C' è un piccolo giallo nell' operazione Fiat-Chrysler. Il 3 gennaio, all' esordio della doppia Fiat in Borsa, Sergio Marchionne ha affacciato la possibilità che la
scalata al 51% della Chrysler avvenga già quest' anno, prima dell' offerta pubblica di vendita dei titoli di Auburn Hills prevista per novembre. La notizia ha
galvanizzato le quotazioni di Fiat Spa, che ora contiene solo l' auto e le attività affini, perché si pensa che, una volta quotate, le azioni Chrysler diventino assai più care. Eppure, poco più di un mese fa, la Fiat aveva nascosto al mercato questa opportunità. Il comunicato del primo dicembre 2010, infatti, precisa che la Fiat potrà salire dal 20% al 51% di Chrysler in due tappe. Prima, l' acquisizione del 15% in tre parti uguali senza corrispettivo monetario ma al realizzarsi, entro il 2012, di tre condizioni l' omologazione di un motore Fire e di una vettura Chrysler su piattaforma Fiat che faccia 40 miglia con un gallone di benzina,
esportazioni per oltre 1,5 miliardi al di fuori dei Paesi Nafta e l' offerta di auto Chrysler nel 90% dei concessionari Fiat brasiliani. Seconda tappa, l' acquisto di un altro 16% a partire dal 1° gennaio 2013, una volta rimborsato il debito verso i governi americano e canadese. Il prezzo è dato dalla media dei multipli dell' Ebitda il vecchio margine operativo lordo di altre case automobilistiche purché non superi quello Fiat. Il multiplo, chiariamo, è il rapporto tra l' Ebitda e il valore di mercato dell' impresa, dato dalla capitalizzazione di Borsa meno i debiti finanziari netti. Altro la nota non rivela, ma in coda dà un link con il sito del Tesoro Usa dove, in mezzo a una gran quantità di documenti, si trova, con la dicitura confidential, il contratto tra Chrysler e Fiat, stipulato il 10 giugno 2009, 200 pagine, allegati compresi. Un contrattone che mostra quanto la nota stessa sia reticente. La polpa è al punto b della sezione 3.5 in base al quale, nonostante quanto in precedenza prescritto, la Fiat avrà comunque il diritto di esercitare in tutto o in parte l' opzione sul 15%, detta Alternative call option, oppure quella sul 16% finale, detta Incremental call option, anche adesso, purché Chrysler abbia rimborsato per intero il debito verso i governi di Usa e Canada. Un diritto contrattuale che infila un jolly nella manica di Marchionne. Poi viene il prezzo. La Fiat deve pagare per l' opzione incrementale, mentre per quell a alternativa lo dovrà fare solo se la esercita prima di aver centrato gli obiettivi. Ebbene, il prezzo di entrambe sarà pari a un multiplo dell' Ebitda di Chrysler degli ultimi 4 trimestri, di cui sia stato approvato il rendiconto, meno i debiti finanziari netti delle attività industriali, senza contare dunque i debiti relativi al leasing, alle pensioni e all'assistenza sanitaria degli ex dipendenti. Il multiplo per fare il prezzo dell' opzione sarà il minore tra il multiplo Fiat e la media dei multipli di 10 concorrenti Gm-General Motors, Ford, Renault, Peugeot, Volkswagen, Bmw, Daimler, Honda, Toyota e Nissan, escludendo quelli superiori alla deviazione standard.
Dato curioso: il contrattone fa riferimento a un Gruppo Fiat che comprende la holding, Fiat Group Automobiles e Fiat Powertrain, come se la divisione della Fiat tra auto e il resto fosse già decisa con 18 mesi di anticipo. Previsione probabile: Fiat ha tuttora, assieme a Peugeot, il multiplo più basso tra i big dell' automobile, e perciò farà il prezzo. Osservazione: con lo spin off di Fiat Industrial, il multiplo Fiat cala da 3,8 a 1,7 e questo giova nella partita Chrysler. Forse troppo.
