<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> quando De Mita disse di no... | Il Forum di Quattroruote

quando De Mita disse di no...

Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H
 
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...
 
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

Ricordiamo che poi Prodi, per "salvare" l' IRI, bruciò ventimila (!) miliardi delle vecchie lire di denaro pubblico, svendendo anche i pezzi pregiati. Ma non facciamo politica, anche se questa c'entra pesantemente con la vendita di Alfa alla Fiat.
Sicuramente i dirigenti di Torino trovarono un'industria in uno stato pietoso: non sarebbe stato meglio lasciarla alla Ford che non avrebbe chiesto poi in continuazione aiuti statali? Ma lasciamo perdere anche questo discorso.
Il problema è che da allora (è passato un quarto di secolo), non sono stati fatti gli investimenti giusti. La Fiat aveva silurato un "uomo-prodotto" come Ghidella, per appoggiare le tesi di un "uomo-finanza" come Romiti, e i risultati si sono visti.
Non concentrandosi sul core-business, la qualità del prodotto Fiat precipitò drasticamente, e gli investimenti sui marchi Alfa e Lancia si ridussero progressivamente.
Con l'avvento di De'Silva, l'Alfa ha conosciuto un piccolo rinascimento, mentre Lancia è diventata eco-chic... :(
 
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

:evil: :evil: :evil:

Anche qui!!!! Ti ho risposto.....Leggi ;)
 
renexx ha scritto:
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

Ricordiamo che poi Prodi, per "salvare" l' IRI, bruciò ventimila (!) miliardi delle vecchie lire di denaro pubblico, svendendo anche i pezzi pregiati. Ma non facciamo politica, anche se questa c'entra pesantemente con la vendita di Alfa alla Fiat.
Sicuramente i dirigenti di Torino trovarono un'industria in uno stato pietoso: non sarebbe stato meglio lasciarla alla Ford che non avrebbe chiesto poi in continuazione aiuti statali? Ma lasciamo perdere anche questo discorso.
Il problema è che da allora (è passato un quarto di secolo), non sono stati fatti gli investimenti giusti. La Fiat aveva silurato un "uomo-prodotto" come Ghidella, per appoggiare le tesi di un "uomo-finanza" come Romiti, e i risultati si sono visti.
Non concentrandosi sul core-business, la qualità del prodotto Fiat precipitò drasticamente, e gli investimenti sui marchi Alfa e Lancia si ridussero progressivamente.
Con l'avvento di De'Silva, l'Alfa ha conosciuto un piccolo rinascimento, mentre Lancia è diventata eco-chic... :(

già... secondo te la Ford non avrebbe chiesto aiuti vero...? guarda quello che è successo con il caso Opel-Magna e GM... hanno chiesto 1,5 mld di euro al governo tedesco per "aiutare" la rinascita della Opel con il passaggio sotto le insegne della magna e poi hanno deciso di non venderla più... e ora il governo tedesco inbufalito ha richiesto tutti i soldi indietro...

ancora esempi attuali... in America...? non hanno chiesto gli aiuti per la crisi...?

e fatti una ricerca su quanto è stato chiesto dalle case automobilistiche nel corso del tempo quando hanno acquisito marchi in difficoltà...

sarebbe andata meglio con Ford... ? Forse si o forse no... basti vedere quello che è riuscita a fare con i marchi prestigiosi che ha acquisito... Jaguar e Land Rover dopo averle fatte schiacciare dalla concorrenza sono dovuta passare sotto la proprietà indiana della Tata e la Volvo e tuttora ad un passo da finire in mano cinese...

no grazie, mi tengo i stracci miei...

se poi, assodato che la Fiat si è trovata sul piatto d'argento un'Alfa Romeo ribollita e ha colto l'opportunità di prenderla e di evitare che finisse alla concorrenza, si vuole parlare di quello che la Fiat ha fatto o non fatto da quando ha la proprietà... questo è un altro discorso... molto vasto e strutturato e certamente denso di responsabilità da ricercare anche sotto le insegne di Torino...

ma non facciamo finta di niente sul fatto che l'Alfa Romeo a livello commerciale nel 1986 era già finita...
 
