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Così parlò Marchionne ai dipendenti

Parlar bene parla bene... come razzolerà?

http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2012/incontro-dipendenti-Fiat-2012.pdf

Conclusione dell?intervento dell?Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne


Abbiamo attraversato altre crisi, come Fiat e come Paese.
Alcuni di voi non c?erano nel 2004, ma quelli che con me hanno iniziato questo viaggio otto anni fa sanno bene che la situazione era drammatica.
Lottavamo contro il fallimento, la svendita, la consegna dell?azienda nelle mani delle banche o dello Stato.
Lottavamo contro l?estinzione della Fiat.
C?è stato un punto, allora, da cui ha preso vita la rinascita.
E? stato il momento in cui abbiamo iniziato a riconoscere che il destino era nelle nostre mani, ce ne siamo assunti la responsabilità e nel giro di poco tempo abbiamo sconfitto i pessimisti e realizzato un turnaround che credo finirà nei libri di storia.
Poi c?è stata la crisi del 2008, generata dal tracollo finanziario negli Stati Uniti.
Abbiamo dovuto fare i conti con un contesto completamente stravolto.
Le condizioni di base, sulle quali avevamo disegnato i nostri programmi, sono state spazzate in un attimo. I mercati sono stati stravolti.
Ma abbiamo rivisto le nostre strategie, contenuto i costi e compiuto altri sacrifici.

Abbiamo anche fatto una scelta chiara ? quella che ora sta dando i suoi frutti ? di allentare il focus sull?Europa e di concentrarci sul Nord America e sull?America Latina.
Era l?unica scelta in grado di preservare il futuro della Fiat.
Restare legati a quel modello di business, del tutto sbilanciato verso un mercato in difficoltà, non ci avrebbe portati molto lontani.
In questo modo, siamo riusciti a proteggere la nostra azienda da impatti che avrebbero potuto essere devastanti.
Abbiamo gestito e assorbito i problemi senza assistenza esterna e li abbiamo superati.
Le crisi del passato forse non erano pesanti come questa, che ci impedisce addirittura di fare previsioni affidabili, ma ne siamo sempre venuti fuori con un grande sforzo collettivo.
Anche ora è possibile.
Ed è esattamente questo il punto cruciale del cambiamento che si richiede oggi.
Questo è, in estrema sintesi, il contenuto dell?incontro di sabato col presidente Monti.
Dobbiamo ripensare il modello di business al quale siamo abituati.
Dobbiamo renderci conto che, viste le attuali condizioni della domanda di auto e le previsioni degli anni a venire, l?Italia e l?Europa non potranno per noi più essere i soli mercati finali.
Il loro peso è diventato troppo piccolo.
Possiamo e dobbiamo pensare al settore dell?auto in Italia con una logica diversa, orientarlo in modo differente e attrezzarlo perché diventi un importante centro di produzione per le esportazioni fuori dall?Europa.

Nel nostro caso, significa soprattutto verso gli Stati Uniti, oltre che nel resto del mondo.
Non vale solo per la Fiat, ma per tutte le aziende che intendano intraprendere questa strategia.
E? l?unica via per mantenere una solida base industriale nel nostro Paese.
Una base che, come la storia ha già dimostrato, è garanzia di occupazione, competenze, stabilità economica.
Tutte risorse molto preziose e molto difficili da ricreare, una volta scomparse.
Noi ci impegniamo a fare la nostra parte, ma da soli non possiamo fare tutto.
E? necessario iniziare da subito a pianificare azioni, a livello italiano ed europeo, per recuperare competitività internazionale.
Azioni che garantiscano una reale flessibilità e certezza del diritto nelle relazioni industriali.
Iniziative che riconoscano la valenza dell?export per il rilancio dell?economia del Paese.
Politiche, da parte della Banca Centrale Europea, per facilitare l?accesso al credito.
E? necessario che la Commissione Europea garantisca condizioni di equità per tutti i costruttori, respingendo quei tentativi ? specialmente da parte tedesca ? di creare condizioni più favorevoli alla propria industria, a scapito degli altri.
Ed è altrettanto necessario che, in sede europea, si valuti con grande attenzione la firma di nuovi accordi di libero scambio, stringendoli solo con Paesi di reale interesse per l?industria, in modo da tutelare e

