<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> ACQUA POTABILE O DEPURATA? | Il Forum di Quattroruote

ACQUA POTABILE O DEPURATA?

BORSA: INVESTIRE IN ACQUA, GUADAGNI ANCHE OLTRE 30% / ANSA /
SUPERANO NETTAMENTE QUELLI DI INDICI RIFERIMENTO COMMODITIES


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13 Maggio 2006 14:29 ROMA (ANSA)

(ANSA) - ROMA, 13 mag - Addio a oro, petrolio o rame, il vero futuro degli investimenti in commodities si chiama acqua.
Con con guadagni garantiti che negli ultimi anni si sono attestati ad almeno il 20-30%.
E che hanno superato di netto i rendimenti medi degli indici generali del settore.
Mentre la domanda di infrastrutture per fornire e purificare l'acqua va aumentando sia nel mondo industrializzato che nei paesi emergenti, sempre più investitori stanno riempiendo i loro bicchieri di questo 'asset liquido'. Secondo un'indagine condotta dalla Insitutional Investor.com la categoria
specifica consiste nelle utilities e nelle società che distribuiscono
acqua, nelle aziende che producono tubi, filtri e valvole e in quelle
che forniscono servizi tipo la desalinizzazione o la depurazione
dell'acqua.
Secondo le stime di Goldman Sachs, il giro d'affari dell'industria globale dell'acqua è salito a 380 miliardi di dollari dai 250 miliari dell'anno prima.
Un basket di 12 utilities dell'acqua quotate sul mercato Usa ha generato ritorni annui di oltre il 18% dal 2000 al 2005.
Un rendimento ben superiore se confrontato al 7,8% medio
annuo che nello stesso periodo ha messo a segno l'indice generale delle
commodities del Commodity Research Bureau.
Per capire l'appeal di questi titoli liquidi, suggerisce l'indagine, bisogna tener conto soprattutto del fatto che l'acqua è una risorsa limitata e la domanda
sta esplodendo.
Solo negli Usa, ad esempio, l'Agenzia per l'ambiente stima che nei prossimi 20 anni dovranno esser spesi 500 miliardi di dollari per rinnovare una rete di infrastrutture ormai vecchia.
E in Cina si parla di 22 miliardi di dollari da investire in progetti
correlati all'acqua che dovranno esser sviluppati nei prossimi sette
anni.
Secondo Hans-Peter Portner, manager del più grande fondo mondiale
che investe in asset 'acquatici', lo svizzero Pictet Global (del valore
di 1,2 miliardi di dollari), quello dell'acqua è un mercato con
crescite a due cifre, cosa che ormai non succede più in troppi casi.
Ebbene, il suo fondo nei 12 mesi terminati a febbraio di quest'anno ha
registrato un rialzo del 33,4% contro il 26,1% dell'indice generale
delle commodities, con ritorni annualizzati in tre anni del 24% contro
il 18,3% del benchmark.
Secondo Ben Walker, manager del Gartmore Global
Utilities Fund, il cui portafoglio è per il 7% investito in asset
dell'acqua, è convinto che questo tipo di utilities "offrono un
servizio essenziale la cui redditività è garantita, con dividendi che
in media si aggirano intorno al 5%".
Il vero problema, fanno però notare gli operatori, è che a tutt'oggi di prodotti di investimento incentrati sulle aziende dell'acqua ne esistono ancora pochi, ma le cose, assicurano tuttavia, potranno certamente cambiare.(ANSA).

:D 8) :rolleyes: ;) :lol:

E c'è chi vuole privatizzare le reti pubbliche dell'acqua potabile e le sorgenti pubbliche. Adesso ne conoscete la ragione.

Ecchè ciò scitto Joe Condor in fronte?
E' vero che siamo tutti Pantalone, ma questo non vuol dire automaticamente Fe.ssi, almeno spero.
 
Acqua in Bocca: Vi abbiamo venduto l'Acqua.
Rosaria Ruffini.

Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul Grembiule a Scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei graffiti, il Governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla Privatizzazione dell'ACQUA PUBBLICA.
Il Parlamento Sovrano ha votato l'articolo 23 bis del Decreto Legge 112 del Ministro Tremonti che afferma che la Gestione dei Servizi Idrici deve essere sottomessa alle Regole dell'Economia Capitalistica.
Così il Governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'ACQUA non sarà più un BENE PUBBLICO, ma una Merce, dunque, sarà gestita da Multinazionali Internazionali (le stesse che già possiedono le Acque Minerali).
Già a Latina la VEOLIA (multinazionale che gestisce l'Acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%.
Ai Consumatori che protestano, VEOLIA manda le squadre di Vigilantes armati e Carabinieri per staccare i Contatori.
La Privatizzazione dell'ACQUA che sta avvenendo a Livello Mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei Paesi più Poveri. L'ACQUA è Sacra in ogni Paese, Cultura e Fede del mondo: l'Essere Umano è fatto per il 65% d'ACQUA, ed è questo che il Governo Italiano sta mettendo in Vendita.
L'ACQUA che sgorga dalla Terra non è una Merce, è un Diritto Fondamentale Umano e nessuno può appropiarsene per trarne Illecito Profitto.
L'ACQUA è l'Oro Bianco per cui si combatteranno le prossime Guerre.
Guerre che saranno dirette dalle Multinazionali alle quali oggi il Governo, preoccupato per i Grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo.
ACQUA in BOCCA.

Docente di Teatro allo IUAV.
 
28/04/2009 14:10
ASIA CENTRALE
In Asia centrale si profila una ?guerra? per l?acqua.

Nessuna novità dall?incontro tra i cinque Stati della zona. Kirghizistan e Tagikistan potrebbero costruire bacini idroelettrici e impoverire i corsi d?acqua a valle, essenziali per gli altri Paesi della zona. Intanto muore il lago Aral, già 4° del mondo e ora prosciugato per il 90%.

