<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Covid-19 | Page 331 | Il Forum di Quattroruote

Covid-19

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Nei confini del mio comune, ripeto, c'è solo un benzinaio/edicola e questo è oggettivo.
Per qualsiasi altro acquisto DEVO uscire dal territorio comunale.. quindi: o mi lasciano uscire, oppure organizzano un servizio a domicilio, con consegna nelle 24 ore.
Tanto, se la "ratio" è evitare che la gente si sposti al sud, non è il mio caso.

A frigo e dispensa vuoti, sarà una situazione di assoluta urgenza.
Anche io penso che la ratio sia quella, ma qui c'e' gente che si è fissata che #iorestoacasa significhi #iorestoincasa o, ancora peggio, #turestiincasa.

Ciao, Nicola.
 
....il che aumenta esponenzialmente il rischio di contagio. Inoltre, non mi risulta che i confini amministrativi, per quanto "oggettivissimi" come detto qui sopra, siano riconosciuti dai virus, per cui, sempre a mio modestissimo parere, la ratio di qualsiasi provvedimento dovrebbe proprio prescindere dai confini per focalizzarsi sulle distanze e sulla possibilità di ridurre gli assembramenti. Intendo: se spostandomi di 10 km anzichè di 2 posso stare in coda per entrare venti minuti piuttosto che un'ora e mezza e mantenere una distanza di sicurezza maggiore (magari prendendo il bigliettino e aspettando in macchina), secondo me è meglio spostarsi. Secondo me, ribadisco.

Quando si scrive una legge, bisogna anche pensare a come farla rispettare: concorderai che è più facile non far varcare un confine che fermare tutti quelli si muovono, ovunque, e verificare se si trovano sul tragitto più breve tra la loro abitazione (o residenza, o domicilio, o ...) e la rivendita di alimentari più vicina ad esso ...
Qui da me c'è gente, Sindaco compreso, che sono due settimane esatte che si lamenta che c'è troppa gente in giro ed ora, improvvisamente, si lamenta che non può più andare a fare la spesa tutti i gironi all'ipermercato preferito.
E il Sindaco annuncia un 'accordo' coi comuni vicini per permetterlo in barba al decreto, il giorno dopo che ha chiamato l'Esercito a mostrare i muscoli in piazza !

Ciao, Nicola.
 
Riprendo un attimo questo post per mostrarvi un esempio IMHO illuminante su come si possano prendere topiche clamorose se si guardano solo gli andamenti dei fenomeni senza una sperimentazione sotto. Guardate queste due mappe degli USA:

Vedi l'allegato 12849

Quella in basso mostra i focolai di covid; vediamo il primo che trova cosa rappresenta quella in alto, poi vi mostro un'altra chicca....
Non l'avessi mai scritto quel post...
 
Discorso supermercati: dove abito io (Vedano Olona), c'è giusto un Sigma in paese. E' poco più di un alimentare da paese, e quindi non è discorso di assortimento, prezzi o code, strutturalmente non può reggere un bacino d'utenza di tutto il paese, quindi serve per frza andare nei due comuni limitrofi (Tigros a Malnate oppure Esselunga a Solbiate Comasco). Ovvio che se invece ti allunghi fino all' Iper di Varese diventa contestabile.
Uguale discorso dove abita mio padre (Quinzano, frazione di Sumirago). Sono mille anime, c'è solo il tabaccaio che vende anche 4 detersivi e il macellaio che vende anche quattro pacchi di pasta e due sughi. I primi supermercati veri sono a Besnate oppure Albizzate.
 
Hanno appena detto in tv (scusate non posso essere più preciso - comunque hanno intervistato un esperto) che per tornare alla "normalità" - ammesso che sarà mai come prima - bisognerà aspettare almeno 2 settimane dall'ultimo caso di contagio.
Ergo, la vedo mooolto mooolto lunga.
Preparatevi, almeno psicologicamente.
 
Ultima modifica:
Capisco che tu sei abbonato al Corriere, ma non tutti lo sono!
Inutile continuare a proporre link di articoli che non tutti possono leggere.