proteggere questo settore, senza svenderlo ai concorrenti giapponesi o sudcoreani.
La possibilità, della quale ho parlato sabato al Presidente del Consiglio, che la nostra azienda e il nostro Paese diventino un nucleo significativo per le esportazioni di auto esiste.
E? credibile.
Ma, lo ripeto, la scelta non spetta solo a noi.
L?impegno a tutelare la realtà industriale italiana, a renderla competitiva e in grado di creare occupazione richiede una cultura e obiettivi condivisi e non può prescindere da un impegno di tutta l?Italia.
Io, personalmente, sono fiducioso.
In fondo, sono i momenti più difficili che spingono le persone a stringersi intorno ai valori comuni e a tirare fuori il meglio di sé.
Adesso è il momento di dimostrare che siamo all?altezza della situazione e che siamo degni della storia che abbiamo alle spalle.
E? il momento di ripartire e di farlo nel modo che conosciamo meglio, dal valore fondamentale su cui questo Paese è stato fondato: il nostro lavoro.
* * *
C?è un altro tema di cui vorrei parlarvi questa sera.
Negli ultimi quattro anni ho viaggiato spesso tra l?Italia e gli Stati Uniti e ho passato molto tempo in Chrysler.

Sarei un ingenuo se non mi fossi accorto che questo ha generato, anche internamente, un certo stato d?animo.
Tutti eravate abituati ad una guida sempre presente.
E poi, all?improvviso, una settimana c?era e quella dopo stava a 7.000 chilometri di distanza.
So che sono nati dubbi, dentro l?azienda, e che li avete condivisi con i vostri colleghi.
Dubbi sul mio impegno personale in Fiat e in Italia; timori che il mio ufficio di Detroit potesse diventare quello principale.
Questi pensieri possono avere alimentato un certo senso di abbandono.
Vi ho voluti incontrare anche per questo.
Non ho mai smesso di occuparmi della Fiat e non ho intenzione di farlo.
L?impegno che ho preso il 1° giugno del 2004 ? con gli azionisti, ma prima di tutto con voi ? è immutato, è vivo e forte, oggi più che mai.
Vi garantisco che essere l?amministratore delegato della Fiat non è solo un privilegio per me. E? una responsabilità che sento con profonda coscienza e sono consapevole del carico di serietà che richiede.
Non ho alcuna intenzione di abbandonarvi.
Era necessario che andassi di frequente negli Stati Uniti, perché dovevamo rimettere in moto la Chrysler e farlo in tempi record.
Era necessario per tutti quanti, proprio perché il nostro futuro è garantito da questa alleanza.
Fiat e Chrysler dovevano iniziare a camminare insieme come un?unica grande azienda, senza barriere geografiche né culturali.

Ora abbiamo una storia comune da scrivere e siamo legati, oltre che da valori profondi, anche dalle esperienze forti che abbiamo condiviso.
Come viene riconosciuto in modo unanime, quello che è successo negli ultimi tre anni ad Auburn Hills è qualcosa di incredibile, di eccezionale.
E sarebbe anche unico se non l?avessi già visto accadere qui, in Fiat, otto anni fa.
Fiat e Chrysler sono due aziende su cui pesava una condanna a morte e che sono sopravvissute. Due aziende che non potrebbero essere più vicine, per quello che una simile esperienza lascia in eredità.
Chi passa attraverso una prova del genere, chi sopravvive, non sarà mai più come prima.
I sopravvissuti sono persone diverse, sono persone speciali, che hanno imparato a guardare al futuro in un modo diverso da chiunque altro.
Tutti noi, in Fiat e in Chrysler, siamo oggi in grado di apprezzare ogni singolo momento di questa nuova vita che ci è stata concessa.
Sappiamo fare tesoro, giorno dopo giorno, di quello che abbiamo vissuto e che ci ha cambiato per sempre.
Perché oggi sappiamo che abbiamo la forza per reagire, abbiamo l?obbligo di non acconsentire al degrado e al disimpegno dalla competizione, di non essere complici della trascuratezza e degli sprechi.
Perché oggi sappiamo che esiste sempre un momento in cui possiamo smettere di lavorare per limitare i danni e iniziare a passare all?attacco.
Non posso promettervi che sarà facile.
Non lo è neppure per me.
Mi dipingono, spesso, come un capo-azienda che marcia per la sua strada senza andare troppo per il sottile.