Astana (AsiaNews/Agenzie) ? Si è svolto ad Almaty (Kazakistan) il summit annuale dei Paesi dell?Asia centrale (Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkmenistan e Tagikistan) sulle risorse idriche, da sempre questione assai controversa tra questi Paesi. Hanno anche discusso del lago Aral, sempre più inquinato e che appare arduo salvare dal progressivo prosciugamento.

L?acqua è una risorsa essenziale nell?arida Asia centrale, ma dopo il crollo dell?Unione Sovietica questi Paesi non sono riusciti a collaborare per distribuirla e preservarla.

Gli Stati ?a valle?, Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan, hanno necessità di grandi quantità d?acqua per le coltivazioni (soprattutto cotone) e per le industrie agricole. Ma Kirghizistan e Tagikistan, dalle cui montagne passano circa l?80% delle risorse idriche della regione, lamentano che gli altri Paesi vendono loro a prezzi elevati l?energia di cui sono ricchi, e che manca invece loro, e pretendono di ricevere l?acqua senza concedere nulla in cambio. Da tempo dicono che dovranno creare grandi bacini per fini idroelettrici, impoverendo i corsi dei fiumi a valle. Soluzione osteggiata con forza da Tashkent che sostiene che l?acqua è un bene naturale di cui nessuno può essere privato.

In epoca sovietica c?era una condivisione delle risorse idriche ed energetiche tra i 5 Stati. Ma questo sistema è cessato da tempo e la Russia non è stata nemmeno invitata all?incontro.

L?eccessivo sfruttamento delle risorse idriche e la siccità degli ultimi anni hanno intanto portato il lago Aral (nella foto) al disastro ecologico, con un prosciugamento del 90% in pochi decenni. Nel 1960 era il 4° maggior lago del mondo, al confine tra Kazakistan e Uzbekistan, ma poi i fiumi Syr Darya e Amu Darya sono stati deviati per irrigare cotone e riso. Il bacino è sceso di 20 metri e da anni è ormai diviso in due parti, inquinato da sale e sostanze tossiche.

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Un disastro ecologico causato dall'uomo, che non ha compreso la lezione e prevede di aggravare la penuria d'acqua e desertificare grandi aree dei paesi dell'Asia Centrale Ex-Sovietica.

Se i paesi a monte costruiranno le dighe ci saranno aspri "battibecchi".

Più vicini al Mediterraneo, i Turchi hanno detto che faranno dighe sul Tigri e sull'Eufrate, ponendo a rischio le riserve d'acqua e lo sviluppo agricolo a valle negli stati di Siria e Iraq.

Praticamente sulle coste del Mediterraneo, gli Israeliani sono accusati di rubare l'acqua del Giordano alle sorgenti in Libano e sulle alture del Golan.
 
Per Aspera ad Veritatem N.13 gennaio-aprile 1999
Vincenzo STRIKA

Il problema dell?acqua nei Paesi arabi.