renexx ha scritto:
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

Ricordiamo che poi Prodi, per "salvare" l' IRI, bruciò ventimila (!) miliardi delle vecchie lire di denaro pubblico, svendendo anche i pezzi pregiati. Ma non facciamo politica, anche se questa c'entra pesantemente con la vendita di Alfa alla Fiat.
Sicuramente i dirigenti di Torino trovarono un'industria in uno stato pietoso: non sarebbe stato meglio lasciarla alla Ford che non avrebbe chiesto poi in continuazione aiuti statali?

pensa alle pressioni politiche cui fu sottoposto, la decisione finale non la prese mica Prodi ma Craxi...

http://archiviostorico.corriere.it/1996/luglio/16/Craxi_invia_Cobas_dell_Alfa_co_0_9607161113.shtml
 
Qualche perplessità sulla frase "1050 miliardi che Fiat pagò". Lo scrive il Sole 24 ore, ma mi risulta, e nel vecchio forum postai alcuni articoli in merito, che non furono mai pagati :oops:
 
autofede2009 ha scritto:
renexx ha scritto:
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

Ricordiamo che poi Prodi, per "salvare" l' IRI, bruciò ventimila (!) miliardi delle vecchie lire di denaro pubblico, svendendo anche i pezzi pregiati. Ma non facciamo politica, anche se questa c'entra pesantemente con la vendita di Alfa alla Fiat.
Sicuramente i dirigenti di Torino trovarono un'industria in uno stato pietoso: non sarebbe stato meglio lasciarla alla Ford che non avrebbe chiesto poi in continuazione aiuti statali? Ma lasciamo perdere anche questo discorso.
Il problema è che da allora (è passato un quarto di secolo), non sono stati fatti gli investimenti giusti. La Fiat aveva silurato un "uomo-prodotto" come Ghidella, per appoggiare le tesi di un "uomo-finanza" come Romiti, e i risultati si sono visti.
Non concentrandosi sul core-business, la qualità del prodotto Fiat precipitò drasticamente, e gli investimenti sui marchi Alfa e Lancia si ridussero progressivamente.
Con l'avvento di De'Silva, l'Alfa ha conosciuto un piccolo rinascimento, mentre Lancia è diventata eco-chic... :(

già... secondo te la Ford non avrebbe chiesto aiuti vero...? guarda quello che è successo con il caso Opel-Magna e GM... hanno chiesto 1,5 mld di euro al governo tedesco per "aiutare" la rinascita della Opel con il passaggio sotto le insegne della magna e poi hanno deciso di non venderla più... e ora il governo tedesco inbufalito ha richiesto tutti i soldi indietro...

ancora esempi attuali... in America...? non hanno chiesto gli aiuti per la crisi...?

e fatti una ricerca su quanto è stato chiesto dalle case automobilistiche nel corso del tempo quando hanno acquisito marchi in difficoltà...

sarebbe andata meglio con Ford... ? Forse si o forse no... basti vedere quello che è riuscita a fare con i marchi prestigiosi che ha acquisito... Jaguar e Land Rover dopo averle fatte schiacciare dalla concorrenza sono dovuta passare sotto la proprietà indiana della Tata e la Volvo e tuttora ad un passo da finire in mano cinese...

no grazie, mi tengo i stracci miei...

se poi, assodato che la Fiat si è trovata sul piatto d'argento un'Alfa Romeo ribollita e ha colto l'opportunità di prenderla e di evitare che finisse alla concorrenza, si vuole parlare di quello che la Fiat ha fatto o non fatto da quando ha la proprietà... questo è un altro discorso... molto vasto e strutturato e certamente denso di responsabilità da ricercare anche sotto le insegne di Torino...

ma non facciamo finta di niente sul fatto che l'Alfa Romeo a livello commerciale nel 1986 era già finita...
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:
 
75turboTP ha scritto:
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:

Se vendeva ma non guadagnava qualcosa andava storto ho no??
 
Vanguard ha scritto:
75turboTP ha scritto:
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:

Se vendeva ma non guadagnava qualcosa andava storto ho no??
Purtroppo essendo stata gestita dall'IRI è impossibile oggi capire se la crisi fu dovuta al prodotto (che non sempre fu azzeccato, Alfa 90 Docet), alla gestione scriteriata (far assumere a Pomigliano come operai gli stessi muratori che costruirono lo stabilimento ) o, molto più probabilmente, ad una combinazione dei 2.
 
Vanguard ha scritto:
75turboTP ha scritto:
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:

Se vendeva ma non guadagnava qualcosa andava storto ho no??

