<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Bilancio su Alfa Romeo 2010-2014 | Il Forum di Quattroruote

Bilancio su Alfa Romeo 2010-2014

Buonasera, torno a scrivere sul forum per fare un breve punto sul presente e, soprattutto, sul futuro di Alfa Romeo. In primis il presente. Oggi la situazione la presentano, già da soli, in modo chiaro e netto i numeri. Infatti, nel precedente piano industriale sia per Alfa Romeo che per Lancia, era stato definito un Target Volume di 300.000 Unità. Ne sono state vendute circa 100.000 in tutto. Siamo di 200.000 unità sotto il Target sopra menzionato. Per il 2014 l'obiettivo è sempre quello: 300.000 Unità. Stavolta sarà rispettato il target ? Chissà. Le prospettive presentate nel Piano Industriale di Fiat Group Automobiles potrebbero far rispondere di sì ma è fuor di dubbio il fatto che si debba usare sempre molta cautela.
Alfa negli Usa, il futuro. L'asse Fiat-Chrysler dovrebbe, nei piani di Marchionne, garantire ad Alfa il ritorno negli Usa nonché l'accesso a pianali e motori per vetture di più grandi dimensioni. Inoltre, come tutti sappiamo, sempre nel quinquennio 2010-2014 sarà prevista l'introduzione di ben due SUV (uno medio ed uno più grande), l'introduzione di una Spider, della nuova Giulia, sostituta della 159 e altre piccole iniezioni di vitalità come il restyling della Mi.To piuttosto che la Mi.To 5p da commercializzare anche negli Usa.
Quindi, per farla breve, Alfa Romeo, nel 2014 dovrebbe: 1) avere una presenza globale più forte in tutto il mondo; 2) aver raggiunto quota 300.000 unità vendute all'anno; 3) avere prodotti di maggiore qualità partendo da una Mi.To rivista sotto il profilo delle finiture (non eccelse) e della linea, passando poi per una Giulietta più la nuova nata Giulia fino ad arrivare alle due SUV accompagnate da una nuova Spider. No, quindi, alla 169, almeno fino al 2014.
Bilancio su Alfa Romeo: non male, si poteva fare di più ma si poteva fare anche molto meno. Ciò che conta sono però i numeri, non le chiacchiere. Alfa Romeo ha venduto, ad oggi, meno di quanto avrebbe dovuto fare. Alfa Romeo ha presentato tramite Fiat Group un piano industriale di 5 anni che punta tutto sul riverdimento della propria gamma, sull'introduzioni di nuovi prodotti di livello quali la Giulia e, non da ultimo, sulla presenza nel mercato Usa accompagnata, grazie a Chrysler, dall'introduzione dei rinomati SUV. Che ne sarà di Alfa Romeo ? Il rilancio avverrà davvero (almeno stavolta) oppure si ritornerà alle solite ? E' possibile ipotizzare uno scenario sì triste ma realisticamente oggettivo: Alfa Romeo venderà di più, non riuscirà ad arrivare a quota 300.000 unità ma, al tempo stesso, avrà creato delle basi per poter sviluppare ulteriormente la propria gamma/presenza sul mercato. Dopodiché spetterà, ancora una volta, a Fiat decidere se continuare ad investire o vendere, definitivamente, ad un acquirente straniero (uno su tutti VW AG). Alfa Romeo oggi, è ancora in pericolo ma, a mio avviso, effettuando scelte strategiche sensate si potrebbero ancora avere quei margini di manovra per dare lustro al Marchio del Biscione. Voi che ne pensate? Saluti
 
che le sparate sui numeri servono solamente a far aumentare il titolo in borsa...

per il resto Alfa farà numeri solo se presenterà un ventaglio di prodotti adeguato alla richiesta del mercato...

il problema è che ad Alfa, per una serie di mancanze oggettive, oggi ci si avvicina con sospetto e si chiede oramai tutto...

ad esempio per dare un bel messaggio a livello europeo, italia inclusa, proporrei da subito la garanzia condizionata ai tagliandi presso la rete per 5 anni su tutti i nuovi prodotti...
 
secondo me puo arrivare al 2014 con 500mila unità e passa come si diceva.
Il punto è che per arrivarci dovranno
- creare tutti i modelli del piano di aprile
- sperare nel passaggio della crisi
- entrare in America e Cina

Il piano con Chrysler è fattibile a mio avviso!
Ma non deve saltare nessuno dei 3 punti
 
Ottima l'idea sulla garanzia di 5 anni. Secondo me potrebbe davvero rappresentare un bel passo in avanti soprattutto in termini di strategia di comunicazione. Per quanto riguarda i tre punti citati da 156jtd sono più che d'accordo. Senza quelli, purtroppo, credo non si possa davvero andare da nessuna parte. Il punto è: Marchionne ci crede nell'Alfa Romeo ? Per me, purtroppo, sì ma a metà. Se guardate ai dati di vendita aggregati di Fiat Group Automobiles, scoprirete che negli ultimi anni Alfa Romeo e Lancia hanno venduto meno rispetto agli anni passati e Fiat ha venduto di più. Non credo serva aggiungere altro.....
 