Problemi economici e politici.
Può sembrare strano che su una rivista di intelligence si parli dell'acqua. La stessa osservazione si faceva un tempo per il petrolio, usato da millenni, ma che solo nel 1906 salì alla ribalta internazionale, quando la Royal Navy su proposta di Churchill, allora primo Lord dell'Ammiragliato, decise di passare dalla navigazione a carbone a quella a nafta. L'acqua è più essenziale del petrolio. Se ne parla, principalmente per il ruolo svolto nel conflitto arabo-israeliano e nel "processo di pace". In realtà il problema è molto più esteso e destinato a incidere sulle scelte politiche di un futuro non molto lontano per almeno quattro motivi: 1) il tenore di vita è destinato a salire, anche nei paesi in via di sviluppo; 2) l'inquinamento atmosferico accompagnato dalla
deforestazione è destinato ad alterare il clima del pianeta; 3) la crescita demografica va dallo 0,3% in Europa al 3% nei paesi arabi e 2,9% in Africa; 4) i fiumi transnazionali in condizione di carenza idrica sono suscettibili di suscitare conflitti. E' questo il punto più appariscente sul piano politico e del diritto che cumulato agli altri può divenire incontrollabile. I punti 1) e 3) non hanno bisogno di commento. E' il secondo che forse richiede qualche chiarimento. C'è relativa concordia sul fatto che la temperatura terrestre subirà nei prossimi decenni un rialzo.
La discordia nasce sull'entità, valutata da 1° a 5°, con punte massime ai poli, dove la temperatura potrebbe crescere di 10-12°. Il disgelo accompagnato dal rialzo della temperatura potrebbe elevare, sia pur di poco, la superficie del mare (1) . Si pensi quali disastrosi effetti potrebbe avere il fenomeno su regioni fertili, quali il delta del Nilo o lo Shatt al-'Arab. Il nostro pianeta ha già subito variazioni climatiche di ben altra entità, ma esse sono avvenute in archi di tempo lunghissimi, mentre le attuali alterazioni dell'uomo, sono avvenute in un centinaio di anni. Se anche l'impatto sarà limitato, potranno verificarsi alterazioni climatiche anche brusche, come inaspettate siccità, seguite da piogge torrenziali, con effetti catastrofici, forse già in atto. La piovosità
potrebbe aumentare del 15% che se equamente distribuita potrebbe avere un effetto benefico (2) . Ma le previsioni sono di segno contrario, poiché la piovosità si concentra maggiormente nelle regioni montuose,
dove nascono i fiumi con effetti talvolta catastrofici per le regioni a valle. I paesi che traggono le loro risorse idriche da fiumi transnazionali potrebbero essere soggetti a inondazioni più frequenti, più pericolose della
stessa siccità. E' certamente prematuro addentrarsi in queste previsioni, ma se dovessero avverarsi le conseguenze potrebbero essere molto gravi, dai flussi migratori, sempre più intensi, a veri e propri conflitti.
Le potenzialità di un conflitto sono evidentemente maggiori nel caso dei fiumi transnazionali, quando cioè il bacino fluviale è condiviso da più paesi e il paese a monte ha di fatto il controllo delle acque. Il caso si presentò per la prima volta nel Rio Grande tra Stati Uniti e Messico e diede origine alla cosiddetta dottrina Harmon (3) , dal nome del generale che nel 1985 sostenne che il paese a monte non aveva "doveri" nei confronti del paese a valle, in sostanza non esisteva un "bacino fluviale" con diritti e doveri per tutti i paesi interessati. Questa dottrina è oggi contestata da convenzioni e istituti internazionali, ma è pur sempre il punto di riferimento, qualora un determinato paese se ne voglia avvalere per ragioni economiche o politiche o,
stando alle previsioni più pessimistiche del futuro, di pura necessità (4) .
L'acqua non è nuova agli interessi internazionali. La politica egiziana sin dall'epoca faraonica tendeva al controllo delle sorgenti del Nilo. L'incidente di Fascioda tra Francia e Gran Bretagna fu motivato anche dalla determinazione
di controllare le fonti del Nilo. Ma oggi la politicizzazione è molto più evidente. Nel processo di pace araboisraeliano, ad esempio, il problema idrico è forse il più scottante, per non dire irrisolvibile. Non è quindi sorprendente il susseguirsi di incontri e convegni. Soltanto il 1997 ne ha registrati due, il primo dall'8 al 10 marzo nel Kuwait (5) , il secondo a Marrakech in Marocco dal 21 al 22 marzo. Quest'ultimo è giunto alla conclusione che intorno al 2050 soltanto una trentina di paesi avranno la piena autosufficienza idrica(6) . Non
molto diverse le conclusioni della conferenza di Parigi del marzo 1998. Le Nazioni Unite parlano di trecento zone a "rischio" di conflitto, mentre la Banca Mondiale ritiene che molti paesi dovranno ricorrere a importazioni d'acqua, come qualsiasi bene di consumo, e già si parla di privatizzazioni, come sperimentato in Cile. I costi globali per risolvere il problema sono valutati a 200-250 miliardi $.
Il 2050 è ancora lontano, ma le previsioni per gran parte del mondo arabo sono molto più vicine e in taluni casi già attuali. I ventuno paesi della Lega Araba si estendono su una superficie di circa 14 milioni di kmq, cioè il 9,2% della terra, ma il 40% è deserto e un altro 40% semideserto. Sono pochi i paesi in cui le precipitazioni sono sufficienti per l'agricoltura (Libano, parte della Siria, dell'Iraq, del Maghreb e dello Yemen). Il 67% non supera all'anno i 100 mm. A ciò bisogna aggiungere l'irregolarità delle piogge e l'alta temperatura, la prima può suscitare inondazioni, particolarmente in Iraq che ha un'intera letteratura al proposito, la seconda contribuisce all'evaporazione e quindi all'alta salinità dell'acqua fluviale, entrambi i fenomeni sono presenti anche nei wadi, i corsi d'acqua stagionali, la cui acqua finisce in gran parte perduta.
Si ritiene che le acque rinnovabili del mondo arabo siano 338 miliardi mc all'anno. L'uso presente si aggira intorno ai 172 miliardi mc all'anno. Ma verso il 2030 la richiesta sarà di 435 miliardi mc, con un deficit quindi di 100
miliardi mc, che secondo l'ACSAD (7) , potrebbe giungere a 258 miliardi mc (8) . Queste risorse sono distribuite in modo alquanto disuguale. Si va da 115 mc pro capite in Libia, ai 5000 mc, nelle stagioni piovose, in Iraq, dove però