Coronavirus, il villaggio tirolese di Ischgl che ha infettato mezza Europa Da febbraio a Ischgl si sono infettati più di mille turisti nord-europei. Ma soltanto ora il paesino è stato dichiarato zona rossa. «I ritardi per non compromettere la stagione sciistica»
dal nostro corrispondente

BERLINO – Lo scorso 29 febbraio un Boeing della Iceland Air proveniente da Monaco di Baviera atterrò a Reykjavik. A bordo erano in maggioranza turisti islandesi, giovani soprattutto, di ritorno da una settimana bianca in Tirolo, più precisamente a Ischgl, un borgo di 1500 abitanti della regione dell’Austria noto come il paradiso del dopo-sci. Sottoposti al test del coronavirus, l’Islanda era già in modalità emergenza, molti di loro risultarono positivi. Immediatamente il governo islandese dichiarò il Tirolo area a rischio. Bastarono pochi giorni come per capire che quello islandese non fosse un caso isolato. Uno dopo l’altro, notizie di persone contagiate dal Covid-19 dopo essere state in vacanza a Ischgl cominciarono a rimbalzare in tutto il Nord-Europa, da Amburgo alla Danimarca. Il 7 marzo le autorità norvegesi sottoposero al test un gruppo di turisti che erano stati in Austria nella seconda metà di febbraio. Il giorno dopo Oslo fece un annuncio inquietante: 491 dei 1198 infettati della Norvegia erano stati a sciare in Tirolo, la maggioranza di loro a Ischgl.

Eppure, le autorità tirolesi per oltre una settimana negarono tutto con cinismo e arroganza: «Dal punto di vista medico – dichiarava il direttore sanitario del Land, Franz Katzgraber – non è verosimile che il Tirolo sia stato focolaio di infezione». La stagione sciistica doveva continuare. Nonostante l’allarme dei virologi, che da giorni mettevano in guardia da una catastrofe in fieri. E nonostante l’Austria, primo fra i Paesi europei, annunciava la chiusura unilaterale delle sue frontiere a Sud.

Soltanto il 7 marzo, di fronte all’evidenza norvegese e al primo caso ufficiale di coronavirus nel villaggio, ammisero la possibilità. Il contagiato era un tedesco di 36 anni che lavorava come barman al Kitzloch, la più celebre baita della movida locale. Passarono però ancora tre giorni, prima che il locale venisse chiuso. Quanto al resto del villaggio, business as usual: piste aperte, ski-lift operativi, alberghi in funzione. Non bastò neppure che anche la Germania il 13 marzo dichiarasse il Tirolo zona a rischio, dopo che le autorità di Ostalb, nel Baden-Wuerttenberg avevano lanciato un disperato allarme: 200 persone che erano state in autobus a Ischgl erano risultate positive al test.

Fu necessario aspettare il 14 marzo perché da Vienna arrivasse l’appello congiunto dei ministri della Salute e dell’Interno a chiunque dal 28 febbraio si fosse trovato in Tirolo a mettersi in quarantena. Incredibile ma vero, per tutto il fine settimana conclusosi domenica 15 febbraio, alcuni impianti di Ischgl hanno continuato a funzionare. Scene di caos sono state registrate una settimana fa, con centinaia di turisti stranieri che dopo l’annuncio si accalcavano sui pochi bus a disposizione in partenza da Ischgl. Nessuno di loro è stato sottoposto a test. Molti hanno dormito domenica notte a Innsbruck, senza nessuna misura precauzionale di isolamento.

Ora finalmente il paesino è sigillato, non si entra e non si esce. Ma è tardi, troppo tardi. A Ischgl si registrano quasi 400 contagi, il doppio di quelli di Vienna che ha 2 milioni di abitanti.

Soprattutto sono centinaia, sicuramente più di mille gli europei infettatisi direttamente nella valle alpina: la metà dei casi in Norvegia, un terzo di quelli in Danimarca, un sesto di quelli in Svezia, un centinaio di quelli di Amburgo. Incalcolabile è invece il numero di coloro che sono stati contagiati a loro volta da chi era stato a sciare nella valle tirolese e a bere al Kitzloch, contagiando a loro volta migliaia di altre donne e uomini in tutta l’Europa.

