Post lungo, lo dico subito.
Tutte le foto della presentazione (anche il video) e le corrispondenze di ciò che scrivo sono reperibili online.
Ieri Toyota ha presentato il concept della sua nuova piattaforma sportiva, un momento che molti appassionati Lexus attendevano da anni. Attendevano non solo un esercizio di stile, ma un segnale forte dopo che, oggettivamente, Lexus ha progressivamente eroso gran parte della sua credibilità sia nel design sia nel contenuto motoristico delle sue vetture più emozionali.
La strategia è stata chiara: partire dall’Europa, dismettere tutte le eccellenze storiche (IS, GS, RC, LC e ora persino l’ammiraglia LS) e concentrare quasi tutto sul solo RX come unico “erede” della tradizione. Il resto dell’offerta è stato allineato all’onda commerciale globale: modelli costruiti più economicamente, con un linguaggio stilistico poco distintivo, materiali inferiori rispetto alle generazioni precedenti e uno storytelling “premium” sempre meno credibile. Una categoria che esisteva, ma che si è dissolta in modo direttamente proporzionale all’uscita di scena delle “vere” Lexus.
Decisioni manageriali — soprattutto di Lexus Europa e Lexus Italia — che continuano a sorprendere per la loro miopia.
L’errore storico di chiedere a Toyota un diesel per la IS non è bastato: si poteva imparare da lì, invece si è proseguito nella stessa direzione.
E dunque, cosa è successo ieri?
In sostanza, poco o nulla. Tutti si aspettavano la nuova LFA o almeno una piattaforma concreta che potesse dare un futuro alle LC500/LC500h (sperare in una nuova RC sarebbe stato troppo, oggi). Invece abbiamo rivisto lo stesso concept già mostrato ad agosto.
Una “presentazione della presentazione”, accompagnata da tanto hype, per mostrare un full electric dal design che ormai si discosta completamente dal DNA Lexus, avvicinandosi invece agli stilemi cinesi.
E va detto: oggi la Cina, sul design, è diventata estremamente competitiva. Dopo anni di collaborazione con designer internazionali pagati a cifre astronomiche, ora è pienamente autonoma. Ma qualità, servizio, valore residuo e affidabilità nel lungo periodo restano ancora tutti da dimostrare.
Un altro tema non marginale: sempre più auto — e ancor più quelle cinesi — sono progettate con un controllo remoto molto esteso. Quando qualcuno deciderà di “premere quel bottone”, vedremo gli effetti.
Tornando alla LFA: ieri hanno mostrato "dal vivo" solo gli interni. Affascinanti, certo. Innovativi, senza dubbio. Ma irrealistici: non vedremo mai un’auto così. O, forse, la vedremo tra 40 anni.
Chi, come me, ha vissuto l’epopea Lexus dagli anni ’90 ricorda bene il concept LF-CC. Era futuristico, ma “realizzabile”. La IS e poi la RC che ne derivarono avevano realmente incorporato quegli elementi: comandi piezoelettrici del clima, strumentazioni digitali evolute, un linguaggio che conservava una coerenza progettuale.
Di questa LFA, invece, resta la sensazione di qualcosa che potenzialmente potrebbe essere stato anche stampato in 3D per stupire in foto.
E cosa resta allora di Lexus?
Poco.
Concept astratti, senza un chiaro sbocco nella realtà. Il contrario della filosofia che portò alla nascita della LC:
Quando la presentarono, concorrenti, blogger e riviste di auto dissero “Non riuscirete mai a produrla”. Eppure la LC finale era identica al concept, e ci costruirono una campagna memorabile.
Oggi invece vediamo auto che hanno sempre meno di Lexus: potrebbero avere un badge Omoda, Jaecoo, BYD, DR o persino Kia.
Non è una critica gratuita a questi marchi — anzi, alcuni fanno cose interessanti — è un dato di fatto: lo spirito Lexus non c’è più.
Non è premium.
Non emoziona.
Non guida l’innovazione.
Segue. Talvolta copia.