l'acqua è molto salina, tanto che il paese, un tempo grande produttore agricolo, era prima dell'embargo un grande importatore di prodotti alimentari. Ma anche l'Iraq è ben al di sotto della media mondiale che è di circa 12.000 mc.
Quanto all'uso, secondo le statistiche del 1996, esso è così distribuito: agricoltura 164.925 milioni mc, industria 10.189 milioni mc, uso domestico 12.451 milioni mc.
I paesi arabi hanno in media una crescita demografica del 3% (9) che è la maggiore del mondo. Nel 1970 la popolazione era di 126 milioni, nel 1995 raggiunse i 252 milioni, alla fine del 2000 sarà di 290 milioni. Tale crescita
non è equamente distribuita. Dall'1,7% della Tunisia, si arriva ai 4,2% del Kuwait e dell'Arabia Saudita. Soltanto in pochi paesi, come l'Egitto, si è registrata un'inversione di tendenza. I paesi del CCG hanno il maggiore tasso di crescita, in quanto poco popolati, tendono a sostituire al più presto la manodopera straniera da cui dipendono. In questi paesi metà della popolazione ha meno di quindici anni con tutte le conseguenze per lo stato sociale che questa situazione comporta.
In Arabia Saudita fino a pochi anni or sono l'acqua era gratuita. Nella crisi che ha colpito il paese, il governo è stato indotto a introdurre tariffe differenziate sulla base del reddito familiare. Nel paese in cui le precipitazioni sono molto
scarse, le acque sotterranee costituiscono una risorsa considerevole. Purtroppo queste acque non sono rinnovabili e d'altra parte risalendo ad antiche epoche geologiche, spesso necessitano di un trattamento, prima di essere utilizzate. Inoltre, talvolta sono condivise con un paese vicino il che come nel caso della Giordania può suscitare attriti. Nel Golfo quindi i paesi sono stati costretti a intensificare la produzione mediante gli impianti di desalinazione. L'Arabia Saudita è in testa con una produzione annua pari a 4,2 miliardi mc che costituiscono il 57% dell'acqua prodotta in questo modo in tutto il mondo. Esistono nel paese 1137 impianti di desalinazione capaci di produrre al giorno oltre 100 mc (10) . L'Italconsult era attiva in questo settore già negli anni Sessanta (11) .
La desalinazione cui dovranno puntare un po' tutti i paesi arabi è un sistema piuttosto costoso. Il costo al mc si aggira da 1 a 1,9 $, ma con i costi per la distribuzione arriva a 2,5 $ al mc. Nelle monarchie del golfo, il sistema è
agevolato dal basso costo energetico. Con tutto questo, però, persistendo l'attuale crescita demografica, si ritiene che 1/5 delle entrate petrolifere al prezzo attuale, relativamente basso, andranno alla desalinazione (12) . I costi
potrebbero sensibilmente diminuire ove esistesse maggiore competitività nel settore e i centri di ricerca locali fossero in grado di dare un contributo significativo.
Anche gli altri sistemi alternativi comportano un problema di costi. Tentativi di pioggia artificiale sono stati fatti in vari paesi arabi, Siria, Giordania, Libia e Marocco, ma soltanto in Siria hanno dato risultati promettenti. Il sistema di
produrre acqua utilizzando la nebbia, è stato sperimentato in Cile, Canada e Germania. Nei paesi arabi, dove il fenomeno è raro, è stato sperimentato nell'Oman, ma con scarso successo. Si parla del trasporto dell'acqua via mare specialmente con le petroliere che al ritorno ripartono vuote.
Ecco un quadro dei costi dei sistemi alternativi per mc: desalinazione: 1-1,9 $; pioggia artificiale (Siria): 0,02 cents; trasporto marittimo: 0,2-0,6 $; trasporto con acquedotto (Peace pipeline): 0,8 -1 $; sorgenti sotterranee: 0,17-0,5 $;
trattamento salinità: 0,25-0,5 cents (13) . Il fattore più rilevante sul piano politico è il fatto che buona parte delle risorse idriche (per taluni l'85%) ha origine nei paesi vicini (Etiopia, Turchia, Guinea, Iran, Senegal, Kenya, Uganda e Zaire). I paesi arabi sono cioè (con l'eccezione dell'Oronte) a valle del bacino fluviale e quindi più vulnerabili. La situazione dei bacini sotterranei sotto questo aspetto è migliore, ma nulla esclude possibili attriti, come nel caso del Great Man-Made River (14) libico del costo di almeno 25 miliardi $ che attinge da un enorme deposito condiviso tra Libia, Ciad, Sudan ed Egitto.
Non è sorprendente quindi che il problema delle acque transnazionali abbia attirato l'attenzione delle istituzioni internazionali almeno dagli anni Settanta. I risultati, però, sono stati scarsi, poiché si tratta di indicazioni che devono
essere accettate dalle parti in causa, come le raccomandazioni dell'International Law Association di Helsinki, e il Draft Treaty Concerning Transboundary Groundwater di Bellagio nel 1988. Tutto è lasciato dunque agli accordi bilaterali e multilaterali che il più delle volte sono provvisori (15) .
I paesi arabi sono percorsi da fiumi famosi, come il Nilo, il Tigri e l'Eufrate, tutti e tre però hanno origine al di fuori del mondo arabo. Il bacino del Giordano a sua volta è conteso tra Siria, Giordania e Israele e costituisce, come vedremo, uno dei maggiori problemi del processo di pace. Agevole fu a suo tempo soltanto la soluzione per il bacino del Senegal che interessa, oltre al Senegal, il Mali, la Guinea e tra i paesi arabi la Mauritania. Gli accordi di Bamako nel 1963 e Dakar nel 1964 hanno portato alla costituzione di un "consiglio" ministeriale, ma non sono mancate complicazioni.
Il bacino del Nilo interessa: Etiopia, Sudan, Egitto - i paesi più interessati - e inoltre Eritrea, Uganda, Kenya, Tanzania, Ruanda, Burundi e Zaire. La questione delle sorgenti del Nilo interessò la diplomazia europea già nell'800
con gli accordi di Berlino nel 1884. Seguì il protocollo di Roma nel 1891, tra Gran Bretagna, Italia e Francia e gli accordi tra Gran Bretagna e Etiopia nel 1902 e Gran Bretagna e Congo nel 1906. Le intese raggiunte stabilivano che
nessuno dei paesi firmatari poteva iniziare lavori senza consultare le parti interessate. Nel 1929 la Gran Bretagna riuscì a concludere un accordo tra Egitto e Sudan, al tempo entrambi occupati dagli inglesi. Venne stabilito che
all'Egitto andassero 48 miliardi mc/anno e 4 miliardi mc al Sudan. La disparità deriva dal fatto che l'Egitto dipende per il 90% dalle acque del Nilo, laddove il Sudan, almeno nel Sud è relativamente ricco d'acqua. Queste percentuali furono corrette nel 1959 con 55,5 miliardi mc che dovevano andare all'Egitto e 18,5 miliardi mc al Sudan. Gli eventuali contenziosi dovevano essere risolti da un organismo internazionale.