Su questo non ci sono dubbi.....ci rimetteva come tutte le aziende statali...pero' dava da lavorare a trentamila dipendenti oltre l'indotto e ci dava Alfa Romeo DOC!!!! ;)
 
alkiap ha scritto:
Vanguard ha scritto:
75turboTP ha scritto:
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:

Se vendeva ma non guadagnava qualcosa andava storto ho no??
Purtroppo essendo stata gestita dall'IRI è impossibile oggi capire se la crisi fu dovuta al prodotto (che non sempre fu azzeccato, Alfa 90 Docet), alla gestione scriteriata (far assumere a Pomigliano come operai gli stessi muratori che costruirono lo stabilimento ) o, molto più probabilmente, ad una combinazione dei 2.

Ecco con questo sono daccordo.
 
75turboTP ha scritto:
autofede2009 ha scritto:
renexx ha scritto:
autofede2009 ha scritto:
matteomatte1 ha scritto:
Luraghi arrivò alla presidenza nel 1960. L'Alfa l'aveva conosciuta negli anni della sua direzione generale in Finmeccanica. Anni spesi (1952-1956) a trasformare la fabbrica del Portello in un impianto moderno: un'operazione accompagnata dal successo di vetture come la Giulietta e la 1900. Sotto la sua gestione l'Alfa fece giganteschi investimenti ma ebbe sempre bilanci in nero. L'azienda produceva 200mila vetture, più della Bmw che ne faceva 184mila. Era il 1973. Come sempre, anche quell'anno, in agosto, Luraghi era in vacanza a Madonna di Campiglio quando ricevette una telefonata che di fatto cambierà la storia del biscione. Da Finmeccanica lo avvertivano che il Cipe aveva respinto il suo piano di investimenti di 112 miliardi. Ci volle poco per capire che quella bocciatura veniva dall'alto. Ciriaco De Mita e Nino Gullotti, allora ministro delle Partecipazioni statali, avevano deciso che l'Alfa dovesse aprire al Sud un secondo impianto, dopo Pomigliano d'Arco, precisamente in provincia di Avellino, il feudo elettorale di De Mita. Luraghi avrebbe dovuto trasferire la produzione della nuova Alfetta, sottraendo 70mila vetture ad Arese. Si oppose con tutte le sue forze.
Luraghi era ormai isolato. E a gennaio del 1974 venne l'imboscata. Sette consiglieri fedeli a Finmeccanica si dimisero obbligando l'Alfa a rinnovare tutto il consiglio. Con Luraghi uscirono una ventina di manager. Fu un colpo mortale per Arese, sempre più preda delle logiche dei partiti mentre dilagavano scioperi e minacce terroristiche. A dirigere l'Alfa venne dall'Intersind Ettore Massacesi, che non si oppose al nuovo impianto di Pratola Serra, alla periferia di Avellino.
Nei primi anni Ottanta ad Arese c'erano ancora 18mila dipendenti e un consiglio di fabbrica con 400 rappresentanti. Era la cattedrale dei metalmeccanici. Ma i bilanci non erano più quelli di Luraghi. L'ammiraglia 90, fu un clamoroso flop. E anche la 33, pur vendendo non male, scontentava i veri alfisti perchè non aveva più nulla di quella grinta che faceva togliere il capello a Henry Ford tutte le volte che vedeva passare un'Alfa. Ma il peggio doveva ancora venire. Mentre Fiat con la Uno stava risalendo la china, Massacesi condusse l'Alfa verso l'intesa capestro con i giapponesi della Nissan.

Pratola partoriva l'Arna: per la pubblicità era la "kilometrissima", per tutti fu la più brutta auto mai apparsa sulle strade italiane, un primato che nemmeno l'orrenda Duna della Fiat post Ghidella riuscì a scalfire. Per rimediare al disastro l'Iri non trovò di meglio che metterla in vendita. Ci fu una gara. Alla fine prevalse la Fiat sulla Ford. L'Alfa passò a Torino che la pagò 1.050 miliardi. Era il 6 novembre 1986. Qualche giorno prima Luraghi si era schierato per la Fiat ma aveva detto: «Comunque vada a finire l'Alfa, Arese verrà sacrificata». E vide giusto.