«Il terreno di coltura», ha ribattezzato Der Spiegel la cittadina. «L’avidità di denaro ha sconfitto la responsabilità per la salute delle persone e degli ospiti», è stato il commento durissimo di Der Standard, il più autorevole quotidiano austriaco, secondo il quale il governo tirolese ha voluto far cassa con la stagione turistica fino all’ultimo, lasciando aperti impianti, alberghi e locali a dispetto della gravissima evidenza. La difesa è molto debole. Il governo del Land «respinge le critiche sul ritardo delle misure». Ma l’ombra di una stagione sciistica che ogni anno porta 600 mila vacanzieri in Tirolo è più di un indizio del colpevole ritardo con cui è stato riconosciuto e alla fine affrontato il problema.
 
Io invece sono positivissimo dagli aiuti cinesi e confermano un'amiciza tra i due Paesi che non nasce certo ora ma ha radici storiche. Non mi riferisco solo agli aiuti ufficiali ma anche tutti quelli arrivati dalla comunita' cinese residente in Italia che per ovvi motivi sono quelli piu' sensibili affa faccenda:
Il problema non è ovviamente nel popolo cinese, ci mancherebbe, abbiamo una lunghissima storia di conoscenza che probabilmente risale ai tempi dell'Impero Romano. Temo l'attuale governo cinese e le sue mire
 
Io per esempio sono malpensante sugli aiuti dalla Cina , ho trovato troppa attenzione mediatica e troppo anche volersi mettere in mostra come a volersi accaparrare le simpatie,ma è una mia personale considerazione e alla fine quello che conta è l'arrivo di aiuti
Condivido moltissimo il tuo pensiero sul punto, non con riferimento al popolo cinese con il quale anzi abbiamo una lunghissima storia di rapporti direi anche più che amichevoli, ma con riferimento all'attuale leadership di Pechino.

(vedo che alla fine,spiegandosi un pezzo alla volta, abbiamo diversi punti in comune :) )
 
Coronavirus, il villaggio tirolese di Ischgl che ha infettato mezza Europa Da febbraio a Ischgl si sono infettati più di mille turisti nord-europei. Ma soltanto ora il paesino è stato dichiarato zona rossa. «I ritardi per non compromettere la stagione sciistica»
dal nostro corrispondente

BERLINO – Lo scorso 29 febbraio un Boeing della Iceland Air proveniente da Monaco di Baviera atterrò a Reykjavik. A bordo erano in maggioranza turisti islandesi, giovani soprattutto, di ritorno da una settimana bianca in Tirolo, più precisamente a Ischgl, un borgo di 1500 abitanti della regione dell’Austria noto come il paradiso del dopo-sci. Sottoposti al test del coronavirus, l’Islanda era già in modalità emergenza, molti di loro risultarono positivi. Immediatamente il governo islandese dichiarò il Tirolo area a rischio. Bastarono pochi giorni come per capire che quello islandese non fosse un caso isolato. Uno dopo l’altro, notizie di persone contagiate dal Covid-19 dopo essere state in vacanza a Ischgl cominciarono a rimbalzare in tutto il Nord-Europa, da Amburgo alla Danimarca. Il 7 marzo le autorità norvegesi sottoposero al test un gruppo di turisti che erano stati in Austria nella seconda metà di febbraio. Il giorno dopo Oslo fece un annuncio inquietante: 491 dei 1198 infettati della Norvegia erano stati a sciare in Tirolo, la maggioranza di loro a Ischgl.

Eppure, le autorità tirolesi per oltre una settimana negarono tutto con cinismo e arroganza: «Dal punto di vista medico – dichiarava il direttore sanitario del Land, Franz Katzgraber – non è verosimile che il Tirolo sia stato focolaio di infezione». La stagione sciistica doveva continuare. Nonostante l’allarme dei virologi, che da giorni mettevano in guardia da una catastrofe in fieri. E nonostante l’Austria, primo fra i Paesi europei, annunciava la chiusura unilaterale delle sue frontiere a Sud.