Nel 1967, Egitto, Sudan e i paesi del Corno d'Africa si impegnarono a elaborare un sistema equo per la distribuzione delle risorse idriche del bacino, soprattutto negli anni di siccità. Venne così costituita una commissione di esperti nella quale l'Etiopia entrò come osservatore. Nel 1992 i paesi del bacino del Nilo hanno istituito un Consiglio Ministeriale, Egitto, Sudan ed Etiopia, sono tutti paesi a "rischio" idrico, ma è indubbio che è l'Egitto a trovarsi nelle condizioni peggiori. La sua popolazione è assiepata intorno al Nilo e sul delta. L'incremento demografico implica un'estensione dell'area urbana, che toglie all'agricoltura terre altamente produttive, per non parlare dell'inquinamento delle acque. L'Etiopia, a parte l'irregolarità delle precipitazioni, è il paese più privilegiato, tra l'altro la sua conformazione consente meglio che altrove la creazione di laghi artificiali, ma anche qui l'effetto demografico potrebbe portare a modificare l'atteggiamento attuale, deviando, ad esempio, le acque del Nilo Azzurro. L'Etiopia, inoltre, paese non ricco, potrebbe essere indotto a "vendere" l'acqua così come un tempo si parlò di fare tra Sudan e Arabia Saudita, poi tra Libano e Paesi del Golfo e come oggi parla di fare la Turchia con il Peace Pipeline. Il Sudan ha grandi potenzialità agricole, tanto che a Khartum ha sede l'Organizzazione della Lega Araba per l'Agricoltura. Il Nord ha comunque un clima molto simile all'Egitto. Con tutto questo il paese nel suo complesso potrebbe divenire uno dei granai del mondo arabo. Nel periodo di Sadat, Egitto e Sudan avevano tentato
l'unificazione. Si parlò di un "Parlamento del Nilo". Nel 1975 fu raggiunto un accordo per il Jonglei Schema che avrebbe dovuto recuperare parte delle acque che vanno perdute, senonché i lavori furono interrotti nel 1983 in
seguito alla guerra civile. Sul Nilo dopo la pace con l'Egitto nel 1979, puntava anche Israele, ma l'allora presidente etiopico Mengistu si oppose. I lavori alla famosa diga di Aswan hanno consentito in talune zone anche tre raccolti. Essi hanno inoltre attenuato l'effetto delle inondazioni e consentito di evitare i danni della siccità, specialmente quella terribile del 1984, ma l'acqua esposta più a lungo all'evaporazione è soggetta ad alta salinità. Al passivo anche la riduzione delle acque sotterranee rinnovabili (16) e i danni alla pesca nel Mediterraneo. Più complessa è la situazione dei grandi fiumi mesopotamici, il Tigri e l'Eufrate che entrambi però nascono in Turchia per congiungersi a Qurna, 140 km dal Golfo formando lo Shatt al-'Arab nel quale si riversa anche il Karun all'altezza del Khurramshahr, fornendo così all'Iran un ulteriore motivo per la sua controversia con l'Iraq (17) . Ma è con la Turchia che il contenzioso sta assumendo dimensioni preoccupanti da quando la Turchia ha avviato
negli anni Ottanta il progetto del GAP (Guney Anadolu Projesi) che comporta la costruzione di ventidue dighe che dovrebbero bonificare una vasta zona meridionale, mentre il Peace Pipeline dovrebbe produrre 2,5 milioni di mc al
giorno per l'esportazione (18) . Si parlò anche di Gulf Pipeline diretto al Golfo. 2/3 dell'acqua dovrebbe arrivare dall'Eufrate e 1/3 dal Tigri. E' chiaro che il progetto, la cui conclusione è prevista per il 2010, danneggia la Siria e
l'Iraq e pertanto può alterare l'intero assetto regionale già soggetto alle note tensioni (19) . I due fiumi hanno regimi e percorsi differenti. Il 98% delle acque dell'Eufrate ha origine in Turchia, laddove il Tigri che nasce anch'esso in Turchia ha un percorso diverso. Per 32 km, esso segna il confine tra Turchia e Siria, in base al protocollo del 1930, concluso all'epoca del mandato francese. Il Tigri nasce anch'esso in Turchia, ma il 58% dell'acqua appartiene all'Iraq anche se in parte calando dallo Zagros, qualche rivendicazione potrebbe essere avanzata dall'Iran.
I confini tra Turchia, Siria e Iraq sono stati tracciati in epoca coloniale. Il trattato di Losanna nel 1923 (senza la Siria), sottolineava la necessità di consultazioni dirette tra Iraq e Turchia, qualora dovessero intervenire modifiche al naturale percorso dei fiumi. Seguì nel 1926 il Trattato di Amicizia e Buon Vicinato tra Turchia e Siria (senza l'Iraq).
Le disposizioni del 1923 furono confermate nel 1946, ma soltanto tra Turchia e Iraq che fino all'uscita dell'Iraq dal Patto di Baghdad militavano nella stessa alleanza. Ma dopo la caduta della monarchia in Iraq nel 1958 i rapporti si
complicarono, fino a quando la rivoluzione islamica in Iran nel 1979 non portò al riavvicinamento e alla firma di un protocollo di cooperazione tecnica ed economica, esteso soltanto nel 1983 alla Siria con la costituzione di una
commissione che iniziò lunghe trattative che portarono, però, a un accordo soltanto tra Siria e Turchia. Nel 1987, la Turchia si impegnò a cedere alla Siria 500 mc d'acqua al secondo delle acque dell'Eufrate. Fu quindi raggiunto un
accordo tra Siria e Iraq con la quale la Siria si impegnava a cedere all'Iraq il 58% delle acque cedute dalla Turchia. L'intesa del 1987 fu confermata nel settembre 1992 al vertice di Ankara. Senonché l'avvicinamento turco-israeliano
culminato negli accordi del marzo 1996 ha indotto la Siria a convocare a Damasco i MAE di sette paesi arabi che hanno sollecitato un accordo permanente in sostituzione degli accordi precedenti (20) .
Ancora più complessa è la situazione nel bacino del Giordano che interessa Siria, Giordania, Israele, territori occupati, e se vogliamo il Libano. Il bacino del Giordano produce all'anno 1,88 miliardi mc, di cui però 630 milioni
mc si perdono per l'evaporazione. I principali affluenti sono il Hasabani che nasce nel Libano e il Banyas che nasce nel Golan. Del bacino del Giordano fa parte anche lo Yarmuk che nasce in Siria. Interessando una delle aree più
delicate del mondo, nella questione intervenne nel 1953 lo stesso presidente USA Eisenhower che incaricò il suo inviato Eric Johnston a elaborare un piano accettabile a tutti. La sua mediazione non fu formalmente accettata da