Interessante articolo di Mucchetti sul Corriere che riguarda anche Alfa...

Fabbrica Italia, le due incognite di Marchionne
Stiamo parlando di ristrutturare tutta la rete produttiva italiana, non lo si fa in due giorni e nemmeno in due mesi Sergio Marchionne
Nell'azionariato della Fiat manca un contrappeso ai soci americani di Chrysler. E Obama difenderà la «Us factory». Il futuro di Fabbrica Italia è appeso a incognite vere: modelli vincenti e il ciclo dell'economiaPolitica e finanzaIl quesito più arduo si pone a politica e finanza: se la New Fiat interessa al Paese, chi farà da contraltare agli americani?

S ergio Marchionne promette investimenti in Italia per 20 miliardi, non chiede più rottamazioni e nemmeno prospetta aumenti di capitale. Tutti tranquilli, sindacati moderati, governo e azionisti.
La nuova Fiat può farcela da sola, purché abbia fine la lotta di classe. Come ogni semplificazione d'autore, anche quella di Marchionne esercita il suo fascino indiscreto, ma l'economia non è mai così semplice, nemmeno quella aziendale. E nel caso della Fiat, tra progetti e realtà emergono distanze tutte da capire.

La New Fiat (Auto, Powertrain, Marelli, Comau, Teksid e altro tra cui la quota Rcs) investirà 19,7 miliardi tra il 2010 e il 2014. Fiat Industrial, la nuova holding che comprenderà Iveco, Chn e relativi motori, altri 6,3. Se, come si dice, il progetto Fabbrica Italia vale 20 miliardi, agli stabilimenti esteri andranno le briciole, benché diano i risultati migliori. Le joint-venture cinesi, russe, serbe, turche, dove si investiranno 3,3 miliardi per produrre 920 mila pezzi, esigeranno da Torino, che porta il know how, solo il 10% della spesa; in ogni caso, non essendo consolidate integralmente, l'onere non si vedrà nel bilancio.

L'Italia, dunque. In casa la Fiat perde, è vero. Ma perde anche perché utilizza troppo poco gli impianti che, per quanto ammortizzati, hanno ingenti costi fissi. Nel 2009, considerando il livello ottimale (280 giorni di lavoro l'anno 24 ore su 24), Mirafiori è stata usata al 64% della capacità produttiva, Cassino al 24%, Melfi al 65%, Pomigliano al 14% e la molisana Sevel al 33%. Tichy viaggiava al 93%, del Brasile non si dice nulla, ma sarà simile alla Polonia. L'insufficiente utilizzo degli impianti non dipende solo dai problemi sindacali: in passato, ci sono stati anni ben diversi. In larga misura deriva dalla difficoltà di vendere le auto nonostante gli incentivi. Nel 2010, a recessione e incentivi finiti, si vende ancora meno, ma la Fiat guarda oltre la transizione e prevede di aumentare capacità produttiva e produzione reale confidando in un ritorno ai livelli pre crisi nel 2014.

Per allora, il tasso di utilizzo degli impianti, resi ancor più potenti, dovrebbe salire all'88% a Mirafiori, al 93% a Cassino, al 101% a Melfi, al 90% a Pomigliano (mentre Tichy scenderebbe al 73%) e al 69% ad Atessa. La produzione italiana balzerebbe così da 650 mila a 1,4 milioni di automobili e da 150 mila a 250 mila veicoli commerciali leggeri, il tutto destinato in gran parte all'esportazione, con 300 mila pezzi in America. I marchi del gruppo torinese volerebbero nel quinquennio da 2,2 milioni a 3,8 milioni di vetture. E con Chrysler si raggiungerebbe la produzione di 6 milioni, considerata indispensabile per competere sui mercati globali. Un tale progetto, promette Marchionne, non richiede aumenti di capitale. Certo, quest'anno il debito netto delle attività industriali impennerà fin verso i 6 miliardi, ma poi calerà e tra 5 anni comparirà una liquidità netta di 3,4 miliardi nel 2014. Perfetto. Forse fin troppo perfetto.

In Italia stanno la forza e il rischio del progetto. La concentrazione degli investimenti si spiega con il fatto che solo con il pieno sfruttamento degli impianti nazionali l'aggregato Fiat-Chrysler agguanta il traguardo produttivo. Polonia e Brasile, insomma, non potrebbero aggiungere più di tanto. Se così è, Marchionne ha varato Fabbrica Italia perché non disponeva di alternative migliori. Avesse preso la Opel, con i finanziamenti pubblici legati alla salvaguardia delle unità produttive locali, avremmo sentito un'altra storia. Ma il governo e i lavoratori tedeschi (che non fanno più la lotta di classe, ma stanno nei consigli di sorveglianza) hanno ritenuto non conveniente il piano Fiat e la General Motors, appoggiata dalla Casa Bianca, si è tenuta infine la Opel.

