Giusto per capirsi, non si puo' sostenere che uno va in Iraq perche' e' un sordido capitalista, e poi sostenere allo stesso modo che la ragione e' che vuole qualcosa che costa molto piu' di quel che vale.
O uno e' un capitalista che bada solo al guadagno, o non lo e'. Non si possono avere entrambe.
E questi discorsi-fuffa sono pieni di queste incongruenze che bastano, da sole, a classificarli perfettamente per quel che sono: propaganda fatta per compiacere con belle storie chi tanto ha venduto il cervello all'ammasso e non ragiona nemmeno due secondi su quel che sente.
La guerra in Iraq e' costata centinaia di milioni di Euro. E ne sta continuando a costare.
Lo sfruttamento dei pozzi sara' possibile, sicuro, solo dopo aver investito altri soldi. Tanti soldi.
La rendita ci sara', certo, ma e' qualcosa nel lungo termine, mentre il costo economico (e politico, cui i nostri governanti badano assai di piu', come ben sappiamo) viene pagato subito.
Certo, aver ottenuto lo sfruttamento e' qualcosa di positivo, visto quel che e' costata tutta l'operazione fin'ora.
Meglio cento lire di un calcio nel sedere, diceva mio nonno.
Ma se si vuole ragionare SERIAMENTE sul perche' siamo la', allora bisogna guardare altrove.
Il petrolio e' stato, semmai, CERTAMENTE la causa dell'astensionismo francese e russo e della forte opposizione di questi due paesi all'inizio della guerra, cosi' come delle manovre dell'Onu per cercare di impedirla.
Documentarsi "oil for food", e divertirsi.
Dunque, risparmiamoci le solite sparate disfattiste e negative.
Per una volta che ci va dritto qualcosa, val la pena di esserne un po' felici. E se anche il prezzo della benza non diminuira', chiediamoci di chi e' la colpa.
Di chi cerca di lucrarci, o di chi non sa formare un fronte unito per evitare d'essere sfruttato?