nessuna delle parti in causa, ma di fatto costituì un modus vivendi. Negli anni Sessanta, Israele iniziò la colonizzazione del Negev, l'area meno ricca d'acqua del paese. Fu prosciugato il lago Hula, e deviate le acque dello
Yargon, ma iniziarono anche lavori a danno del Giordano e Israele minacciò l'uso della forza nel caso Giordania e Siria avessero tentato di deviarne le acque (21) . La situazione cambiò radicalmente, dopo la guerra dei "sei giorni"
nel 1967, in quanto Israele si impadronì delle principali sorgenti del Giordano, ma non dello Yarmuk.
Successivamente con l'invasione del Libano del 1982, Israele rafforzò ulteriormente il controllo delle risorse idriche regionali.
Bisogna ricordare che le fonti idriche del bacino sono già sovrasfruttate, specialmente in Giordania e territori occupati, che hanno un incremento demografico del 3,6% e del 3,8% rispettivamente. Le condizioni di Israele sono migliori, ma l'80% dell'acqua è tolta ai territori occupati. Israele controlla 2000 milioni mc di acqua, le cui sorgenti si trovano nei paesi arabi. In Cisgiordania la situazione è particolarmente a sfavore dei palestinesi, da quando Israele iniziò la colonizzazione programmata della regione (22) . Dei 700-900 mc d'acqua sotterranea prodotta all'anno,
soltanto 130 milioni mc vanno ai palestinesi. Il vespaio della striscia di Gaza coi suoi campi profughi e oltre 4000 abitanti per kmq è in condizioni ancora peggiori; alle poche migliaia di coloni ebraici vanno le risorse idriche
migliori. E' ben vero che ai profughi l'acqua serve soltanto per uso domestico. Non è quindi sorprendente come nell'intifada scoppiata a Gaza nel dicembre del 1987 l'acqua sia già entrata nella protesta araba.
In Giordania le acque rinnovabili sono 275 milioni mc all'anno, quelle non rinnovabili, cioè sotterranee, sono 190 milioni mc. Il resto viene dalle piogge che, però, interessano soltanto poche province e consentono una limitata
produzione agricola. Se non interverrà la desalinazione, verso il 2005 il paese entrerà in una grave crisi idrica, malgrado l'accordo del 1987 con la Siria per la costruzione delle diga dell'"unità" sullo Yarmuk.
Il trattato di pace tra Giordania e Israele dell'ottobre 1994 (allegato II, 3) invitava Israele a trasferire dal lago di Tiberiade in Giordania 50 milioni mc all'anno entro l'ottobre del 1995. Altri 50 milioni mc dovevano essere trasferiti
dalla Bayt She'an Valley. Ma questa seconda parte suscitò proteste in Israele e il governo di Netanyahu non ha certo favorito la soluzione. Il 6 maggio 1997 i negoziati furono interrotti e soltanto dopo lunghe trattative il 18 maggio
1997 Israele iniziò a trasferire 20 milioni mc dal Lago di Tiberiade al King Abdallah Canal in Giordania (23) , ma questo soltanto perché c'era stata una stagione piovosa. Il 10 novembre 1997 fu raggiunto un accordo tra i due paesi
per il Jordan Plan Development che prevede anche impianti di desalinazione, ma esso è stato criticato negli ambienti palestinesi, dove non si è andato molto oltre al comitato congiunto con poteri transitori, previsto dall'Allegato III,
40, di Oslo II.
Questa situazione è destinata a pesare sul processo di pace. Un rapporto dell'UE prevede che verso il 2020 le risorse idriche di Israele saranno dimezzate, e in Giordania ridotte di 2/3. A Gaza la disponibilità non andrà oltre i 45 mc pro capite. E' quindi comprensibile come gli accordi sull'acqua siano criticati da entrambe le parti: per gli Arabi non risolvono il problema, mentre in Israele c'è la sensazione che una conclusione equa del processo di pace finirebbe inevitabilmente col danneggiare le riserve idriche del paese. Israele ha quindi in mente soluzioni regionali di più ampio respiro. Abbiamo già ricordato il tentativo del 1979 di attingere al Nilo. Il rovesciamento di Mengistu in Etiopia avrebbe potuto agevolare tale prospettiva, se non fosse intervenuta la guerra civile nel Sudan. D'altra parte i buoni rapporti che Israele mantiene tradizionalmente con i paesi non arabi, come l'Etiopia, a più riprese hanno
insospettito l'Egitto. Nelle condizioni attuali dell'Iraq l'attenzione potrebbe volgersi verso i fiumi della Mesopotamia che nascono in Turchia. Nei vari accordi turco-israeliani del 1996 è da vedere anche questa prospettiva. L'ostacolo è la Siria che gioca da tempo la carta del PKK contro il governo di Ankara. Vale la pena di ricordare che il Peace Pipeline per giungere in Giordania, Israele e Arabia Saudita dovrebbe passare per la Siria, ma una soluzione alternativa è attraversare il Kurdistan iracheno che tra l'altro raccoglie gran parte delle acque che si riversano nel Tigri. Ma il problema curdo, dopo le due guerre del Golfo, è divenuto talmente grave da indurre i paesi dove esiste questa minoranza a una certa collaborazione.
Come si vede esistono nel Medio Oriente tutte le potenzialità per un conflitto sull'acqua (24) . Abbiamo lasciato da parte la guerra civile nel Sudan, l'intervento libico nel Ciad a l'occupazione israeliana del Libano meridionale, tutti problemi nei quali l'acqua svolge o ha svolto un ruolo importante. Il conflitto potrà essere evitato soltanto nell'ambito di una collaborazione regionale nella quale i paesi del bacino del Tigri, Eufrate, Nilo e Giordano
diventino non dico "alleati", ma perlomeno vincolati da un trattato di pace, ipotesi che l'attuale situazione di alleanze contrapposte e lo stallo dei negoziati arabo-israeliani sembrano escludere. La Turchia, ad esempio, (assieme a Cina e Burundi) ha votato contro la Convention on the Law of Non-Navigational Use of International Watercourses, approvata a larghissima maggioranza il 21 maggio 1997 (25) .
D'altra parte il commercio e la privatizzazione del settore può risultare destabilizzante, accentuando i già gravi scompensi sociali a tutto vantaggio dei movimenti estremisti. Ricordiamo che per il diritto islamico l'acqua è un
bene comune. Naturalmente, esiste l'alternativa della pace assicurata con la forza, con Turchia, Israele ed Egitto, trasformati in una sorta di "guardiani" delle risorse idriche regionali. Una soluzione, però, alquanto pericolosa per i
paesi "deboli" che bene o male dovrebbero subire il ricatto militare dei paesi "forti", due dei quali, Egitto e Turchia, potrebbero fare la stessa fine dell'Iran dello shah, già "guardiano" del petrolio del Golfo.

