marimasse ha scritto:
Secondo me ci portiamo ancora appresso, probabilmente sotto forma di eredità culturale, l'idea (assai errata) che una banca sia qualcosa di diverso o migliore rispetto a una qualsiasi azienda.
Il fatto che un'azienda produttrice e venditrice di manufatti o servizi cerchi in tutti i modi di aumentare i propri profitti, ovvero spendere il minimo e incassare il massimo, ricorrendo a tutti i mezzi più o meno legali che ha a disposizione e magari sistematicamente prendendo per i fondelli la clientela (pubblicità martellante e non "onesta", prezzi gonfiati, confezioni esternamente grandi ma riempite di prodotto solo per due terzi ecc. ecc.) sembra essere da tutti accettato e considerato normale.
Il fatto che una banca faccia esattamente la stessa cosa sembra invece ancora, a molte persone, un'ipotesi inverosimile oppure una realtà scandalosa.
Proprio questo "ritardo" culturale le banche sfruttano.
Meccanismo analogo si può riscontare anche in parecchi altri contesti.
Le case automobilistiche sfruttano metodicamente e premeditatamente i capricci adolescenziali che albergano più o meno vigorosi nella testa di ognuno di noi.
Le farmacie, pur avendo praticamente smesso da tempo di essere qualcosa di oggettivamente diverso da un qualsiasi negozio o supermercato, continuano con efficacia a sfruttare slogan del tipo "in vendita solo in farmacia", come se esso garantisse, per un prodotto, la differenza che nella mente di tante persone continua ad esistere tra "il farmacista" e un venditore di enciclopedie o pentolame.
Pubblicitari e speculatori, ammesso che ci sia differenza, sanno molto bene che certi schemi mentali sono assai persistenti e li usano a loro vantaggio. Basta pensare alle moltitudini di guidatori che sembrano rimasti fermi ai tempi del monopolio ufficiale dei carburanti: brontolano (giustamente) per le sempre più spudorate speculazioni ma frequentano i distributori con i prezzi più alti, come se appunto non esistesse alcuna alternativa.
Quoto in tutto.
Purtroppo siamo ancora fossilizzati a quando le partecipazioni pubbliche nelle banche creavano di fatto un'amministrazione statale del credito, con annessi e connessi. Bhè, le banche non sono enti di beneficienza ma società a fine di lucro come qualsiasi altra azienda. Ci si lamenta sempre che costano, per poi lamentarsi se quando c'è crisi sono in difficoltà. Sono i due piatti della bilancia, come qualsiasi azienda se guadagna bene riesce a mettere da parte abbastanza per reggere l'urto nei momenti duri ed in italia così è stato.
Poi, come qualcuno ha riportato, la percentuale di insolventi è in crescita costante e il rischio in qualche modo le banche lo devono coprire.
Quanto ai titoli spazzatura, c'è una cosa fondamentale da sottolineare, una cosa che tanta gente o ignora o (nella maggior parte dei casi) fa finta di ignorare: nessuno da niente per niente. Non esiste un investimento a rischio zero, nemmeno i buoni del tesoro sono al 100% privi di rischio. Il fatto stesso di investire significa rischiare, per quanto poco. Ma soprattutto, nessuno da tanto per poco: se si vuole guadagnare tanto, si rischia tanto.