IL CASO
Giugiaro: Fiat negli Usa?
Sarebbe la sua tomba
Il re dei designer inteviene sull'ipotesi che Marchionne traslochi il quartier generale della casa automobilistica a Detroit: "Cinque anni fa ha salvato l'azienda, stavolta la seppellirebbe"
di PAOLO GRISERI
Il trasferimento oltreoceano della testa della Fiat "sarebbe un colpo molto grave per il sistema dell'automotive torinese". Non è tanto per spirito di parte che il designer Giorgetto Giugiaro, ultimo recente acquisto della scuderia Volkswagen, critica l'ipotesi di traslocare a Detroit la testa della nuova società unica che sta sognando Marchionne. Una società di fusione tra Chrysler e Fiat che avrebbe il quartier generale oltreoceano: "Parlo da italiano che dà lavoro a italiani per un gruppo straniero: con quel trasferimento - dice Giugiaro - nulla sarebbe più come prima".
Ingegner Giugiaro, partiamo dalla sua esperienza: come si lavora lontano dal quartier generale di un gruppo?
"Ormai è molti anni che mi trovo in questa condizione. Da quando sono finite le commesse della Fiat, perché con l'arrivo di Marchionne si è scelto di utilizzare le risorse interne e non di dare ai carrozzieri la commessa per progettare un nuovo modello. Lavorando con gli stranieri si capisce bene come sta cambiando il mondo dell'automotive. Mi è capitato di lavorare non solo con i costruttori europei ma anche con quelli cinesi e devo dire che il quadro si è modificato rapidamente".
Quali sono i cambiamenti principali?
"L'irrompere dei mercati asiatici sta cambiando anche il modo di pensare e produrre l'automobile. Nel 1973 feci un viaggio in Corea. Tra le tante visitai anche una fabbrica di automobili. Era una piccola azienda, stava in un capannone che non era più grande della Bertone. Si chiamava Hunday. Oggi fa paura ai principali produttori mondiali".
Che cosa cambia questo per l'automotive torinese?
"Significa che bisogna sapersi adattare molto in fretta. Soprattutto nel design automobilistico. E' vero che siamo stati i primi al mondo in questo settore ma per continuare a rimanere al vertice bisogna investire molto".
Per questo è importante la presenza di un produttore come Fiat nel Torinese?
"E' importante se quel produttore non segue logiche puramente finanziarie, non tira al risparmio, come purtroppo mi sembra sia accaduto anche nel recente passato. E' questo atteggiamento che rischia di impoverire le industrie di un territorio e potrebbe farci perdere posizioni nel mondo. Marchionne ha tante qualità ma ha l'animo e la formazione di un finanziere non di un produttore. Quando Volkswagen mi chiese di disegnare quella che poi sarebbe diventata la Golf, in Germania consideravano il design di Fiat all'avanguardia. Avevano preso una 128, l'avevano smontata pezzo per pezzo e poi mi avevano detto: 'Noi non le chiediamo di raggiungere questi livelli. Ci accontentiamo di un'automobile che possa essere considerata l'erede del Maggiolino'. Come vede, di acqua ne è passata sotto i ponti".
Che cosa significa investire su un prodotto nuovo?
"Significa tenere presenti le diverse esigenze e le diverse sensibilità del pubblico. Se porto in Europa auto disegnate negli Usa e solamente ritoccate per il gusto europeo, difficilmente avrò successo. L'Italia non è gli Usa".
Ma l'Italia non è nemmeno la Germania. Eppure lei disegna per i tedeschi...
"Perché sono i tedeschi che apprezzano il nostro design, e da lungo tempo. Come apprezzano un certo stile italiano. Lo stile Alfa, ad esempio".
Lei qui è di parte. E' noto che da mesi la Volkwagen fa il filo all'Alfa. Ma Marchionne ha detto che non la vende...
"E allora, da italiano, mi auguro che la rilanci investendo molti soldi. Certo con il passaggio alla Volkswagen e le possibilità di motorizzazione che offre un grande gruppo come quello tedesco, il rilancio dell'Alfa sarebbe immediato".
Come valuta l'ipotesi dell'arrivo a Torino di un altro produttore accanto alla Fiat?
"Un produttore delle dimensioni della Fiat qui? Non credo che sia possibile, è un'eventualità che considero poco realistica. Certo, se la testa della Fiat andasse via, tutto sarebbe molto più difficile da queste parti. Perché senza un produttore di un certo peso, tutto l'indotto, che a Torino è fatto anche di molte società che operano nel campo della progettazione, finirebbe prima o poi per entrare in crisi".
Il trasloco è un rischio reale?
"Non so. Credo che se avvenisse finirebbe per coincidere, in realtà, la morte della stessa Fiat. Marchionne l'avrebbe salvata cinque anni fa per poi seppellirla. Spero che la storia non si concluda in quel modo".