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(1) J.T. Houngton, B.A. Collander, S.K. Varney (Eds), Climate Change, Cambridge 1992; R.D. Cess, Uncertainties
in carbon dioxide radiative forcing in atmospheric circulations models, in Science 262, 1993, 1252-54; T. Homer-
Dixon, On the threshold: Environmental causes of acute conflict, in International security, 16.12.1991.
(2) F.A. Bazzaz, Global Climate Change and Its Consequences for Water Availability in the Arab World, in Water in
the Arab Word. Perspectives and Prognoses (Eds. P. Rogers- P. Lydon) Harward University Press, 1994, p. 246.
(3) J. Wartebury, Transboundary Water and the Challenge of International Cooperation in the Middle East, in
Water..., p. 46.
(4) Ibid., pp. 46 sgg.; Th. Naff, Conflict and Water Use in the Middle East, in Water...., pp. 262-272.
(5) Le fonti idriche e il loro uso nel mondo arabo (in arabo), Kuwait 1997.
(6) Paesi arabi, maggio 1997.
(7) L'ACSAD (the Arab Center for the Study of Arid Zones and Dry Lands) è l'organismo della Lega Araba per le
risorse idriche con sede a Damasco.
(8) 'Abd Allah 'Abd ar-Razzaq 'Ar'ar, L'uso dell'acqua per l'agricoltura nel mondo arabo (in arabo), in Le fonti
idriche..., p. 287.
(9) Statistiche ACSAD, in Le fonti idriche..., pp. 39-44. In Europa con una crescita dello 0,3%, il raddoppio della
popolazione avverrà in 233 anni contro i 100 anni di USA e Giappone.
(10) Taysir ad-Dabbagh-Ahmed Belhaj Faraj, Le fonti idriche artificiali (in arabo), in Le fonti idriche..., p. 228.
(11) ASMAE, Ambasciata Gedda- DGAE, 23.12.67 (Tel. A.P. 1967). Recentemente l'Ansaldo ha vinto un appalto
per desalinazione nel Kuwait.
(12) Taysir ad-Dabbagh-Ahmed Belhaj Faraj, Le fonti idriche artificiali (in arabo), in Le fonti idriche..., p. 229.
(13) 'Abd Allah 'Abd ar-Razzaq 'Ar'ar, cit., pp. 307-320.
(14) R. Musallam, Water Sources of Conflict in the Middle East (Gulf Center for Strategic Studies), London 1991,
pp. 7-9; O. Salim-S.A. Kedri, Water resources of Libya. 1990-2000, in Fifth Meeting of the Permanent Arab
Committee for International Hydrologic Program, 1992.
(15) Th. Naff, cit., pp. 265 sgg., con un interessante saggio sul diritto islamico al proposito.
(16) Ahmad Mammu. Gli aspetti ambientali delle risorse idriche, in Le fonti idriche ..., pp. 384-86.
(17) V. Strika, Lo Shatt al-'Arab. Origini recenti e remote della controversia Iran-Iraq, in Suppl. N. 36, AIUON,
1983, pp. 61-71.
(18) GAP. The South-East Anatolian Project Master. Plan Study, Ankara 1990; J.Kolars-W.A.Mitchell, The
Euphrates River and the Southeast Anatolia Development project, Carbondale (Illinois) 1991.
(19) N. Berschoner, Le rôle de l'eau dans la politique régionale de la Turquie, in Maghreb-Machrek, 138, 1992
(20) Hurriyet, 2.1.96.
(21) G.C. Stevens, Jordan River Partition, Stanford University 1967. Per la situazione successiva: J. Waterbury, cit.,
pp. 61-64.
(22) M. Benvenisti, The West Bank Data Project, Washington 1984.
(23) Financial Times, 7.5.97.
(24) J. Bulloch-A. Darwish, Water Wars, Coming Conflict in the Middle East, London 1993 e il recentissimo:
W.Scheuman-M. Schiffer, Water in the Middle East, Potential Conflict and Prospect of cooperation, Berlin 1998.
(25) United Nation General Assembly, UN Document GA/9248, 21 May 1997.

