimosse possono rimanere come copie di back up per un tempo ragionevole". Ragionevole si, ma non eterno.
Facebook non informa i propri utenti che l'unica maniera di tutelare i contenuti è quella di cancellare fisicamente una per una tutte le informazioni inserite, dagli indirizzi mail ai numeri di carte di credito, e poi richiedere la disattivazione dell'account. Dal servizio clienti aggiungono che una volta eseguita la lunga trafila di cancellazione di ogni dato, contatto, foto e numero inserito nell'account e aver richiesto la disattivazione, è necessario scrivere una mail a Facebook nella quale si richiede la completa cancellazione dei dati e della mail anche dal loro database.
Su Facebook, ironia della sorte, è addirittura nato un gruppo dal titolo "Come cancellare definitivamente il tuo account da Facebook". Creato da uno studente svedese il gruppo era composto da circa tremila utenti. Questo prima che la denuncia di Das Nipon diventasse pubblica, ora gli utenti sono saliti a più di dieci mila e la cifra sembra aumentare ora dopo ora.
Ma quale è stata la risposta di Facebook a questo crescente malcontento degli utenti? Dopo la segnalazione ai media, l'azienda fondata da Mark Zuckerberg ha fatto sapere che si sta muovendo per velocizzare il processo di cancellazione dati dal sito con un sistema automatico che permette l'annullamento instantaneo del profilo. Nel frattempo la situazione resta quantomeno scoraggiante. Nell'help page è spuntata una sezione dal titolo "Come cancellare i miei dati?" che contiene la seguente risposta: "Se non sei interessato ad usare di nuovo Facebook e vuoi cancellare il tuo account, noi possiamo farlo per te. Ricordati che non potrai riattivarlo e non potrai rientrare in possesso di contenuti o informazioni che avevi aggiunto. Se vuoi proprio cancellare il tuo account contattaci usando il modulo in fondo alla pagina e conferma la tua richiesta". Insomma l'uscita dalla "social jail" più colorata, simpatica ed amichevole della rete sembra ancora un affare complesso.
Intanto il signor Das, che ha descritto la sua difficile situazione citando il testo della canzone Hotel California degli Eagles "puoi pagare il conto quando vuoi, ma non puoi mai andartene", è diventato l'improbabile mascotte per gli arrabbiati utenti di Facebook. In parecchi hanno trovato il suo profilo vuoto e hanno scritto citazioni tratte da canzoni degli Eagles ma anche messaggi di supporto.
Ci siamo chiesti: perché in tv fanno pubblicità a facebook? Partendo da qui, la risposta non può che essere perchè qualcuno ha necessità di far iscrivere quanta più gente possibile. E a che scopo?
Facebook ha la caratteristica di raccogliere utenti che vengono invitati a dichiarare i proprii dati personali. Nella maggior parte dei casi, l'ingenuo utente, oltre a dichiarare il proprio nome e cognome, inserisce altre informazioni come la propria città, la propria mail, lo stato civile, l'orientamento religioso, ecc. In questo modo egli entra a far parte di una enorme banca dati che, al contrario di quanto fa un'anagrafe comunale, raccoglie anche le cose più private e intime, fino a schedare i tuoi gusti in fatto di musica, politica, tendenze sessuali, vizi... e questo, anche con l'ausilio dei vari 'gruppi' a cui ci si può iscrivere, apparentemente divertenti o interessanti. Ci sono gruppi di neonazisti, altri anarchici o di estrema sinistra, di simpatizzanti di ogni genere e categoria.
Le due domande chiave sono: chi c'è dietro il banco di controllo di facebook? E che intenzioni ha?
Molti sbagliano a pensare che facebook sia come una piazza, dove si spettegola, si ride, si litiga , all'ombra di qualche monumento o fontana. No. In una piazza reale non c'è nessuno che, in maniera occulta, gestisce le informazioni personali per un uso commerciale.
Sì perché lo scopo di facebook è anche quello di fornire 'ad altri' notizie e informazioni riservate per conoscere chi è quell'utente, come vive, come si muove, cosa legge, come mangia, di che umore è prevalentemente o in quel preciso momento (!!!).
Un altro scopo è quello di saggiare e misurare il clima sociale, registrarne le variazioni e le tendenze. Se i fan di Che Guevara superano quelli di Benito (o viceversa) è un dato che ha la sua importanza, soprattutto quando il numero di iscritti è notevole. Questi sono tutti dati che interessano alla politica. Qualsiasi società che si occupa di indagini di mercato pagherebbe oro per avere queste informazioni. Con facebook sono accontentate, sia la politica, sia le società di statistica. Aggratis!
E' la gestione di facebook, qui, ad essere sotto esame, non lo strumento in sè.
Sì, perché il fatto di essere aggregati, uniti, compatti, in linea di principio sarebbe un'azione auspicabile e nobile sotto molti aspetti, perché possedere un unico canale faciliterebbe di molto anche noi bloggers, con le nostre difficoltà di trovare e di aggregare duecento altri 'colleghi' con la stessa ideologia e di fare davvero rete per un'azione comune.
Invece, su facebook, tutti gli iscritti di un gruppo possono persino essere contattati tutti allo stesso momento, con una sola mail da parte dell'amministratore del gruppo (colui che ha creato quel gruppo). Insomma, l'unione di ideali fa la forza, soltanto che in facebook questa forza è passiva, è controllata e serve ai progetti occulti di ignote figure che stanno dietro le quinte.
Anche i politici hanno creato i loro gruppi su facebook, ma anche questo fatto genera molti sospetti: davvero ai politici interessa interagire con la gente? Ne siamo davvero così convinti? Se sì, ci domandiamo come mai hanno aspettato proprio facebook, prima dov'erano? In realtà, l'inclusione dei politici serve a misurare non soltanto la loro popolarità in maniera concreta e istantanea (senza spendere una lira in indagini statistiche), ma soprattutto a tenere sotto controllo i flussi e i riflussi delle ideologie che si muovono nel nostro Paese.
Allora vorremmo lanciare da qui un invito al signor Mark Zuckerberg, ideatore di facebook e -pare- adepto dei servizi segreti, e dirgli di rendere pubblici tutti i dati in suo possesso e CHE CI RIGUARDANO. Utilizzare informazioni personali, estorte subdolamente, a scopi commerciali e politici è reato, tantopiù che che questi scopi non sono palesi e dichiarati in alcun luogo di facebook.