Ma quando si viene attaccati ? come siamo attaccati noi ora ? quando le menzogne passano per verità, quando ti accorgi che vince chi urla di più?
? il rischio è che dopo la rabbia iniziale, si venga presi dallo sconforto.
Il rischio è che questo ?mantra? incessante di critiche abbia il sopravvento sulla voglia di andare avanti.
E? successo anche a me.
A volte mi sono chiesto se ne valga la pena.
Mi sono chiesto che senso abbia fare tutto ciò per un Paese che non apprezza, che spera nei miracoli di un investitore straniero, che ci dipinge come sfruttatori e incapaci?. e qualunque altro insulto vi venga in mente.
Ma poi mi sono reso conto che chi urla non ha più ragione, ha solo più fiato.
Loro non sono la maggioranza e non sono certo la parte sana del Paese.
Non dobbiamo e non possiamo lasciare che vincano.
Vorrebbe dire far vincere il declino, piegarci all?inerzia.
Io ho sempre superato i miei momenti di incertezza con la determinazione di chi ha un progetto di valore e sente il dovere di realizzarlo.
Anche questa volta, in queste circostanze, abbiamo preso un impegno e dobbiamo lavorare per portarlo a termine.
E anche se a volte tutto ciò si traduce nei toni duri e aggressivi che mi addebitano, non è altro che la tenacia di chi sa che ce la possiamo fare.
Lo dobbiamo ai nostri figli, al nostro Paese e al nostro futuro.
Lo dobbiamo a noi stessi.
Sono qui anche per dirvi di non arrendervi.

E che non siete soli.
Non lasciatevi abbattere da chi non crede in noi, da chi sta facendo di tutto per sottrarvi la fiducia, in voi stessi e nel futuro.
La Fiat - la nostra nuova Fiat-Chrysler - è un?azienda forte e dai valori sani.
Abbiamo la forza che ci deriva dall?appartenere a un gruppo globale, in cui la solidità dell?insieme può proteggere una singola parte, quando viene colpita dai venti dei mercati.
Abbiamo la forza che ci deriva dalle esperienze del passato, che abbiamo affrontato e superato insieme.
Abbiamo la forza delle nostre persone, che non si piegano a un destino già scritto, ma scelgono la via dell?azione.
Ora, più che mai, dobbiamo continuare ad essere uniti.
Dobbiamo continuare a lavorare, con umiltà, ma consapevoli che la Fiat siamo noi, tutti insieme.
Consapevoli che la Fiat è un esempio positivo.
E? l?esempio di una grande impresa industriale che non si rassegna all?abbandono, che non perde tempo a predicare, ma si impegna per fare, per costruire, per progredire.
Siamo l?esempio di quella parte del Paese che si tira su le maniche e si mette alla prova.
Siamo quella parte dell?Italia che vuole cambiare per sopravvivere, che non si arrende alle difficoltà ma lotta per dar vita a qualcosa di nuovo e di migliore.
Questa è la nostra Fiat.
Abbiamo obiettivi credibili e persone di valore.
Abbiamo idee, coraggio e determinazione.
Non ci serve altro.

