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Depenalizzare l'incesto. La proposta shock è della senatrice radicale del Pd Donatella Poretti, che chiede l'abrogazione degli articoli 564 e 565 del Codice penale sui reati contro la morale della famiglia. "Due articoli inutili dal momento che dal 1996 la violenza sessuale è divenuta un reato contro la persona, e non più contro la morale" e che "creano una confusione tra peccato e reato, tipica di Stati confessionali e non laici come il nostro".
L'articolo 564 del Codice penale prevede la reclusione da uno a cinque anni 'per chiunque commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea diretta, ovvero con un fratello o con una sorella, in modo che ne derivi scandalo pubblico'. "E' la sola nozione di pubblico scandalo -sottolinea Poretti- la condizione obiettiva di punibilita', mentre l'incesto come forma di abuso sessuale, come costrizione fisica o psicologica a compiere, o subire atti contro la propria volonta', si configura come reato penale solo grazie alla legge del 1996 contro la violenza sessuale".
La permanenza del reato di incesto nel Codice penale, spiega Poretti, ha conseguenze anche sul piano civile: "nonostante la riforma del diritto di famiglia del 1975, il Codice civile prevede ancora la dizione di 'figli incestuosi' cui mancano diritti e tutele come quello di essere gli unici privati della possibilita' di assumere uno status filiationis, che li esclude dal riconoscimento e dalla dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita' naturali".
"La conferma che piu' che un reato l'incesto debba intendersi come un peccato per alcune confessioni religiose -insiste Poretti- e' nelle parole di Angelo Bagnasco, che ha messo sullo stesso piano la richiesta di legalizzazione delle forme di convivenza, le relazioni incestuose e la pedofilia: 'Oggi ci scandalizziamo, ma se viene a cadere il criterio dell'etica che riguarda la natura umana, che e' anzitutto un dato di natura e non di cultura, e' difficile dire no. Se il criterio sommo del bene e del male e' la liberta' di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno, due o piu' sono consenzienti, fanno quello che vogliono perche' non esiste piu' un criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non piu' l'uomo nella sua liberta' di scelta, ma nel suo dato di natura'".
"Per i credenti cattolici siamo certi che queste parole sono una guida per i comportamenti personali, ma come cittadini di uno Stato laico preferiamo il pensiero di Martin Luther King: 'la mia liberta' finisce dove inizia la vostra'".
L'articolo 564 del Codice penale prevede la reclusione da uno a cinque anni 'per chiunque commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea diretta, ovvero con un fratello o con una sorella, in modo che ne derivi scandalo pubblico'. "E' la sola nozione di pubblico scandalo -sottolinea Poretti- la condizione obiettiva di punibilita', mentre l'incesto come forma di abuso sessuale, come costrizione fisica o psicologica a compiere, o subire atti contro la propria volonta', si configura come reato penale solo grazie alla legge del 1996 contro la violenza sessuale".
La permanenza del reato di incesto nel Codice penale, spiega Poretti, ha conseguenze anche sul piano civile: "nonostante la riforma del diritto di famiglia del 1975, il Codice civile prevede ancora la dizione di 'figli incestuosi' cui mancano diritti e tutele come quello di essere gli unici privati della possibilita' di assumere uno status filiationis, che li esclude dal riconoscimento e dalla dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita' naturali".
"La conferma che piu' che un reato l'incesto debba intendersi come un peccato per alcune confessioni religiose -insiste Poretti- e' nelle parole di Angelo Bagnasco, che ha messo sullo stesso piano la richiesta di legalizzazione delle forme di convivenza, le relazioni incestuose e la pedofilia: 'Oggi ci scandalizziamo, ma se viene a cadere il criterio dell'etica che riguarda la natura umana, che e' anzitutto un dato di natura e non di cultura, e' difficile dire no. Se il criterio sommo del bene e del male e' la liberta' di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno, due o piu' sono consenzienti, fanno quello che vogliono perche' non esiste piu' un criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non piu' l'uomo nella sua liberta' di scelta, ma nel suo dato di natura'".
"Per i credenti cattolici siamo certi che queste parole sono una guida per i comportamenti personali, ma come cittadini di uno Stato laico preferiamo il pensiero di Martin Luther King: 'la mia liberta' finisce dove inizia la vostra'".