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Fuori Onda : Obama tasse si tasse no con la sua insicurezza si gioca la poltrona alla casa bianca

8 agosto 2010

Il dibattito sulla politica fiscale americana sta diventando molto confuso e combina discutibili principi economici sulla ripresa dopo la recessione con una discussione politica poco trasparente.
Da una parte l'amministrazione Obama parla della necessità di un ulteriore stimolo fiscale dal lato della spesa.
Dall'altro di cancellare i tagli fiscali di Bush per i redditi superiori ai 250mila dollari a famiglia.

Se veramente l'amministrazione Obama ritiene che l'economia americana sia ancora debole, non è questo il momento di aumentare le imposte su nessuno.
Una combinazione di più tasse e più spesa pubblica rischia di rendere ancora più difficile la ripresa come dimostrano molti esempi passati. L'economia americana ha bisogno di una ripresa di investimenti privati.

Le imprese sono ricche di profitti, come si è visto nell'ultimo round di rapporti trimestrali, che infatti hanno fatto salire il mercato azionario.
Ma l'incertezza sul futuro delle imposte, sull'enorme deficit pubblico, sulla finanza locale in dissesto, la paura di misure un po' populiste le trattiene dall'investire.

Incentivi a investire e più cautela fiscale dal lato della spesa è ciò che ci vuole, non altre centinaia di miliardi di spese pubbliche a pioggia.
Inoltre la promessa di Obama di non aumentare le imposte a nessuno al di sotto dei 250mila dollari di reddito non è credibile.
Senza un controllo rigoroso della spesa non basterà tassare di più quell'uno per cento degli americani al di sopra di quel limite.
Si dovrebbero tassare a dei livelli astronomici.

Insomma più spese e nessuna maggiore tassa al di sotto dei 250mila dollari di reddito è una politica che si scontra con l'aritmetica.
Obama ha creato un comitato che dovrebbe consigliarlo su come ridurre il debito pubblico nei prossimi anni e ha fatto promesse un po' vaghe sul rientro dal deficit, ma tutto ciò sembra poco credibile e poco concreto.

Per esempio il piano di riduzione del deficit si basa su ipotesi di crescita dell'economia del 3,6% nel 2010 e del 4% nel 2011.
Quando fa comodo la ripresa è robusta allora!
Se l'amministrazione vuole tassare di più i molto ricchi per motivi redistributivi, lo si dica chiaramente.
Il sistema fiscale americano già è progressivo e molti contribuenti non pagano alcuna imposta sul reddito.
Renderlo ancora piu progressivo è un obiettivo politico perfettamente legittimo.
Ma non si dica che aumenti d'imposte servono in qualche modo a favorire la ripresa o per lo meno non la ostacolano.
Questa è pura ipocrisia.

Gli Usa bruciano a luglio 131mila posti di lavoro.
Tasso disoccupazione fermo al 9,5%, giù il dollaro
Negli StatiUniti l'occupazione è calata a luglio per il secondo mese consecutivo.
L'economia americana, agricoltura esclusa, ha perso infatti 131mila posti
Le elezioni di novembre per il Congresso si avvicinano.
I senatori e deputati democratici che sono in corsa per la rielezione hanno paura di questa politica fiscale e l'hanno apertamente criticata, dissociandosene.
Le recenti dimissioni di due economisti al top del team di Obama, Peter Orsag e Christina Romer, indicano dissapori interni che non fanno ben sperare.

Insomma una politica di aumenti d'imposte mal venduta politicamente, una scarsa credibilità nel controllo del deficit e un parziale fallimento dello stimolo fiscale dal lato della spesa, come evidenziato anche dai dati di luglio del mercato del lavoro, peseranno gravemente in novembre.

Gli americani sono più preoccupati del deficit che della lentezza della ripresa, secondo i più recenti sondaggi d'opinione.
Nelle elezioni di mezzo il partito del presidente perde sempre, perché agli americani piace bilanciare il potere fra Casa Bianca e Congresso.
Questa volta la perdita dei democratici potrebbe essere veramente una disfatta.
 

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