http://www.sisde.it/sito/Rivista13.nsf/ServNavig/9
 
Da: " Come sarà il mondo nel 2025."

L?acqua è di fatto già un problema per l?intera umanità.
Meno del 2 per cento delle riserve idriche dell?intero pianeta è costituito da acque perfettamente pulite, ma la maggior parte di queste sono congelate ai
poli.

Il futuro è molto semplice: bisogna imparare a risparmiarla,
mantenerla pulita e aumentare la desalinizzazione dell?acqua di mare,
ovviando in questo caso al maggior consumo di energia elettrica
necessaria all?operazione attraverso la produzione di energia
alternativa.
 
birillo21 ha scritto:
Acqua in Bocca: Vi abbiamo venduto l'Acqua.
Rosaria Ruffini.

Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul Grembiule a Scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei graffiti, il Governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla Privatizzazione dell'ACQUA PUBBLICA.
Il Parlamento Sovrano ha votato l'articolo 23 bis del Decreto Legge 112 del Ministro Tremonti che afferma che la Gestione dei Servizi Idrici deve essere sottomessa alle Regole dell'Economia Capitalistica.

Alle regole dell'Economia, punto. Perche' non esiste altra economia.

Così il Governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'ACQUA non sarà più un BENE PUBBLICO, ma una Merce, dunque, sarà gestita da Multinazionali Internazionali (le stesse che già possiedono le Acque Minerali).
Già a Latina la VEOLIA (multinazionale che gestisce l'Acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%.
Ai Consumatori che protestano, VEOLIA manda le squadre di Vigilantes armati e Carabinieri per staccare i Contatori.

Ma pensa... Proprio come accade ora.... :lol: :lol: :lol:

La Privatizzazione dell'ACQUA che sta avvenendo a Livello Mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei Paesi più Poveri
E certo, perche' nel Congo o in Eritrea questa gente

TZ31_267_issue.jpg


paga la bolletta dell'acqua! :rolleyes:
Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate se non fosse una tragedia vera.

. L'ACQUA è Sacra in ogni Paese, Cultura e Fede del mondo: l'Essere Umano è fatto per il 65% d'ACQUA, ed è questo che il Governo Italiano sta mettendo in Vendita.

L'acqua e' una risorsa, mentenerla costa. Negli Stati Uniti l'acqua e' privatizzata da sempre... e infatti muoiono di sete come mosche. Anche in Francia.

L'ACQUA che sgorga dalla Terra non è una Merce, è un Diritto Fondamentale Umano e nessuno può appropiarsene per trarne Illecito Profitto.
Anche il cibo, eppure lo paghiamo ed e' prodotto da aziende private.
Anche le medicine...
Suvvia, esci dal tuo comunismo, e vieni a vivere nel mondo!

L'ACQUA è l'Oro Bianco per cui si combatteranno le prossime Guerre.
Guerre che saranno dirette dalle Multinazionali alle quali oggi il Governo, preoccupato per i Grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo.
ACQUA in BOCCA.

Blah blah blah &lt;luogo comune&gt; Blah blah blah blah blah &lt;luogo comune&gt; blah blah ...
Preoccuparsi della camorra e della mafia che fan sparire meta' dell'acqua in meridione no, eh?

Docente di Teatro allo IUAV.
Aaah! Ecco. Mi chiedevo appunto come se le inventasse queste grandiose fregnacce! :lol: :lol: :lol:
 
Birillo21: tu credi veramente che la gestione degli acquedotti italiani voluta da Berlusconi provochera' la sete in Gabon?
Se n'e' gia' parlato, di queste colossali fregnacce.
Come quel demente di Ken il rosso che non tira l'acqua a casa sua per risparmiarla, come se facesse alcuna differenza per chi sta in Etiopia.
Invece di tutte queste chiacchiere e luoghi comuni, il modo per fare DAVVERO qualcosa per chi muore di sete te l'ho gia' indicato.

www.amref.org

E come questa. ci sono tantissime ONG a cui puoi fare donazioni.
 
birillo21 ha scritto:
Grazie. Riassunto: Ci vogliono rubare l'acqua. :D ;) 8) :rolleyes:

Rettifica e correzione: Ci vogliono far pagare l'acqua quello che costa.
Che e' un po' diverso.

E forse, se la paghiamo quel che costa, invece che averla quasi gratis, forse ne sprecheremo un po' meno. Che dici?
:rolleyes:
 
99octane ha scritto:
birillo21 ha scritto:
Grazie. Riassunto: Ci vogliono rubare l'acqua. :D ;) 8) :rolleyes:

Rettifica e correzione: Ci vogliono far pagare l'acqua quello che costa.
Che e' un po' diverso.

E forse, se la paghiamo quel che costa, invece che averla quasi gratis, forse ne sprecheremo un po' meno. Che dici?
:rolleyes:
ragionamento correttissimo: se una risorsa è scarsa bisogna farla pagare per evitarne inutili sprechi. Il problema è che l'acqua è una risorsa strategica, e vitale: mettereste un bene pubblico e necessario nelle mani di imprese che devono massimizzare il loro profitto? fareste controllare una risorsa scarsa da poche multinazionali che possono influenzare i governi?
anche il petrolio è una risorsa scarsa controllata da poche mega-multinazionali e vediamo cosa succede al prezzo dei carburanti :rolleyes:
anche la benzina è venduta sottocosto (perfino considerando la tassazione del 60%) perchè dovrebbe costare molto di più in quanto risorsa scarsa e non ricreabile, non è forse vero 99octane? ;) ma non ti ho mai visto favorevole ad un aumento in tal senso...
se il mercato fosse "perfettamente concorrenziale" anche io sarei favorevole alla privatizzazione dell'acqua, ma così non è...anzi :rolleyes: Lo stato può migliorarne la gestione senza ricorrere ai privati
 
Mi pare che un paesino del LAZIO abbia privatizzato l'acqua ed è ritornato sui suoi passi a spron battuto, dopo che la società privata che gestiva tale risorsa, per poco, non li ha mandati tutti sul lastrico. 8) :rolleyes:

Piuttosto superficiali mi pare. :lol:
 
birillo21 ha scritto:
Mi pare che un paesino del LAZIO abbia privatizzato l'acqua ed è ritornato sui suoi passi a spron battuto, dopo che la società privata che gestiva tale risorsa, per poco, non li ha mandati tutti sul lastrico. 8) :rolleyes:

Piuttosto superficiali mi pare. :lol:

è Latina.
 

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