Fonte: Il Sole 24H

dove sei 75turbo....?

questa è la storia di allora... oggi possiamo criticare di quello che potrebbe essere fatto e che non viene fatto...

ma non vedo colpe Fiat nel passato burrascoso dell'Alfa...

e mettici pure che prendersi in carico un'azienda disastrata e indebitata dove mese dopo mese ci sono costi altissimi da pagare come stipendi e contributi, certamente non è uno scherzo...

parliamo di fatti per cortesia...

Ricordiamo che poi Prodi, per "salvare" l' IRI, bruciò ventimila (!) miliardi delle vecchie lire di denaro pubblico, svendendo anche i pezzi pregiati. Ma non facciamo politica, anche se questa c'entra pesantemente con la vendita di Alfa alla Fiat.
Sicuramente i dirigenti di Torino trovarono un'industria in uno stato pietoso: non sarebbe stato meglio lasciarla alla Ford che non avrebbe chiesto poi in continuazione aiuti statali? Ma lasciamo perdere anche questo discorso.
Il problema è che da allora (è passato un quarto di secolo), non sono stati fatti gli investimenti giusti. La Fiat aveva silurato un "uomo-prodotto" come Ghidella, per appoggiare le tesi di un "uomo-finanza" come Romiti, e i risultati si sono visti.
Non concentrandosi sul core-business, la qualità del prodotto Fiat precipitò drasticamente, e gli investimenti sui marchi Alfa e Lancia si ridussero progressivamente.
Con l'avvento di De'Silva, l'Alfa ha conosciuto un piccolo rinascimento, mentre Lancia è diventata eco-chic... :(

già... secondo te la Ford non avrebbe chiesto aiuti vero...? guarda quello che è successo con il caso Opel-Magna e GM... hanno chiesto 1,5 mld di euro al governo tedesco per "aiutare" la rinascita della Opel con il passaggio sotto le insegne della magna e poi hanno deciso di non venderla più... e ora il governo tedesco inbufalito ha richiesto tutti i soldi indietro...

ancora esempi attuali... in America...? non hanno chiesto gli aiuti per la crisi...?

e fatti una ricerca su quanto è stato chiesto dalle case automobilistiche nel corso del tempo quando hanno acquisito marchi in difficoltà...

sarebbe andata meglio con Ford... ? Forse si o forse no... basti vedere quello che è riuscita a fare con i marchi prestigiosi che ha acquisito... Jaguar e Land Rover dopo averle fatte schiacciare dalla concorrenza sono dovuta passare sotto la proprietà indiana della Tata e la Volvo e tuttora ad un passo da finire in mano cinese...

no grazie, mi tengo i stracci miei...

se poi, assodato che la Fiat si è trovata sul piatto d'argento un'Alfa Romeo ribollita e ha colto l'opportunità di prenderla e di evitare che finisse alla concorrenza, si vuole parlare di quello che la Fiat ha fatto o non fatto da quando ha la proprietà... questo è un altro discorso... molto vasto e strutturato e certamente denso di responsabilità da ricercare anche sotto le insegne di Torino...

ma non facciamo finta di niente sul fatto che l'Alfa Romeo a livello commerciale nel 1986 era già finita...
Pero' vendeva tre volte piu' di oggi aveva venduto un milione di alfasud.....aveva 30.000 TRENTAMILA dipendenti Arese-il Portello-Autodelta-Pomigliano-Termini-La pista del Balocco.....Correva in F1 progettava il V10 viceva l'Euroturismo 1982-83-84- progettava la futura 156 a TP con cambio in blocco progettava costruiva vendeva ALFA ....dagli stabilimenti entravano lamiere e alluminio e uscivano capolavori.......SE era finita nel 1986 con la 75 che fu la vettura piu venduta del suo segmento oggi come la denisci....Dimmelo che sono curioso :rolleyes:

il frutto di tutto quello che hai elencato è stato l'enorme buco nero e l'obbligo di cessione a terzi...

non ci siamo 75turbo... tu mi continui ad elencare delle perle tecniche della vecchia gestione come se io le negassi...

ma qui stai facendo un errore... perchè l'Alfa era un gioiello di ingegneria motoristica... ma aveva evidentemente grosse mancanze a livello amministrativo e nell'esecuzione della fattura dei propri prodotti... altrimenti non sarebbe arrivata nell'orlo del fallimento del 86...

almeno in questo, siamo concordi...?
 
Allora non dire falsita'.......su questo concordo mai negato anche volendo,sono troppo sincero,ci sono i documenti.
Ancora non lo capisci accetto tutto la cose false no!!! ;)
 

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