Soltanto il 7 marzo, di fronte all’evidenza norvegese e al primo caso ufficiale di coronavirus nel villaggio, ammisero la possibilità. Il contagiato era un tedesco di 36 anni che lavorava come barman al Kitzloch, la più celebre baita della movida locale. Passarono però ancora tre giorni, prima che il locale venisse chiuso. Quanto al resto del villaggio, business as usual: piste aperte, ski-lift operativi, alberghi in funzione. Non bastò neppure che anche la Germania il 13 marzo dichiarasse il Tirolo zona a rischio, dopo che le autorità di Ostalb, nel Baden-Wuerttenberg avevano lanciato un disperato allarme: 200 persone che erano state in autobus a Ischgl erano risultate positive al test.

Fu necessario aspettare il 14 marzo perché da Vienna arrivasse l’appello congiunto dei ministri della Salute e dell’Interno a chiunque dal 28 febbraio si fosse trovato in Tirolo a mettersi in quarantena. Incredibile ma vero, per tutto il fine settimana conclusosi domenica 15 febbraio, alcuni impianti di Ischgl hanno continuato a funzionare. Scene di caos sono state registrate una settimana fa, con centinaia di turisti stranieri che dopo l’annuncio si accalcavano sui pochi bus a disposizione in partenza da Ischgl. Nessuno di loro è stato sottoposto a test. Molti hanno dormito domenica notte a Innsbruck, senza nessuna misura precauzionale di isolamento.

Ora finalmente il paesino è sigillato, non si entra e non si esce. Ma è tardi, troppo tardi. A Ischgl si registrano quasi 400 contagi, il doppio di quelli di Vienna che ha 2 milioni di abitanti.

Soprattutto sono centinaia, sicuramente più di mille gli europei infettatisi direttamente nella valle alpina: la metà dei casi in Norvegia, un terzo di quelli in Danimarca, un sesto di quelli in Svezia, un centinaio di quelli di Amburgo. Incalcolabile è invece il numero di coloro che sono stati contagiati a loro volta da chi era stato a sciare nella valle tirolese e a bere al Kitzloch, contagiando a loro volta migliaia di altre donne e uomini in tutta l’Europa.

«Il terreno di coltura», ha ribattezzato Der Spiegel la cittadina. «L’avidità di denaro ha sconfitto la responsabilità per la salute delle persone e degli ospiti», è stato il commento durissimo di Der Standard, il più autorevole quotidiano austriaco, secondo il quale il governo tirolese ha voluto far cassa con la stagione turistica fino all’ultimo, lasciando aperti impianti, alberghi e locali a dispetto della gravissima evidenza. La difesa è molto debole. Il governo del Land «respinge le critiche sul ritardo delle misure». Ma l’ombra di una stagione sciistica che ogni anno porta 600 mila vacanzieri in Tirolo è più di un indizio del colpevole ritardo con cui è stato riconosciuto e alla fine affrontato il problema.

Non mi ero informato su questo villaggio in precedenza. Devo ammettere che è preoccupante e fa quasi sembrare l'Italia all'avanguardia nonostante i ritardi ed alcuni errori.
Altra considerazione è che la lotta contro questo virus mi sembra sempre più lunga a causa della sua facilità di diffusione e temo sempre più che terminerà solamente quando sarà pronto il primo vaccino.
 
Condivido moltissimo il tuo pensiero sul punto, non con riferimento al popolo cinese con il quale anzi abbiamo una lunghissima storia di rapporti direi anche più che amichevoli, ma con riferimento all'attuale leadership di Pechino.

(vedo che alla fine,spiegandosi un pezzo alla volta, abbiamo diversi punti in comune :) )

un forum è fatto per scambiarsi opinioni, a me più volte è capitato di avere confronti con altri utenti, accesi ma sempre in modo amichevole, e poi arrivare ad avere una visione delle questione mediata.
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Back
Alto