Veniamo al quantum. Dato il multiplo Fiat e posto che l' Ebitda Chrysler si aggiri sui 4 miliardi di dollari, a metà 2011 Marchionne avrà un valore Chrysler di
circa 7 miliardi dai quali togliere il debito finanziario netto. Qui viene il bello. La Chrysler ha poco più di 7 miliardi di esposizione verso i governi americano e
canadese, utilizzati per 5,2. Mano a mano che investe, cala la parte liquida del debito e sale il debito finanziario netto. In teoria, la Fiat potrebbe fare in modo che Chrysler valga zero. E' il secondo jolly di Marchionne. Ma basteranno queste due carte a vincere la partita? Mediobanca vede rosa, Ubs idem, Goldman Sachs stravede, Credit Suisse è scettico. Ecco i valori in campo. Al 30 settembre 2010, Chrysler ha ancora un patrimonio netto negativo per 3,8 miliardi di dollari che, depurato dalle attività intangibili, diventa negativo per 8. In Italia, sarebbe fallita. Per la legge americana, invece, se riesce a pagare le spese correnti, magari indebitandosi, una società può tirare avanti. Ora, per calare i due jolly, Marchionne deve prima ottenere due risultati: portare a casa alla svelta le prestazioni industriali che lo portano al 35% e rimborsare i governi. E qui si apre la trattativa. La vulgata nazionale racconta dell' astuta Fiat che ha acquisito gratis il 20% di Chrysler. Ma questo Marchionne non lo ripeterà: a che pro contraddire il Tesoro Usa che valuta in «miliardi di dollari» il patrimonio tecnologico Fiat messo per intero a disposizione di Chrysler in cambio del primo 20% e delle due opzioni? D' altra parte, la vulgata italiana è abbastanza falsa se è vero che la sola condivisione del motore multijet con la Gm venne valutata mezzo miliardo di euro in occasione del divorzio nel 2005.
Dunque, la Fiat ha dato e ora vorrebbe ricevere. Che cosa? Una corsia preferenziale per le omologazioni che le farebbero avere subito il 15% aggiuntivo dal sindacato Uaw scenderebbe dal 67,6% al 55% e dai governi americano dal 9,9 all' 8% e canadese dal 2,5 al 2%. E poi i finanziamenti pubblici Usa per la ricerca ecologica. A Chrysler e Gm pericolanti erano stati negati. Ora Gm, tornata in pompa magna a Wall Street, li reclama. Marchionne confida che se ricevesse presto, e cioè prima dell' offerta pubblica di vendita, almeno 3 dei 6 miliardi richiesti sarebbe contento. Secondo il Foglio, li userebbe per rimborsare una parte dell' attuale debito verso il governo.
Nell'Italia degli anni Ottanta, Imi e Mediocredito, che davano il credito agevolato a presentazione di fattura, non avrebbero permesso una tale distorsione delle finalità. L' America è più elastica. Ottenesse due facilitazioni di tal fatta, Marchionne avrebbe meno problemi a farsi prestare dalle banche i dollari per rimborsare il debito residuo verso i due Tesori. Ma qualche problema resterebbe. Con il 51% e a 5 amministratori su 9 in Chrysler, Marchionne dovrebbe
consolidare Torino e Auburn arrivando a un debito finanziario netto delle attività industriali di 7-9 miliardi pari o addirittura superiore all' Ebitda. Molto alto
nel settore auto, dove i migliori hanno addirittura cassa netta. La promessa di cedere quote Ferrari, Magneti Marelli e forse l' Alfa convincerà le banche?
I jolly, insomma, potrebbero far stravincere Marchionne, ma le omologazioni e i nuovi finanziamenti, necessari a chiudere il cerchio, ci saranno solo se il sindacato Uaw e i governi di Usa e Canada, forse più abili dei sindacati italiani nel far di conto, reputeranno conveniente sacrificare a favore del socio Fiat il valore del 15% per l' opzione alternativa e del premio di maggioranza, connesso all' emissione di nuove azioni per il 16% dell' opzione incrementale, sull' altare dell' offerta pubblica di vendita di novembre. In fondo, nota il Credit Suisse, i giapponesi hanno lasciato risanare la Nissan alla Renault, ma non l' hanno fatta salire al 51%.
E oggi stanno meglio dei francesi.