L?unica cosa che vi chiedo è di non mollare.
Vorrei che tutti ci lasciassimo questa sera ripetendo quello che Einstein disse più di un secolo fa: ?Ho deciso di guardare solo al futuro, perché è lì che ho intenzione di passare il resto della mia vita?.
Grazie per essere venuti qui oggi e grazie, di cuore, per quello che state facendo.
Auguri di buon lavoro a tutti noi.
* * *
 
E il Sergione parla così invece ai giornalisti:

Sergio Marchionne durante la conferenza stampa al Salone di Parigi.

Al Salone di Parigi 2012, Sergio Marchionne incontra i giornalisti al primo piano del padiglione 1 con qualche minuto di ritardo rispetto al programma. Ecco, in pillole, che cos'ha detto.

Usa. Chiarisce subito che il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, "non mi ha dato assolutamente nulla: ci hanno prestato sette miliardi di dollari che abbiamo restituito con gli interessi. Delle tre Case di Detroit siamo gli unici a non avere pendenza con lo Stato. Facessero tutti come noi..."

Fabbrica Italia. Per Marchionne, "Fabbrica Italia è un piano morto un anno fa". Il comunicato è arrivato perché "i giornali lo hanno tirato fuori".

Governo. L'incontro con il governo è stato positivo, ha detto l'ad del Gruppo Fiat: "Abbiamo condiviso i problemi e non abbiamo chiesto fondi".

Europa. "L'Europa comunque ha un grosso problema e non è possibile risolverlo solo con gli investimenti. Come imprenditori dobbiamo capire quando è il momento di investire. Non voglio rischiare di mettere a repentaglio il futuro dell'azienda. La Fiat deve essere libera di investire quando e come vuole".

Lavoratori. "Come gestiamo i rapporti con i nostri lavoratori è un'eccezione a livello mondiale. Non ho mai visto obblighi simili, ve lo dice uno che gira il mondo dalla mattina alla sera. Abbiamo appena siglato un contratto in Canada, è stato difficile, ma siamo giunti a una conclusione".

Italia. "Negli ultimi otto anni e mezzo ho provato a portare Costruttori stranieri in Italia, ma tutti hanno paura a investire qui". "Se andiamo a creare un iperstruttura di regole, alcune incerte, diventa tutto più difficile", afferma Marchionne, riferendosi a una recente sentenza su Pomigliano che "non ha aiutato l'immagine della Fiat a livello internazionale".

Mario Monti. Sul presidente del consiglio, Marchionne esprime un parere positivo "perché si è assunto la responsabilità di rilanciare la competitività dell'Italia e di ridurre il gap con gli altri".

Chrysler. "La fusione con la Chrysler è un atto dovuto. Mi sono spaccato in quattro andando su e giù, come un ascensore... È ora di portare a termine questo lavoro".

Investimenti. A chi incalza con l'argomento degli investimenti, Marchionne risponde così: "Non ci sono le condizioni. Un concorrente ha investito un miliardo per un nuovo modello e non ne sta ricavando niente. fai tre o quattro cose così e ti trovi ricoperto di debiti". "L'Europa ha perso tre milioni di auto in quattro anni. C'è chi sta peggio di noi, ma non sono contento. Ci stiamo facendo tutti male. Non è un problema dell'Italia o della Francia o della Germania, è un problema Europeo. O parliamo di un'Europa che pensa al futuro economico comune on non ne parliamo per niente".

http://www.quattroruote.it/notizie/industria/sergio-marchionne-conferenza-stampa-live?comeFrom=forum_QRT
 
