un altro articolo che tocca questi temi... in parte condivisibile ma in parte frutto (a mio parere) di una bellissima passionalità che spesso rende il tutto non propriamente reale... ma il bello della passione è anche questo...
ADDIO ALL'ALFA ROMEO
di Raffaele Pirozzi e Giuseppe Biasco
L'Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne, nel suo incontro con i sindacati ed il ministro Scajola, è stato chiaro, finita la produzione della 159, lo stabilimento di Pomigliano d'Arco, sarà ristrutturato per produrre la nuova panda. I modelli Alfa: la Nuova Giulietta e la 147, saranno prodotti a Cassino.
Molti hanno tirato un sospiro di sollievo per l'assegnazione di una nuova missione produttiva allo storico stabilimento automobilistico di Pomigliano. Ma, la vera notizia, quella che dovrebbe fare riflettere tutti, che dovrebbe essere attentamente considerata non è riportata da nessuno. Le scelte del management Fiat avranno, come conseguenza, che dopo oltre 70 anni il marchio Alfa Romeo lascerà Napoli. Dal 2011 in poi, nessuna vettura con il marchio Alfa Romeo sarà prodotta nella nostra Provincia. E' una prospettiva grave, passata sotto silenzio, come una cosa senza importanza.
Era il 1938 quando fu deciso dall'I.R.I., di costruire un grande stabilimento aeronautico a Pomigliano d'Arco. L'impianto doveva essere composto da un grande stabilimento per la costruzione dei motori, un altro per la produzione degli aerei ed un aeroporto.
La scelta della pianura che dalle pendici del Monte Somma và sino ad Acerra, era la più adatta per un progetto del genere che venne portato avanti con grande celerità. Il vecchio borgo contadino, povero ed ancora sotto il potere di pochi proprietari latifondisti, fu sconvolto e trasformato da questo progetto. Nuove strade, nuove palazzine per ospitare gli operai, crearono dal nulla un paesaggio industriale fino ad allora sconosciuto. Questa violenta trasformazione, fu pagata a caro prezzo dalla nuova cittadina operaia. Nel 1942, violenti bombardamenti distrussero la fabbrica, il campo di aviazione fu messo fuori uso, i morti si contarono a centinaia. Solo a partire dal 1952, ripresero le attività produttive, nello stabilimento Alfadove si ricominciarono a produrre motori aerei per le case americane. Affianco allo stabilimento Alfa Avio, fu insediata la AerFer.
Uno stabilimento che produceva materiale rotabile ferroviario e lavorava per nuovi progetti di aerei a reazione per la NATO, come i caccia G 91, che furono particolarmente innovativi.
Nel 1958, iniziò la produzione delle automobili negli stabilimenti di Pomigliano. Un accordo industriale tra le due case europee di produzione automobilistica a prevalente capitale pubblico: la francese Renault e l'italiana Alfa Romeo, consentì la produzione dei modelli di vetture con motore posteriore Ondine, a due porte e Dauphine a quattro porte, che nessuno ricorda più. Erano vetture troppo pesanti per motori troppo lenti, furono un infelice esperimento che si esaurì ben presto. Altri modelli conquistarono il pubblico, la 500 della Fiat e la R 4 della stessa Renault.
Quell'insuccesso fu utile per l'Alfa Auto di Pomigliano, che si dedicò alla produzione di furgoni e camion per il trasporto cittadino. In quella realtà produttiva, in cui la qualità era elevata e il lavoro molto specializzato, sembrò naturale costruire, nei terreni del vecchio ed ormai inutilizzato aeroporto un nuovo e moderno stabilimento per la produzione di automobili di cilindrata media . L'impianto dell'Alfasud fu progettato secondo le regole fordiste della catena di montaggio per raggiungere grandi quantità di vetture prodotte. La sfida di quello stabilimento era quella di produrre 300.000 vetture all'anno, con la qualità dell'Alfa Romeo.
L'Alfasud, fu costruita in appena 4 anni. I lavori iniziarono nel 1968 e si conclusero nel 1972 con l'entrata in produzione dello stabilimento. Il progetto della fabbrica era vecchio rispetto alla evoluzione dei tempi: i nuovi diritti rivendicati dai lavoratori, e lo scoppio della crisi economica dei primi anni 70, che raggiunse il suo culmine con la guerra del Kippur. In quei mesi tanto difficili il prezzo del petrolio triplicò il suo valore, il costo di un barile passò da 4 a 12 dollari in pochi mesi, innescando una spirale inflativa, che sconvolse le economie occidentali. Tra ristrutturazioni e conflitti sociali, sono state prodotte negli stabilimenti di Pomigliano, fino ad oggi, oltre 6 milioni di automobili, vendute in tutto il mondo e che hanno contribuito alla affermazione del marchio Alfa Romeo. Un "Alfista" era un particolare possessore di auto, sapeva di appartenere ad una categoria privilegiata di automobilista e ne era molto contento.
Ogni modello prodotto ebbe grande sucesso: l'Alfasud, la Alfa 33, la 145, la 146, la 147 , la 156 e la 159. La storia dell'automobile deve molto a questi progetti, che hanno rappresentato un modo sportivo e unico di intendere l'automobile.
Ora lo stabilimento di Pomigliano d'Arco e intitolato a "Giambattista Vico". Proprio per dimostrare che le auto possono essere prodotte in qualsiasi parte del mondo e da chiunque. La manodopera non deve avere una particolare specializzazione e non deve essere legata ad un marchio.
Non serve più la grande cultura della produzione Alfa Romeo, la qualità delle vetture Alfa era garantita da progettisti, tecnici ed operatori che insieme avevano la stessa mentalità produttiva, lo stesso approccio alla qualità delle vetture prodotte. Una cultura d'impresa che scompare nella nostra regione, per fare posto ad una semplice catena di montaggio.
In quello stabilimento verrà prodotto una auto senza identità, buona per tutti, ma che non susciterà passioni e desideri.
Questo modo di produrre merci senza particolare storia e qualità, che devono accontentare tutti i clienti possibili in ogni parte del mondo, è una strada senza uscita e senza futuro. Costruire delle alfa Romeo in stabilimenti diversi dai suoi siti storici significa produrre auto uguali con marchi diversi. Questa strategia può dare risultati nel breve tempo, nel pieno di una crisi di mercato tanto grave quanto difficile da superare, ma appena passata questa fase i consumatori si volgeranno verso prodotti di qualità e di particolare bellezza, ed allora mancheranno le radici, la storia e la cultura per adeguarsi al mercato.
Napoli perde un modo di essere fabbrica, di essere operai e tecnici, che lavorano alla costruzione di un bel prodotto, ad un bene, forse non necessario, ma il cui possesso rende felice. Nell'immaginario collettivo l'Alfa Rossa di Tazio Nuvolari, vola ancora nelle strade italiane a vincere una "Millemiglia". L'auto con la quale Enzo Ferrari fece le sue vere esperienze, la vettura campione del mondo, quando non esistevano autodromi e si correva per le strade del mondo. Perdere la produzione delle Alfa significa perdere una parte della cultura napoletane di questi ultimi 50 anni, un vero peccato!
Raffaele Pirozzi direttore giornaleonline"www.notiziesindacali.com"