E' vero che Marchionne può andare in Serbia, ma quante Serbie ha sotto mano oggi, per quali quantità e fin dove può gestire la complessità accentrando tutto il potere? La dipendenza della Fiat da Fabbrica Italia restituisce un pò di potere contrattuale al sindacato, al governo e a quanti, nella finanza, perseguono il proprio interesse di lungo periodo in un quadro più generale. Non dimentichiamo che tra il 1993 e il 1998 Mediobanca e Generali affiancarono la famiglia Agnelli nel controllo della Fiat e tra il 2002 e il 2005 le banche convertirono i crediti in azioni. Senza quei soccorsi non ci sarebbe stato Marchionne. Meglio turare le falle o prevenirle?

Ebbene, il futuro di Fabbrica Italia è appeso a due fili oggi invisibili ai più: il primo è la capacità mai scontata di progettare modelli vincenti ad alto valore aggiunto, e perciò adatti a essere prodotti in paesi ad alto costo del lavoro; il secondo è il ciclo dell'economia che, rallentando il ritorno degli investimenti, potrebbe minare le finanze aziendali. Nella storia della Fiat, ci sono successi come la Panda, la 500 e la Punto, ma anche promesse mancate come l'Alfa Romeo, la Lancia e l'alto di gamma. Il precedente piano quinquennale prevedeva per il 2009 l'azzeramento del debito, che invece è risalito a 4,4 miliardi. Insomma, tra il dire e il fare ci sono di mezzo incognite vere.


Dalle presentazioni agli analisti risulta che nel 2011, quanto tenterà di tornare in Borsa a Wall Street, Chrysler sia destinata a rendere più di New Fiat. Già tra un anno avremo un aggregato transatlantico con due fornitori di capitali americani, il sindacato Uaw e il Tesoro, determinati a difendere la «Us Factory», e un socio italiano, gli Agnelli, che non metterà soldi nell'auto. E' chiaro fin d'ora dove penderà la bilancia delle convenienze per un leader come Marchionne, cittadino del mondo.
Il sindacato può (e deve) permettere alla Fiat di far marciare gli impianti con il massimo di flessibilità in cambio di soldi e poteri di controllo, per esempio sui flussi transatlantici delle tecnologie. Ma il quesito più arduo si pone alla classe politica e finanziaria, che è già intervenuta in Telecom e Alitalia e che non può non vedere come le ultime grandi imprese industriali siano fiorite (e sfiorite) sotto l'egida dello Stato e di Mediobanca, ormai fuori gioco da 10-15 anni: se ritiene che la New Fiat interessi ancora al Paese, chi farà da contraltare agli americani? Le banche, le assicurazioni, le fondazioni, la Cassa depositi e prestiti, la Sace? Vecchie idee, si dirà. Ma neanche affidarsi al patriottismo di un uomo solo e delle sue stock option è una gran novità.

Massimo Mucchetti
30 agosto 2010

http://www.corriere.it/economia/10_agosto_30/fabbrica-italia-le-due-incognite-di-marchionne_1eb6e28a-b400-11df-913c-00144f02aabe.shtml
 
autofede2009 ha scritto:
che le sparate sui numeri servono solamente a far aumentare il titolo in borsa...

per il resto Alfa farà numeri solo se presenterà un ventaglio di prodotti adeguato alla richiesta del mercato...

il problema è che ad Alfa, per una serie di mancanze oggettive, oggi ci si avvicina con sospetto e si chiede oramai tutto...

ad esempio per dare un bel messaggio a livello europeo, italia inclusa, proporrei da subito la garanzia condizionata ai tagliandi presso la rete per 5 anni su tutti i nuovi prodotti...

Fede ma così tu vuoi la chiusura per fallimento non solo dell'alfa ma di tutto il gruppo ;)
 
L'articolo è a dir poco stupendo. Il mio commento sulle parole espresse dal giornalista del Corriere è molto semplici: in Italia non sappiamo "fare squadra" e questo danneggierà anche Fiat. Gli Usa, poveri in canna, ci utilizzeranno (giustamente) per rinsavire e, quando si tratterà di fare delle scelte "pesanti" su stabilimenti produttivi et similia, accadrà che Mr. Marchionne non troverà l'accordo con i sindacati italiani e, se pur dovesse trovarlo, ci si ritroverebbe con automobili non rifinite al meglio (si vedano le Alfa di Pomigliano). Meglio rifinita una 500 fatta in Polonia di una Mi.To fatta in Italia.... già.....
 
Viva l'ottimismo...

c'è un piccolo particolare che sfuge:

L'Audi sta sfornando la A1 anche a livello Amercano a alfa romeo non è ancora arrivata!! (è già tanto se ci arriva la fiat 500!!..)

Non solo,
son anni che dicono che Lancia dovrebbe vendere negli altri paesi....( extraeuropei..)

Tranne che anche fiat si concentri sul mercato cinese come fanno gli altri!!

saluti zanza
 

Guide

  • Dossier Auto Usate

    I programmi ufficiali delle case - Come smacherare i trucchi - Che cosa controllare ...
  • Problemi con l'auto

    Avviamento - Climatizzazione - Freni - Frizione - Interni - Luce - Rumori auto - ...
  • Revisione

    La revisione periodica - Costi e sanzioni
  • Patenti Speciali

    Il centro protesi INAIL - Guida - Acquisto - Traposto - Domande frequenti
Back
Alto