Che Marchionne parli bene, che sia molto intelligente, preparato e che faccia ragionamenti sensati, siamo tutti d'accordo.
Quello che si giudica, è la sua politica commerciale e, sopratutto, i fatti.
Lui denuncia una crisi che tutti conosciamo e propone ,come ricetta, la scelta di smettere di produrre. Beh, è su questo che io ho molti dubbi:
Già, perchè se avesse ragione lui, inanzi tutto, significherebbe che TUTTI gli altri costruttori sono dei fessi (loro producono...) e mi pare improbabile; inoltre, una fabbrica, se smette di produrre...che fa? O chiude...o...BOH???
Altro quesito: Quando (SE) il mercato riprenderà, non avendo fatto i modelli e avendo, quindi, una gamma risicata e "vecchia", poi, che fai? Se sei rimasto troppo indietro rispetto alla concorrenza...CHE FAI, DOPO?
Non mi convince... :rolleyes:
Io penso che Marchionne, in realtà, voglia "svincolare" la Fiat dall'Italia e dall'Europa in favore di altri mercati più redditizi, penso che la Fiat gli sia servita come "cavallo di troia" per entrare in un business più ampio e basta.
Del resto, lui per primo ci ripete alla nausea che ,in Italia, non solo non fattura, ma ci perde pure soldi! A buon intenditore... :rolleyes:
 
D'altronde marchionne in tante cose mi ricorda Romiti, come gestione del prodotto : Dice che la FIAT non guadagna ... se avesse pensato su come riportare una casa alle quote che aveva una volta e invece del 30% di mercato avesse il 60% che le "potrebbe" competere probabilmente non staremmo quì a sentire questi discorsi. Non affronta mai il nocciolo del problema : La scarsa penetrazione deii modelli FIAT, tranne l'unico che lui non voleva fare : La 500. Che sia per questo che non affronta il problema ?
 
Marchionne, prima di parlare ai dipendenti, dovrebbe guardarsi allo specchio e riflettere su come, a metà dello scorso decennio, già AD Fiat, non ha capito che un generalista, con un basso numero complessivo di vendite e per di più limitate a 2 mercati mondiali (Sud Europa e Brasile), già afflitto da sovracapacità produttiva (problema posto varie volte da Gianni Agnelli già negli anni 80), avrebbe dovuto obbligatoriamente puntare sui marchi "near Premium", di cui disponeva (invece di farli morire), per avere margini di una certa entità (....ci volevano 10 Punto per avere lo stesso profitto di una serie 3 o di una A 4..........)
Le scelte attuali, obbligate, sono solo la conseguenza di una totale incapacità di scelta degli uomini preposti alla gestione del prodotto...
 
Questo signore è più falso di una banconota. Vorrebbe un mercato senza regole e solo con un regolatore : Lui. Abbiamo sentito il rimprovero fatto alla Volkswagen la quale a suo avviso produceva troppe auto a prezzi bassi penalizzando le aziende come la sua che sfruttano gli impianti degli stabilimenti in percentuali che producono perdite. Non si sta ponendo il problema di essere competitivo nei confronti di un gruppo che sta attuando una politica globalizzante certamente più efficace del gruppo che rappresenta. Ma a suo avviso la colpa, vedete un pò, è del sistema Italia fatto di troppe rigidità, di lavoratori poco produttivi e super garantiti.La verità è che Fiat a parte la 500 non ha modelli di macchine da vendere. Tutto vecchio ed obsoleto. I "cacaturi" Crysler sono tali e non possono andar bene per il mercato europeo: ma non si vergognano di presentare questa Thema e questa Flavia.
Speriamo che questo governo insista nuovamente verso questo signore e i suoi azionisti facendogli comprendere che l'Italia non è più ricattabile e che pertanto siamo disposti ad accogliere aziende come la volkswagen che avrebbe tutta l'intenzione d'insediarsi nel nostro paese acquisendo marchi come AlFa dando lavoro a tanti italiani. Caro Marchionne penso che tu abbia sciolto tutti i nostri dubbi .
Per nazionalismo la prossima vettura sicuramente non sarà più Fiat almeno fintanto che a capo del gruppo ci saranno gente come te che guadagna 400 milioni di ? annui che sono il frutto di una politica economica bieca e truffaldina.
 
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