E qui emerge un punto chiave: Toyota sta elevando il valore percepito dei suoi modelli, mentre Lexus lo sta perdendo.
Le Toyota di oggi, nel bene o nel male, hanno più identità di molte Lexus attuali.
E questo ieri è stato evidente: nel mezzo della presentazione del concept sportivo Toyota, è apparsa la GR GT3.
Un mostro meraviglioso: e la foto parla chiaro, Toyota in prima linea, Lexus sullo sfondo, quasi anonima.
Ibrida benzina, evoluzione ulteriore dell’Hybrid Synergy Drive, capace di trasmettere un’emozione pura e immediata.
Molto più vicina allo spirito della LFA originale di quanto lo sia il concept elettrico che Lexus ha proposo con questa "LFA"
(A proposito: se la futura LFA sarà solo elettrica, si spegne del tutto — in Lexus — la migliore tecnologia ibrida oggi sul mercato.)
Non sorprende quindi che diversi clienti Lexus inizino a guardare verso Toyota. Dal punto di vista del design, della coerenza tecnica e della logica ingegneristica, oggi Toyota offre una solidità che Lexus sembra aver smarrito.
Anch’io, dopo due CT200h, quattro IS — dalla IS200 SportCross alla IS300h, passando per il V6 della IS250 — e guidando oggi una RC300h, potrei tranquillamente tornare a Toyota, magari sperando nel ritorno della Celica.
Resta però il nodo assistenza, service e gestione dei problemi.
Su questo fronte, purtroppo, né Lexus né Toyota brillano.
Basta fare un giro online per rendersene conto.
E senza un’assistenza reale, senza ascolto, senza supporto — solo con i bot — i clienti si perdono.
La cosa paradossale?
Una settimana fa sono entrato per curiosità in una concessionaria Omoda.
L’accoglienza, la cura, l’attenzione… erano superiori a quelle della prima concessionaria Lexus in cui entrai più di vent’anni fa, quando il cliente era al centro.
Provate a entrare oggi in una concessionaria Lexus.
Poi ditemi.
Grazie dell’attenzione.
Tutte le foto della presentazione (anche il video) e le corrispondenze di ciò che scrivo sono reperibili online.
Ieri Toyota ha presentato il concept della sua nuova piattaforma sportiva, un momento che molti appassionati Lexus attendevano da anni. Attendevano non solo un esercizio di stile, ma un segnale forte dopo che, oggettivamente, Lexus ha progressivamente eroso gran parte della sua credibilità sia nel design sia nel contenuto motoristico delle sue vetture più emozionali.
La strategia è stata chiara: partire dall’Europa, dismettere tutte le eccellenze storiche (IS, GS, RC, LC e ora persino l’ammiraglia LS) e concentrare quasi tutto sul solo RX come unico “erede” della tradizione. Il resto dell’offerta è stato allineato all’onda commerciale globale: modelli costruiti più economicamente, con un linguaggio stilistico poco distintivo, materiali inferiori rispetto alle generazioni precedenti e uno storytelling “premium” sempre meno credibile. Una categoria che esisteva, ma che si è dissolta in modo direttamente proporzionale all’uscita di scena delle “vere” Lexus.
Decisioni manageriali — soprattutto di Lexus Europa e Lexus Italia — che continuano a sorprendere per la loro miopia.
L’errore storico di chiedere a Toyota un diesel per la IS non è bastato: si poteva imparare da lì, invece si è proseguito nella stessa direzione.
E dunque, cosa è successo ieri?
In sostanza, poco o nulla. Tutti si aspettavano la nuova LFA o almeno una piattaforma concreta che potesse dare un futuro alle LC500/LC500h (sperare in una nuova RC sarebbe stato troppo, oggi). Invece abbiamo rivisto lo stesso concept già mostrato ad agosto.
Una “presentazione della presentazione”, accompagnata da tanto hype, per mostrare un full electric dal design che ormai si discosta completamente dal DNA Lexus, avvicinandosi invece agli stilemi cinesi.
E va detto: oggi la Cina, sul design, è diventata estremamente competitiva. Dopo anni di collaborazione con designer internazionali pagati a cifre astronomiche, ora è pienamente autonoma. Ma qualità, servizio, valore residuo e affidabilità nel lungo periodo restano ancora tutti da dimostrare.
Un altro tema non marginale: sempre più auto — e ancor più quelle cinesi — sono progettate con un controllo remoto molto esteso. Quando qualcuno deciderà di “premere quel bottone”, vedremo gli effetti.
Tornando alla LFA: ieri hanno mostrato "dal vivo" solo gli interni. Affascinanti, certo. Innovativi, senza dubbio. Ma irrealistici: non vedremo mai un’auto così. O, forse, la vedremo tra 40 anni.
Chi, come me, ha vissuto l’epopea Lexus dagli anni ’90 ricorda bene il concept LF-CC. Era futuristico, ma “realizzabile”. La IS e poi la RC che ne derivarono avevano realmente incorporato quegli elementi: comandi piezoelettrici del clima, strumentazioni digitali evolute, un linguaggio che conservava una coerenza progettuale.
Di questa LFA, invece, resta la sensazione di qualcosa che potenzialmente potrebbe essere stato anche stampato in 3D per stupire in foto.
E cosa resta allora di Lexus?
Poco.
Concept astratti, senza un chiaro sbocco nella realtà. Il contrario della filosofia che portò alla nascita della LC:
Quando la presentarono, concorrenti, blogger e riviste di auto dissero “Non riuscirete mai a produrla”. Eppure la LC finale era identica al concept, e ci costruirono una campagna memorabile.
Oggi invece vediamo auto che hanno sempre meno di Lexus: potrebbero avere un badge Omoda, Jaecoo, BYD, DR o persino Kia.
Non è una critica gratuita a questi marchi — anzi, alcuni fanno cose interessanti — è un dato di fatto: lo spirito Lexus non c’è più.
Non è premium.
Non emoziona.
Non guida l’innovazione.
Segue. Talvolta copia.
E qui emerge un punto chiave: Toyota sta elevando il valore percepito dei suoi modelli, mentre Lexus lo sta perdendo.
Le Toyota di oggi, nel bene o nel male, hanno più identità di molte Lexus attuali.
E questo ieri è stato evidente: nel mezzo della presentazione del concept sportivo Toyota, è apparsa la GR GT3.
Un mostro meraviglioso: e la foto parla chiaro, Toyota in prima linea, Lexus sullo sfondo, quasi anonima.
Ibrida benzina, evoluzione ulteriore dell’Hybrid Synergy Drive, capace di trasmettere un’emozione pura e immediata.
Molto più vicina allo spirito della LFA originale di quanto lo sia il concept elettrico che Lexus ha proposo con questa "LFA"
(A proposito: se la futura LFA sarà solo elettrica, si spegne del tutto — in Lexus — la migliore tecnologia ibrida oggi sul mercato.)
Non sorprende quindi che diversi clienti Lexus inizino a guardare verso Toyota. Dal punto di vista del design, della coerenza tecnica e della logica ingegneristica, oggi Toyota offre una solidità che Lexus sembra aver smarrito.
Anch’io, dopo due CT200h, quattro IS — dalla IS200 SportCross alla IS300h, passando per il V6 della IS250 — e guidando oggi una RC300h, potrei tranquillamente tornare a Toyota, magari sperando nel ritorno della Celica.
Resta però il nodo assistenza, service e gestione dei problemi.
Su questo fronte, purtroppo, né Lexus né Toyota brillano.
Basta fare un giro online per rendersene conto.
E senza un’assistenza reale, senza ascolto, senza supporto — solo con i bot — i clienti si perdono.
La cosa paradossale?
Una settimana fa sono entrato per curiosità in una concessionaria Omoda.
L’accoglienza, la cura, l’attenzione… erano superiori a quelle della prima concessionaria Lexus in cui entrai più di vent’anni fa, quando il cliente era al centro.
Provate a entrare oggi in una concessionaria Lexus.
Poi ditemi.
Grazie dell’attenzione.